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Aemilia, difesa: 'Salsi schiacciato in ingranaggi più grandi di lui'

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'Gli sms minacciosi? Mossi solo da sentimenti di rancore e vendicativi e collegati a fatti comprensibili seppure censurabili'


Aemilia, difesa: 'Salsi schiacciato in ingranaggi più grandi di lui'
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Dipinto come l'autore di una tentata estorsione è stato in realtà lui stesso una vittima di raggiri e truffe. E' quanto sostenuto giovedì - nella sessione pomeridiana del processo Aemilia- dagli avvocati difensori dell'imprenditore Mirco Salsi, presidente fino al 2013 della Reggiana Gourmet ed ex vicepresidente della Cna di Reggio Emilia. La sua storia è stata indicata come emblematica della prassi di alcuni imprenditori emiliani di affidarsi agli esponenti della cosca di 'ndrangheta sotto processo a Reggio Emilia, piuttosto che alle carte bollate, per riscuotere crediti insoluti. Salsi è in particolare accusato di essersi rivolto - su consiglio del giornalista reggiano Marco Gibertini condannato in rito abbreviato - all'imputato Antonio Silipo, per intimare alla faccendiera bresciana Maria Rosa Gelmi di restituire la somma di 1,3 milioni, che Salsi le avrebbe dato per la definizione di un affare poi non andato in porto.

L'imprenditore, secondo l'accusa, è responsabile di aver minacciato la donna (che si era resa irreperibile) e il suo convivente con una serie di sms, in cui prospettava loro l'invio a casa dei 'calabresi' ingenerando nei due 'un evidente timore'. Al punto che Gelmi aveva poi cambiato casa insieme ai genitori.
A raccontare la genesi del rapporto tra Salsi e Silipo è la giornalista Sabrina Pignedoli nel suo libro 'Operazione Aemilia'. 'Tutto inizia con una donna incontrata sul treno. Si chiama Maria Rosa Gelmi, bresciana. Nel viaggio di ritorno da Roma incontra l'allora presidente della Cna di Reggio Emilia Enrico Bini, poi presidente della Camera di Commercio. I due cominciano a chiacchierare e lei chiede a lui se sia disponibile a organizzarle un incontro per presentare un progetto per la fornitura di prodotti alimentari alle guardie carcerarie. Avviene l'incontro a cui partecipa anche Salsi'.


Ricordiamo che i Pm per l'ex vicepresidente Cna hanno chiesto 12 anni di carcere.

I difensori di Salsi obiettano però che gli sms, mai rinvenuti nel telefono della presunta vittima della tentata estorsione, 'sono mossi solo da sentimenti di rancore e vendicativi' e collegati a fatti 'comprensibili seppure censurabili' perchè 'Gelmi è un'abile truffatrice che dopo aver incasato il denaro ha fatto perdere le sue tracce'. Tuttavia 'si parla solo di calabresi, non si parla di prestazioni economiche, quindi non c'è un fine estorsivo'. Inoltre, Gelmi 'cambiò casa solo dopo 7 mesi', fatto che stride con il senso di paura ingenerato dalle minacce'. Infine, quando Salsi si rivolse a Silipo su consiglio di Gibertini, non poteva avere contezza- al contrario di quanto sostenuto dall'accusa secondo cui agì con piena consapevolezza- dell'appartenenza del calabrese alla 'ndrangheta perchè 'nel 2012 Antonio Silipo non aveva alcun profilo criminale ed era completamente sconosciuto alla giustizia se non per reati molto datati'. Che Salsi sia rimasto schiacciato in ingranaggi più grandi di lui, lo dimostra infine un'intercettazione in cui Silipo e Gibertini dicono di 'volerlo fare secco', manifestado cioè l'intenzione di truffarlo. Salsi infatti versò a Silipo, come compenso per la 'riscossione del credito' verso Gelmi mai effettuata la somma di 303.000 euro, giustificati formalmente con fatture false emesse dalla Silipo srl nei confronti della Reggiana Gourmet, per lavori inesistenti.

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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