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Questa sera, per l’apertura della Stagione Concertistica, il “Comunale” ha offerto un concerto con due capolavori: le “Danze Slave op. 72” di Dvorak e la Sinfonia n°2 in Re M di Brahms. Voglio parlarvi del primo Autore che, giustamente, è considerato il più autentico rappresentante della musica nazionalistica ceca della seconda metà dell'Ottocento. Antonin Dvorak non è solo la IX Sinfonia “Dal Nuovo Mondo”, ma anche il compositore di tanta altra musica splendida come le “Danze Slave op. 72”. Dvorak era affascinato dalla musica tradizionale, che esprimeva ed esaltava l’anima sincera e contadina del suo popolo. È questo un fenomeno che ha ispirato poco i nostri compositori ottocenteschi o dei primi del Novecento, nella stragrande maggioranza impegnati nell’opera lirica e, difatti, il nostro canto folklorico è rimasto un repertorio poco approfondito, valutato.
Noi non abbiamo avuto un Ralph Vaughan Williams a trarre ispirazione dalla musica celtica o un Béla Bartók a vagare per le terre magiare con un magnetofono a registrare i canti dei contadini. Il repertorio tradizionale italiano è ancora tutto da scoprire, apprezzare e studiare nei Conservatori per la semplice ragione che, al di là degli aspetti musicali, rappresenta la nostra storia raccontata nel modo più sincero e spontaneo.
L’opera 72, scritta inizialmente per pianoforte a quattro mani, è una carrellata di danze di carattere boemo, polacco, slovacco, ucraino e serbo e su tutte aleggia un’anima zingaresca con i suoi ritmi. È musica che coinvolge lo spettatore, lo affascina, lo immerge in realtà ormai svanite ma sempre presenti nell’immaginario.
La prima danza in Si maggiore (Odzemek), richiama la musica popolare slovacca e alterna un andamento vigoroso a quello più dolce e cantabile.
La seconda (Dumka) è la più conosciuta, grazie al fatto che apparteneva al repertorio dei café-concert dell’Europa austroungarica. Offre una melodia riconducibile ad un canto popolare ucraino, malinconico e struggente. La terza danza (Skocnà), di origine boema, è invece un’esplosione di vivacità e fu utilizzata anche da Smetana per l’opera “La sposa venduta”. Dopo un’altra Dumka, segue Spacirka, danza boema che presenta due temi: uno solenne e l’altro trascinante in 4/8. La Polacca, invece, è quasi una Lullaby, una ninna nanna e, in contrapposizione, Dvorak fa seguire Kolo, di origine serba, dal carattere brillante. Il finale è affidato a Sousedskà: un valzer austriaco che conclude con un momento più disteso e riflessivo, un brano denso di spunti tematici e ritmi.
Daniel Harding, alla guida della Chamber Orchestra of Europe, ha dato una lettura delle “Danze Slave op. 72” assolutamente cesellata, attenta a mettere in evidenza ogni dettaglio della partitura, sinceramente emotiva, ma senza mai abbandonarsi ad enfatizzare troppo certe suggestioni melodiche e ritmiche. Perfetta indipendenza delle mani, gesto preciso, nel quale a volte si coglie qualcosa di Claudio Abbado, che sovente s’abbandona alla sola espressività. Un vero piacere e onore poterne ascoltare l’interpretazione. Ma l’apoteosi è avvenuta con la Seconda Sinfonia di Brahms, diretta a memoria.
La composizione, eseguita per la prima volta a Vienna il 30 dicembre del 1877, sotto la bacchetta di Hans Richter, ebbe un immediato successo. Per il suo spirito melodico, alcuni la definirono “l'ultima sinfonia di Schubert”; altri la misero in correlazione con Mozart per la sua trasparenza orchestrale e i viennesi, naturalmente, la collegarono alla bellezza della loro Città. Ma il vero spirito della sinfonia è lo stesso Brahms a rivelarcelo con il consiglio dato agli orchestrali: «Per un mese prima non suonate altro che Berlioz, Liszt e Wagner: soltanto così capirete la sua tenera gaiezza».
Il primo movimento inizia con un tema semplice all’apparenza, un “motto” che troverà ampio sviluppo nell’intera composizione e ripresa nell’ultimo movimento.. Il vero e proprio secondo tema si ascolterà successivamente e si presenterà con una melodia simile ad un valzer, di grande suggestione.
Il secondo movimento è indicato con la dicitura “Adagio non troppo” e il suo esordio rivela uno dei temi più affascinanti composti da Brahms: un canto malinconico e “sottilmente doloroso”, come suggerisce il musicologo francese Claude Rostand.
Il successivo “Allegretto grazioso, quasi andantino” sviluppa un tema a carattere pastorale e si conclude con una cadenza che l’Autore indica come “molto dolce”.
L'Allegro con spirito riprende l’inizio della Sinfonia attraverso la riproposta del “motto” e poi si apre al secondo tema dall’andamento più pacato e austero. Al termine dell’esposizione, inizia uno sviluppo asciutto, ma complesso nel quale Brahms da sfoggio di tutta la sua maestria compositiva, prima di avviarsi alla coda che termina la Sinfonia in modo trionfale.
Applausi scroscianti per un concerto che sarà difficile da dimenticare, grazie al suo direttore Daniel Harding e alla Chamber Orchestra of Europe. Chi ben inizia è a metà dell’opera, e la Stagione Concertistica del “Comunale” non poteva iniziare meglio.
Massimo Carpegna