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La resa di Francesco Amato: la leva religiosa e le grida dei parenti

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Una trentina di calabresi ha gridato inquietanti frasi di incoraggiamento e altre contro i militari, come 'Cosìpensate di aver sconfitto la Ndrangheta'


La resa di Francesco Amato: la leva religiosa e le grida dei parenti
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Il giorno di 'ordinaria follia' di Francesco Amato si è concluso. Poco prima delle 17 l'imputato del processo Aemilia contro la 'ndrangheta, condannato il 31 ottobre a 19 anni ed un mese di carcere per associazione mafiosa, si è arreso ai Carabinieri dopo aver tenuto in ostaggio per otto ore con un coltello da cucina prima cinque e poi quattro dipendenti dell'ufficio postale di Pieve Modolena, frazione della citta' in direzione Parma. Tutte donne, compreso la direttrice.

Tutto inizia poco prima delle 9 quando Francesco Amato, 55 anni, latitante dal 31 ottobre scorso, dal giorno della lettura della sentenza di primo grado nell'ambito del processo Aemilia, entra nell'ufficio postale armato un coltello da cucina, minaccia di ammazzare i presenti, urla la sua disperazione per essere stato condannato a 19 anni di carcere.

Lascia uscire una decina di clienti presenti, tra cui la figlia della direttrice che si era appena recata in posta per consegnareun pacco e che darà l'allarme ai Carabinieri, ma non il personale composto in quel momento da 5 dipendenti, ovvero la direttrice e 4 addette. Tutte donne. 

Una di queste, intorno alle 11, accusa un malore e viene rilasciata dall'uomo. Rimangono la direttrice e tre addette.  L'uomo chiede di parlare al telefono con il ministro dell'Interno Matteo Salvini. I militari del Gis, il gruppo di intervento speciale dei Carabinieri arrivati in Emilia da Livorno nel frattempo si sono posizionati e circondano l'edificio. La trattativa condotta dal personale dei Carabinieri per fare ritornare l'uomo suoi suoi passi prosegue. Si prova a farlo riflettere sulla inutilità di un gesto del genere e di fargli prendere atto di quello che e' stata una sentenza di primo grado da cui difendersi nelle sedi processuali', commenta il comandante provinciale dell'Arma reggiana Cristiano Desideri.



Alle 13,30 gli uomini del nucleo speciale di intervento entrano nella palazzina, dove ha sede sia l'ufficio postale sia altri locali come rimesse e magazzini al servizio degli appartamenti presenti. Si posizionano nei locali adiacenti a quello dell'ufficio postale, senza entrare in attesa di ricevere l'eventuale via libera all'irruzione. Ma si continua con la trattativa.

Nel frattempo, all'esterno, arrivano anche i parenti e amici, di Amato. Una trentina di calabresi tra cui la nipote ed il cognato che condannano il gesto dell'uomo ma anche una sentenza che ha inflitto a loro dire 'troppi anni' rispetto a quanto realmente fatto. 



Alle 15,30 un gruppo di parenti viene accompagnato dal gruppo speciale dei Carabinieri viene fatto entrare nell'area del'ufficio attraverso una porta sul retro. 

Le trattative con Amato si sono svolgono via telefono, condotte in un primo momento da due mediatori del comando di corso Cairoli, poi da personale specializzato del Gis. Alle 16,30 l'epilogo, senza spargimenti di sangue. L'uomo si arrende e si consegna ai militari dopo 8 ore.

Gli ostaggi, provati, scossi e a cui sono state prestate le prime cure mediche del caso, avevano però una certa libertà di movimento all'interno dell'ufficio postale e 'non c'e' stata alcuna privazione della libertà personale', dice ancora Desideri, aggiungendo che il gesto di Amato 'ha avuto più che altro un carattere dimostrativo'.

Sull'epilogo dell'operazione che non ha richiesto azioni di forza, torna anche il comandante della legione dei Carabinieri dell'Emilia-Romagna, il generale Claudio Domizi.

'Abbiamo agito con tutta la calma, la serenità, l'attenzione e la concentrazione professionale possibile. Abbiamo pensato a tutte le alternative possibili cercando di rinviare ad ogni momento un intervento che puo' presentare dei momenti di criticità e diventare rischioso soprattutto per gli ostaggi'. La 'pazienza- aggiunge il generale- ci ha premiato: abbiamo intavolato questa conversazione attraverso i negoziatori e la pazienza ha fatto cedere Amato. Abbiamo agito anche sui suoi asseriti sentimenti religiosi e su questo abbiamo fatto leva per convincerlo'.

Tra l'altro, osserva Domizi, 'non potevmo escludere che oltre al coltello ci fossero altre armi nell'ufficio postale, con conseguente rischio maggiore per gli ostaggi'. Amato è stato portato nel comando provinciale dei Carabinieri di Reggio dove gli è stato notificato l'ordine di carcerazione per cui era ricercato, spiccato dalla direzione antimafia di Bologna. A questo 'seguiranno altri atti per i gesti odierni'.

Attori non protagonisti della vicenda, ma presenti ben oltre il dovuto, sono stati poi i parenti di Amato (che ne hanno difeso l'iniziativa di protesta contro una sentenza ritenuta iniqua) e altre persone, sue amiche o conoscenti. Una trentina in tutto, con spiccato accento calabrese, alcune delle quali si sono offerte due volte con i Carabinieri (senza successo) di entrare nell'ufficio postale per fare da mediatori diretti. Una piccola folla di curiosi -che si ha l'impressione non fosse del tutto casuale- che nel momento in cui Amato è salito sull'auto ha gridato per lui frasi di incoraggiamento e altre contro i militari, come 'Così pensate di aver sconfitto la Ndrangheta'. Affermazioni su cui il colonnello Desideri al momento non si sbilancia. 'Sono abituali e legate alle operazioni in essere. In questo frangente non vedo nessun significato particolare', afferma.

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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