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Chiamata alle urne probabile per i 3600 abitanti dei comuni di Montecreto e Lama Mocogno, i quali dovranno esprimere il loro parere in merito alla proposta di fusione tra i due comuni. Leandro Bonucchi e Fabio Canovi, a mo’ di Garibaldi con Vittorio Emanuele si sono incontrati a Pian Della Valle, località sullo Scoltenna, il torrente che divide i due comuni. I due però, anziché lanciare le rispettive armate alla conquista dei territori, preferiscono sondare il terreno e presentare gli eventuali vantaggi.

Nessuna secessione dall’Unione del Frignano per ora, anche perché sarebbe assurdo che lo stesso presidente dell’ente si inventasse dal giorno alla notte come un Puidgemont in salsa frignanese.

Tuttavia la notizia della fusione, dettata più da necessità di cassa e di personale che non per la volontà di superare il campanile, sta destando diverse perplessità nell’area appenninica.

Non tanto per la questione della cessione di sovranità, quanto nel metodo e anche un po’ nel merito.

Chi scrive ricorda bene che a fine 2013, il comune di Montecreto, pur sotto un altro colore, era uno dei comuni “ribelli” all’imposizione da parte della Regione Emilia Romagna (allora governata dal plenipotenziario luogotenente Errani), dello scioglimento dell’allora Comunità Montana del Frignano in virtù di una Unione di Comuni con tanto di gestione associata. La perplessità di allora, era quella che l’area dell’alto Frignano, avrebbe dovuto avere un’unione a se stante, coi servizi associati in base all’omogeneità del territorio e senza soluzione di continuità con la defunta comunità montana sotto il profilo territoriale. Non più dieci comuni ma sei (quelli del Cimone) e gli altri quattro in un’altra unione con servizi associati.

Proposta bocciata anche se, nella campagna elettorale amministrativa del 2014, i candidati di Fanano, Montecreto e Fiumalbo oggi riconducibili alla lista provinciale Uniamoci-Unione Modena Civica, avevano rilanciato l’idea.

Va detto che, all’imposizione della gestione associata fece seguito la costituzione dei sub-ambiti, un modo per dare ragione a chi era perplesso alla gestione associata, dandogli il contentino di una unione nell’unione. Però al momento non abbiamo notizie di come questi sotto ambiti si siano sviluppati.

Sta di fatto che però che allora come oggi si sottolineava la difficoltà dei piccoli comuni, fatte di bilanci sempre più esigui, personale sempre più limitato in qualifiche, scarse possibilità di assunzione e patti di stabilità che vincolano. Oltre al fatto che la stessa qualifica di amministratore pubblico, a livello di indennità, paga sempre meno in proporzione alle responsabilità che il capo dell’amministrazione comunale deve assumersi.

A questo punto viene da chiedersi: ha avuto senso spingere per l’unione a dieci nel 2013, se si doveva comunque arrivare a valutare la possibilità di fusione tra comuni all’interno della unione stessa? E’ valsa la pena centralizzare i servizi, snaturando gli enti e indirizzandoli comunque a una soluzione come quella dell’accorpamento? In ultimo, ha senso fondere i comuni quando qualcuno sottolinea che con un ente piccolo, è più facile controllare la spesa? A tutte queste domande cercheremo di dare una risposta.

Stefano Bonacorsi


Stefano Bonacorsi
Stefano Bonacorsi

Modenese nel senso di montanaro, laureato in giurisprudenza, imprenditore artigiano, corrispondente, blogger e, più raramente, performer. Di fede cristiana, mi piace dire che sono ..   Continua >>


 

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