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Aemilia, ecco come Michele Bolognino lavorava nei cantieri delle scuole della bassa

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I 'suoi' operai erano assunti dalla Bianchini, ma il titolare Augusto, in 5 ore di interrogatorio nell'aula bunker del tribunale di Reggio Emilia, si difende: 'Mai avuto sentore fosse un mafioso'


Aemilia, ecco come Michele Bolognino lavorava nei cantieri delle scuole della bassa
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Se dopo le dichiarazioni di Michele Bolognino, identificato come uomo chiave delle cosche nella ricostruzione post terremoto, l'interrogatorio ad Augusto Bianchini, titolare dell'omonima società edile di San Felice sul Panaro implicato nel processo Aemilia, doveva chiarire il livello di presenza dell'organizzazione di Bolognino nei cantieri della bassa modenese, l'obiettivo è stato raggiunto.

Lo scenario emerso al termine di oltre cinque ore di interrogatorio ad Augusto Bianchini, nell'aula bunker del tribunale di Reggio Emilia, vede una presenza costante del boss Bolognino (che ha seguito l'udienza in collegamento video dal carcere de L'Aquila dove è rinchiuso in regime di 41 bis), nei cantieri gestiti in subappalto dalla ditta Bianchini (per conto della CMC di Ravella e della Coop Sette di Reggio Emilia), per la ricostruzione delle scuole di Finale Emilia, Mirandola e Concordia. Una presenza ancora maggiore di quella prospettata dalle indagini preliminari.

Una presenza che già era stata ritenuta sufficiente a motivare il provvedimento di esclusione della Bianchini dalla White List.

Dalle dichiarazioni di Augusto Bianchini emerge come Michele Bolognino controllasse e dirigesse direttamente un gruppo di circa dodici operai addetti ai lavori di finitura e di complemento (marciapiedi, cordoli), nei cantieri delle scuole. Lavori di complemento che non erano la specialità della società ma che la Bianchini era obbligata a gestire direttamente, in quanto la legge non consentiva di affidare in subappalto. Da qui l'accettazione di ricorrere a personale in più, gestito direttamente. Personale fornito, su indicazione di Giglio, da Michele Bolognino e assunto dalla Bianchini. Perché solo il personale della Bianchini poteva essere presente in cantiere. 

'Ho conosciuto Michele Bolognino attraverso Giulio Giglio - ha detto Bianchini -. Mi fidavo di Giulio Giglio.

Lo conobbi nel 2006-2007 e scelsi la sua ditta tra le 3 o 4 che avevano presentato offerte per la fornitura dei materiali utili ai miei cantieri. I prezzi non erano molto concorrenziali, ma aveva la forza di avere molti mezzi a disposizione. Anche 10 bilici'.

'Il mio rapporto fu sempre con Giuglio Giglio e non con Giuseppe, il fratello. Sapevo fosse suo fratello ma con lui non avevo rapporti. Dopo un anno e mezzo che lavoravamo venne in ufficio prospettandomi la sua necessità di aumentare il fatturato, al fine di avere più credito dalle banche' - ha aggiunto Augusto Bianchini -.
Ciò poteva essere fatto attraverso anticipi di fattura con importo maggiorato del 20%. Per esempio da 50 a 70. I 20 tornavano alla Bianchini in contanti. 'Non a me, ma alla società'- sottolinea Bianchini. Soldi (alla fine per un ammontare da 100 mila euro), utili - conferma l'imprenditore - per pagare di più il mio personale (circa 50 unità), al quale riconoscevo l'impegno ed i lavoro festivo e notturno nelle operazioni di spargimento sale ed attività dei mezzi durante l'inverno. Un servizio svolto per i comuni della bassa. Un meccanismo, quello relativo alle fatture, che funzionava nel rapporto con tutte le ditte facenti riferimento a Giulio Giglio'. 

'I rapporti ed i lavori con Michele Bolognino iniziano invece nell'autunno del 2011, ha spiegato poi lo stesso Bianchini.
Bolognino viene presentato a Bianchini da e nell'ufficio di Giglio, dove Bianchini si era recato per avere informazioni sull'avvio dei lavori (poi interrotti a seguito del terremoto), dati in subappalto dalla Bianchini alla ditta di Giglio per i la ristrutturazione del cimitero di Finale Emilia.

I rapporti con Michele Bolognino e la presenza del boss nei cantieri per la ricostruzione delle scuole della bassa terremotata

Il rapporto di Augusto Bianchini con Michele Bolognino continua per due volte nel capannone dello stesso Bolognino, a Reggio Emilia, alla presenza del rappresentante di una di una ditta di Mantova alla quale Bianchini aveva affidato in subappalto i lavori per la realizzazione di due ponti in cemento armato che si erano conclusi, ma che al termine dei lavori esigeva insistentemente più soldi rispetto a quelli pattuiti dal contratto di subappalto.

In quel caso Bolognino, la cui figura per Bianchini fu quella di semplice spettatore', si era offerto per ospitare nel suo capannone la trattativa, al fine di dare una mano ad Augusto Bianchini per giungere alla chiusura della trattativa. Che in effetti si chiuse con il pagamento, da parte di Bianchini, all'imprenditore mantovano, di 5000 euro pattuiti e di ulteriori 5000 euro a pagamento di un muletto che l'imprenditore stesso aveva utilizzato in cantiere. 

Ma il ruolo ed il rapporto tra Bianchini e Bolognino entra nel vivo in occasione dei lavori affidati in subappalto dalle cooperative CMC di Ravenna e dalla Coop 7 di Reggio Emilia per la realizzazione, post terremoto, delle scuole di Finale Emilia, Mirandola e Concordia. La ditta Bianchini, occupandosi prevalentemente di movimento terra e grandi strutture, e non potendo (perché la normativa lo impedisce), di realizzare in subappalto le opere cosiddette di finitura (cordoli, marciapiedi), pur comprese nel contratto di subappalto, affida, su indicazioni di Giglio, i lavori ad un gruppo di 12 operai controllati da Michele Bolognino. Operai che rispondono a tutti gli effetti Bolognino ma assunti formalmente dalla Bianchini. Tra questi c'è anche Alleluia Lauro che, conferma Bianchini, era un grande lavoratore ed in cantiere svolgeva di fatto il ruolo di caporale. Un rapporto, quello del gruppo di operai di Bolognino, che era solito essere presente fisicamente in cantiere, durato 3 mesi durante i quali Bianchini pagava i lavoratori direttamente in busta paga, alla quale andava aggiunta una somma aggiuntiva di 40.000 euro fatturata direttamente a Bolognino per il lavoro svolto. Soldi che, per Bianchini, servivano a Bolognino per pagare il plus agli operai.  

Augusto Bianchini ha poi dichiarato che vista la particolare capacità, gli 'operai di Bolognino' hanno continuato a lavorare, per la Bianchini. 'Con un netto in busta maggiore rispetto a quello degli altri operai' - specifica, proprio in funzione del fatto che la parte aggiuntiva rispetto alla busta paga, parte che prima sarebbe stata garantita da Bolognino,  dopo era direttamente Bianchini ad assicurarla. 'Le cifre, rispetto alla paga base, potevano aggirarsi sui 500 o 600 euro al mese. Si tratta di persone capaci di lavorare sodo e di precisione'

Bianchini poteva non sapere con chi aveva a che fare?

'Non ho mai avuto sentore che Michele Bolognino potesse essere un mafioso. Pensi (si rivolge al PM), che una domenica, in un periodo in cui si approssimava l'inizio dell'anno scolastico ed eravamo in ritardo con l'esecuzione dei lavori, lo incontrai in cantiere a lavorare insieme ad altri operai alla posa di autobloccanti. Sono scene che non ti fanno certo pensare di essere di fronte ad un mafioso'



Gianni Galeotti


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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