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E-R: in carcere un detenuto su 4 è imputato, il 46% straniero

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I dati diffusi all'apertura dell'anno giudiziario registrano anche 181 ergastolani ed il 42,46% di detenuti tossicodipendenti. Uffici di sorveglianza in affanno


E-R: in carcere un detenuto su 4 è imputato, il 46% straniero
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Nelle carceri dell'Emilia-Romagna un detenuto su quattro è imputato, gli altri tre invece stanno scontando una condanna definitiva. E' la fotografia che emerge dalla relazione stilata dal presidente della Corte d'appello di Bologna, Oliverio Drigani, per l'apertura dell'anno giudiziario. Al 30 giugno 2021 erano presenti 764 imputati e 2.428 condannati.

Gli stranieri presenti erano 1.520 (il 46,77% del totale della popolazione detenuta), con il picco nella Casa circondariale di Piacenza: 62,47%. La percentuale regionale dei detenuti tossicodipendenti si è al 42,46%, in leggero aumento rispetto al 2020 (36,83%), mentre la media nazionale è del 27,47%. Sempre al 30 giugno, nei penitenziari della regione erano presenti 181 ergastolani, 26 detenuti con pena superiore a 20 anni, 446 con pena fino a un anno, 413 con pena da uno a due anni e dieci donne con figli (nell'arco di un anno).

Dai dati acquisiti dall'Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna di Bologna le misure alternative in corso nel distretto sono 4.027 a cui occorre aggiungere 440 libertà vigilate; si registra una decisa prevalenza dell'affidamento in prova al servizio sociale, che riguarda 2.186 soggetti.

La relazione di Drigani dà poi conto del fatto che 'la pianta organica dei magistrati degli Uffici di sorveglianza del distretto non è interamente coperta, stante la vacanza di quattro posti presso l'Ufficio di Bologna e di un posto presso l'ufficio di Reggio Emilia. Tale situazione pone il Tribunale e l'Ufficio di sorveglianza di Bologna in condizioni di oggettiva grave difficoltà operativa, che si cerca di contenere attraverso l'applicazione dei colleghi dell'Ufficio di sorveglianza di Modena'.

Nelle conclusioni, il presidente della Corte d'appello segnala un 'moderato decremento dei detenuti, contestuale al permanere dell'emergenza sanitaria da Covid-19. Il numero delle misure alternative è, comunque, ulteriormente aumentato'.

Le condizioni di vita all'interno degli istituti sono da ritenersi 'stabilmente difficili e ciò rende, anche per la carenza del numero degli operatori del trattamento, la supplenza delle figure dirigenziali in vari istituti, la scarsità degli organici della Polizia penitenziaria (che incide fortemente anche sul servizio traduzioni in un territorio vasto ed articolato geograficamente come quello emiliano-romagnolo)- rileva Drigani- sempre più problematico l'efficace svolgimento delle attività trattamentali, determinando, in sostanza, un'oggettiva accentuazione del carattere afflittivo della pena e della sofferenza ad essa connessa'. Questo incide anche 'sulla sicurezza interna degli istituti, ove le condizioni di disagio tendono a moltiplicare le situazioni di conflittualità quotidiana rendendo non sempre agevole il mantenimento dell'ordine interno'. Per Drigani, dunque, 'occorre l'investimento mirato e coerente di risorse' che da un lato 'aumentino i progetti riabilitativi e li rendano efficaci' e, dall'altro, 'conducano al riammodernamento o sostituzione delle strutture esistenti'. Drigani invoca poi la realizzazione delle Case per la semilibertà che, 'pur previste dalla normativa vigente, non sono mai state realizzate'. Infine, in una 'situazione oggettivamente critica e soggettivamente spesso drammatica' per i detenuti, per il magistrato va evidenziata 'la valenza e l'efficacia della presenza e della partecipazione del volontariato penitenziario, organizzato in varie forme e comunque nel complesso ben funzionante'.

Redazione Pressa
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