E Letta ha una sua strategia ben precisa, molto gattopardiana: esattamente la stessa delle politiche del 2013. “A chi fa i distinguo faccio presente che siamo vicini alla fine del mondo”, diceva infatti l’Enrico nazionale nel 2012, in un’intervista agostana al Corriere. “Dopo Monti – al quale mandava i pizzini amorevoli - nulla sarà più come prima”. L’unica soluzione? “Un'alleanza di governo larga, da Vendola a Casini, di quelle forze politiche che accettino l'agenda Monti”. Agenda Monti! E in quel periodo Vendola voleva ripescare l'Idv, Bersani bocciava la lista dei sindaci di Pisapia e Alfano rilanciava il PDL. Insomma, cose così: trovate le differenze.
Tanto chi conta sa già chi vince, chi vincerà la prossima, chi vincerà nel 2042 e nel 2062: dal 1994 in poi, come in un eterno gioco dell’oca, a ogni elezione vince chi aveva perso il giro prima: perché il corpo elettorale è talmente schifato dai governi uscenti (male) che voterebbe la qualunque, pur di cambiare. E venne Prodi nel 1996 e nel 2006, con coalizioni identicamente raffazzonate, durate puntualmente meno di due anni dopo vittorie di estrema misura; e tornò Berlusconi nel 2001 e nel 2008, facendo facili cappotti contro i gemelli separati alla nascita Rutelli e Veltroni - ugualmente sbruffoni e ugualmente inutili nel loro scimmiottare pateticamente gli americani, come in un film di Alberto Sordi; e come nel 2013, dove operò per interposto Bersani per poi farsi indicare premier dai poteri forti e dal saggio zio, oggi tocca a Letta - frontman dagli occhi di tigre - cercare di salvare il salvabile per poi rimestare qualcosa nel torbido. Perché vuoi che dopo il voto i giornali amici non trovino qualche scaldaletto? Che le procure amiche non mandino qualche avvisetto? O che nel Mohito del Papeete non ci mettano qualche goccetto in più?
Magath
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