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Un business, quello della ecomafie, da 14 miliardi di euro l’anno in cui è crescente quella parte legata allo smaltimento dei rifiuti, urbani indifferenziati ma soprattutto speciali. In processi di smaltimento che la cronaca e le indagini dell’antimafia degli ultimi anni hanno dimostrato essere terreno fertile della criminalità organizzata. Che spesso, attraverso i roghi, manda segnali, o fa sparire tracce. Come è emerso dalle recenti indagini dell'antimafia di Milano sui roghi ad impianti di trattamento rifiuti che hanno interessato sempre più spesso anche il nord - Italia. Trecento quelli registrati negli ultimi 3 anni in Italia, tra quelli a danno di discariche ed impianti, e che hanno portato il fenomeno ad una diffusione nazionale che non ha precedenti.
E’ in questo contesto tracciato davanti ad un platea di studenti nell'appuntamento promosso dal comune nella sala civica del Windsor Park da Antonio Pergolizzi, giornalista curatore del rapporto Legambiente sulle Ecomafie, che si inserisce, anche se sul fronte delle indagini nessuna matrice è stata ancora accertata, il rogo doloso all’impianto di trattamento di rifiuti di via Caruso di domenica 3 marzo.
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'Dietro questa lunga scia di roghi - afferma Pergolizzi - c'è puzza di criminalità. Sempre più spesso gli impianti di trattamento sono bersaglio dei roghi. C'è qualcosa che non va nel ciclo dei rifiuti, ci sono troppi intoppi e spesso le fiamme rappresentano la soluzione più sbrigativa'
Un quadro, quello delle ecomafie nel settore dello smaltimento dei rifiuti sul quale è necessario tenere alta la guardia, e diffondere informazione. Molti dei reati ambientali avvengono grazie alle segnalazioni di cittadini. L’appello alle associazioni e alla società civile è quello di denunciare e fare comunità, perché il dati mostrano che è nei territori dove c'è coesione e controllo sociale, la criminalità organizzata ha più difficoltà ad inserirsi'
Redazione Pressa
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