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Il nuovo corso delle Gallerie Estensi

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Memoria recente quella delle mostre ?preconfezionate', era il tipo di impresa in cui è inciampata la ex direttrice Baldon della Fondazione Mav


Il nuovo corso delle Gallerie Estensi
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Stupefacenti le dichiarazioni ultime sulla stampa cittadina della fresca rinnovata direttrice alla guida per i prossimi quattro anni della Pinacoteca Estense ed ex autonoma Soprintendenza.

Un cambio di passo, definito dalla Bagnoli “più pop e global“ per attrarre visitatori non abituali, con la prossima esposizione dal titolo Leggere del fotoreporter statunitense Steve McCurry, con una carrellata di immagini che cattura l’attimo fuggente ‘leggendo’ , che di fatto inaugura il suo secondo mandato e partecipa senza impegno alcuno anche al programma del Festival Filosofia 2019 “Persona”. 

Intanto la mostra annunciata non è una produzione autonoma delle Gallerie Estensi, ma è un bel pacchetto già pronto e confezionato dalla Associazione Civita Mostre e Musei , finora assente alle nostre latitudini …. vi fa capolino finalmente ….  specializzata in eventi e prodotti per l’impresa culturale  ( molto interessante la sua compagine direttiva e gli associati).

La mostra non inedita arriva fresca fresca dal Palazzo Madama di Torino, a cura di Biba Giacchetti , promotor in Italia di McCurry, che si destreggia con abilità tra consulenze per collezionisti e l’agenzia Sud Est 57 che offre progetti di comunicazione per le aziende. 

Nessuno sforzo e nessun apporto tecnico scientifico da parte della direzione delle Gallerie Estensi, quindi nessun ‘valore aggiunto’ che poteva fare la differenza, in pratica si fa ricorso a una casa (ditta) di produzione per mostre con nomi di chiara fama, quasi ridotti a prodotto commerciale. Il lavoro del fotoreportor è fin troppo presente e visibile e a rischio di inflazione , negli ultimi mesi è stato a Torino, Milano e Bologna, ritorna a Forlì ai Musei di San Domenico con la mostra “Cibo” il prossimo 21 settembre.

Memoria recente quella delle mostre ‘preconfezionate’ , era il tipo di impresa in cui è inciampata la ex direttrice Baldon della Fondazione Mav.

Vale la pena leggere l’interessante analisi che fa sul lavoro di McCurry in un lungo editoriale del 2016 sul New York Times Magazine - A Too-Perfect Picture March 30 / www.nytimes.com  , lo scrittore statunitense Tejo Cole di origine nigeriana , lo stronca definendolo “sorprendentemente noioso” e in una qualche misura artisticamente disonesto. Tejo Cole è considerato una delle voci più originali del panorama culturale contemporaneo, e influenzato dalla cultura italiana , così dichiara a margine di un’intervista : “ Gli scatti di Luigi Ghirri e Guido Guidi hanno avuto un grande ascendente sul mio modo di pensare e sul mio lavoro “…. “ Italo Calvino e Primo Levi sulla mia scrittura”.

Tra mission ed esplorazioni

Uno sconfinamento in ambiti non propri, particolari e caratteristici invece di enti culturali come la Fondazione MAV che annovera la Galleria Civica, con oltre cinquant’anni di storia da protoganista nell’arte contemporanea e la Biblioteca d’Arte Poletti, se la Galleria Estense sconfina in questo modo, giocando facile, una domanda sorge spontanea: cosa ne pensano gli altri due specifici istituti culturali e quale potrà essere la controproposta ?

Ancora, Vittorio Sgarbi ospite a Serramazzoni per presentare il suo ultimo libro, fa notare che sotto la Ghirlandina non c’è sul fronte espositivo un panorama fervido. E ha ragione. Si aspira a diventare internazionali? E si finisce sempre nei luoghi comuni.  Con tutto il rispetto per tutti, direttrice, autore e organizzatori, perché comprarla? Con il notevole capitale di risorse e competenze a portata di mano – in casa – iniziando dalle proprie, unite a quelle della Fmav e della Poletti, non è sbagliato pensare che tranquillamente si fosse capaci di realizzare una ‘signora mostra’ di quelle cui dare del Voi, di Steve McCurry o qualsiasi altro, da far girare letteralmente la testa. Da animare il tappeto blu delle Fabbriche culturali di ‘AGO’ .  

Le ricette facili possano dare risultati non duraturi, mentre una buona semina ...

La Galleria Estense, e nel complesso nelle loro varie specificità ,tutti gli istituti culturali cittadini hanno molte frecce nel proprio arco, come tante ‘perle’ sparse di una collana.

Saranno giusto trentanni questo settembre del ritorno a Modena dei 100 capolavori della “Vendita di Dresda“  sotto forma di libro, merito di Franco Cosimo Panini , fu un omaggio alla sua città. Nel 1989 la famosa casa editrice stampa il superbo catalogo, frutto di un’avventura e di un sogno che con tenacia e non poche difficoltà si potè realizzare. I dipinti partirono da Modena nel 1746 e mai si mossero da Dresda. Soltanto nel 1986 alcuni vi fecero ritorno per la mostra “ Il Settecento Estense”.

Tra ricordi e consigli a parte, la scelta di esporre il fotografo è anche un inequivocabile spostamento dal proprio mandato, che è quello della tutela, della ricerca, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio custodito ( bruttissimo termine ) che dovrebbe avvenire con una serie di azioni atte e volte a una ricaduta educativa e cognitiva sul territorio , a far sentire, far conoscere e fare amare quel patrimonio proprio  al prossimo suo –  che la direttrice dice di aver cercato di far “cantare” attraverso una serie di iniziative espositive basate sulle collezioni degli Este nel primo mandato e che non sono solo  –  tre sculture  e due busti –  .

C’è molto di più che solo due busti e tre sculture, come una serie di capolavori ,dal Tintoretto ,Dosso Dossi, Guercino , Guido Reni, Carracci, lo Scarsellino,Cosmé Tura ,El Greco, il Bernini e il Velázquez e tanti ancora, alcuni di essi invece di ‘ridiventare protagonisti’ a casa propria, si pensa soltanto a inviarli in giro per il mondo, per rientrare con una nuova rilettura, così motiva i frequenti prestiti, la direttrice.  Una rilettura impalpabile o ricaduta tangibile che si fatica ad avvertire, o forse siamo soltanto non capaci di coglierla. Un ritorno incontroverbile c’è ovviamente. E importantissimo per il futuro prossimo venturo, è la famosa pubblicità progresso, attraverso il prestare opere a prestigiosi istituti internazionali, (e la platea extra moenia già esiste) come abbondantemente si attua tra Modena e Ferrara, e le mostre sono accompagnate sempre da relativi catologhi d’arte ….. .

La direttrice afferma anche che lo spostare le opere tra i siti genera afflato fra le comunità, in attesa di riscontrarlo… riferendosi alla Bibbia di Borso, portato a Ferrara pretestuosamente,  (fatto per un ritorno di immagine) l’anno scorso in occasione della riapertura della Sala Rinascimentale della Pinacoteca. L’iniziativa non valeva certamente la presenza del “ piu bel libro “ del mondo, fragilissimo e dal valore inestimabile come bene culturale, e inamovibile. Per questi scopi specifici c’è la splendida copia, e l’operazione per realizzarla non fu cosa né semplice né indolore. A che pro tanto lavoro oltremodo costoso e sottoporre il prezioso libro a quell’evento traumatico, se poi la copia rimane in bella vista nello scaffale ?

Far cantare le collezioni… con la Biblioteca priva di direzione tecnico-scientifica, e con un bibliotecario e mezzo in servizio di recente nomina, il Lapidario Estense che da “parlante” con la passata e competente direzione di Nicoletta Giordani oggi a Sirmione-Mantova ( tuttora seguita dal numeroso pubblico amico modenese ) è ridiventato mero luogo di passaggio. Questo è il genere di afflato che ancora non si avverte tra le arie delle Gallerie Estensi.

Le mostre basate sulle collezioni estensi.

A onor del vero, non abbiamo registrato iniziative significative, di quelle che lasciano il segno, ( qualche timida emozione l’ha suscitata ‘Meravigliose avventure’, curata in parte della dottssa Battini, ultima e di lungo corso bibliotecaria, prima del pensionamento ), o forse lo hanno fatto ma non positivamente. Due belle scivolate della direttrice, il recente e nostalgico evento duchista tenutesi al Palazzo Ducale di Sassuolo, la celebrazione per il bicentenario di Francesco V, con Martino d’Austria-Ungheria nipote dell’ultimo imperatore. Una seconda inerente la mostra “ Leggiamo “ sull’editore Formiggini, allestita nella soppressa sala di lettura della Biblioteca al Palazzo dei Musei, oggi eletta a sala mostra. Lo scorso giugno la Bagnoli promuove una rassegna editoriale “Pro Musei” per dare maggiore visibilità alla esposizione del Formiggini, per stessa ammissione degli editori antiquari invitati è stato un fallimento totale, scarsa pubblicità e la mancata fruizione gratuita della mostra ha fortemente penalizzato l’iniziativa. Singolare la comparsa nel nuovo allestimento delle Gallerie del sarcofago egizio e vasi canopi, quasi concomitante alla interessante e ben strutturata mostra sulle “Storie d’ Egitto” del Museo Civico, che unitamente alla strepitosa e complessa esposizione “ IO SONO UNA POESIA” Parole sui muri e Le Arti negli anni sessanta fra Modena e Reggio Emilia, ha realizzato un programma di elevata qualità nonostante la esigua scarsità di mezzi a bilancio.

Quella sullo Specchio di Celestino, mostra in corso, l’argomento è delicato, e meriterebbe da solo un editoriale.

Andiamo con ordine, il reperto fa parte dei ricchi corredi di alcune sepolture, provenienti dalla Necropoli etrusca della Galassina di Castelvetro, e furono trovati casualmente durante lavori agricoli nel 1841. Il sito fu interessato da più campagne di scavi, con relative pubblicazioni, la prima nell’anno della scoperta fortuita a cura dell’erudito Celestino Cavedoni, la seconda nel 1879/80 a cura di Arsenio Crespellani, archeologo e direttore del Museo Civico, lo fu anche del Lapidario, Galleria e Medagliere Estense. Intorno alla scoperta e alll’archeologia al tempo si sviluppò anche una certa letteratura in europa. Il primo gruppo di oggetti bronzei, del ricco corredo funerario del sito, composti dallo specchio inciso, bacile e cista a cordoni, unitamente ad altri piccoli oggetti a pasta vitrea furono acquistati dal duca Francesco IV, a colmare quei vuoti della wunderkammer di antica memoria estense.

Questo gruppo, insieme a tanti altri reperti sono tra le più pregevoli testimonianze di età etrusca nel territorio modenese,era custodito dal Museo Civico Archeologico Etnologico fino al 2018 , in base ad un accordo quasi secolare, fra quella che è stata prima di diventare museo autonomo la Soprintendenza alla Galleria di Modena e Reggio Emilia. 

Il ritrovamento nei depositi di minori oggetti appartenenti al famoso primo gruppo, ha portato la direttrice a richiedere ovviamente con diritto, al Museo Civico la restituzione (e possiamo solo immaginare il momento ‘topico’) a seguire la mostra sullo specchio, (novità e analisi a parte) che ne enfatizza solo l’ambito temporale del periodo estense.

Nel 2011 in occasione della XIII Settimana della Cultura, come riporta il sito del Mibac, fu presentato il 9 aprile a Castelvetro, il volume “Il Sepolcreto della Galassina“, che offre un’analisi completa degli studi effettuati e ricerche inedite sulla necropoli a cura di Chiara Perazzini, Ed. Ante Quem per la collana di Studi del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna.  

Le passate direzioni della Galleria Estense, cioè la Soprintendenza alla Galleria, decisero e mantennero il deposito presso il museo Civico del piccolo gruppo di reperti, anche se facente parte della collezione estense. Questi diedero priorità non alla “proprietà” ma al valore come rappresentanza testimoniale della storia della città e del territorio modenese. Tutto ciò premesso, fu il buon senso a farli agire in quel modo, e a praticare con spirito una feconda collaborazione secondo “ l’afflato” che si crea fra le comunità con lo spostare le opere. È quel che afferma proprio la Bagnoli nella recente dichiarazione alla stampa!

Averli “ricondotti”all’Estense esercitando leggittamente il proprio diritto, non significa che non si difetta sul piano etico,e che a onor del vero nulla questi oggetti aggiungono alla ricchissima collezione di origine ducale, mentre viceversa nel percorso museale ne ampliavano e completavano la narrativa. Il buon senso avrebbe dovuto far agire esattamente al contrario, mantenere lo status quo , integrare la custodia al Museo Civico con il resto degli oggetti minori ritrovati all’Estense, infine praticare quella “collaborazione” e realizzare una esposizione completa sugli etruschi modenesi con tutta la letteratura del caso. Il fatto, leggittimità a parte, non possiamo che leggerlo come una mancanza di stile e uno sgarbo istituzionale.

E per la cronaca, la Bagnoli e le Gallerie Estensi beneficiano delle sedi nel Palazzo dei Musei in comodato gratuito dalla nostra comunità.

In ultima analisi, tutta la faccenda porta a fare delle serie riflessioni, a porsi delle domande sul progetto del polo culturale del Sant’Agostino, ribattezzato AGO. Con questi presupposti, e collaborare è una parola grossa , il progetto corre il serio rischio di rimanere sulla carta.

Grandi progetti

Benissimo la Digital Library, definito il progetto di punta della biblioteca e prototipo di quello che queste faranno in futuro. Una dichiarazione questa incoerente poichè il progetto ha come obiettivo il realizzare una struttura già operativa presso le biblioteche prese come riferimento, quali la Biblioteca Apostolica Vaticana, la British Library londinese e la Libreria del Congresso di Washington.

Inoltre queste ultime sono sostenute dai rispettivi governi, cioè dallo Stato, che ne ha il pieno controllo, oltre a fornire tutto quell’apparato necessario a garanzia e del futuro di simili progetti, (conservazione, tutela e qualità, mezzi, personale professionale, ecc.) e i tre istituti prestigiosi non si sono limitati a digitalizzare un segmento del loro vasto patrimonio, ma l’intero. Il progetto modenese, incentrato sui tre fondi più importanti della biblioteca estense, non è altro che la meritoria prosecuzione di una operazione impostata e già avviata dalle precedenti direzioni, non realizzata se non parzialmente per la scarsità dei mezzi. Finanziato soltanto dalla Fondazione Cassa di Rispamio, che non potrà accollarsi il costo dell’operazione per il resto del patrimonio. La presenza dell’Università in parte sopperisce alla mancanza del Mibac. Per il Ministero le biblioteche e gli archivi storici sono delle cenerentole.

La misura della visibilità

Il “gioiello Estense”, note di stampe recenti riportano i dati di un’indagine nazionale, la maggior parte degli intervistati e molti sono di casa  ….   purtroppo ( per loro)  non lo conosce.

Una maggiore frequentazione da vario pubblico, auspica la direttrice con questa esposizione di McCurry non inedita, l’autore scelto sicuramente farà salire positivamente il botteghino vertiginosamente nei tre giorni del Festival Filosofia (anche quello personale). Pare la risposta per attrarre quel bacino di utenza anche cittadino che non conosce l’istituto culturale, com’è emerso dalla recente analisi sul turismo, e che la direttrice commentando il dato, affermava che sul punto c’era molto lavoro da fare. 

Mentre si attende a settembre McCurry da Torino, la vicina Reggio Emilia mette a segno un colpo formidabile, un capolavoro del Correggio “ Il ritratto di giovane donna” dall’Ermitage di San Pietroburgo ai Chiostri di San Pietro dal prossimo ottobre al marzo 2020. Il prestito del dipinto a cinque secoli dalla sua esecuzione ritorna per una mostra evento nelle terre dell’artista del Rinascimento, il risultato è frutto di una proficua collaborazione fra la città reggiana, la Fondazione Magnani e l’istituto culturale russo.

Il programma futuro della Bagnoli, prevede oltre alla star che trasloca da Torino a Modena, una mostra che mette a confronto l’inventore della fotografia su carta William Henry Fox Talbolt con l’illustre e poliedrico scienziato modenese Giovanni Battista Amici, di riconosciuta fama internazionale (la Biblioteca Estense custodisce un carteggio tra i due), fu ingegnere, matematico e fisico, e non soltanto un importante costruttore di strumenti ottici.

Altra inesattezza è quella che i suoi materiali saranno riproposti dopo oltre trentanni, l’ultima volta si legge sempre sulla stampa che il pubblico ebbe occasione di vederli fu nel lontano 1977 al Palazzo dei Musei. Spiacente siamo male informati.

In occasione del 150° della morte di Giovanni Battista Amici, fu realizzata nel 2014 la splendida ed esauriente retrospettiva intitolata “Ottico, Astronomo, Naturalista“ presso il Foro Boario a cura della profssa Elena Corradini di Unimore e del prof. Alberto Meschiari docente di Filosofia presso la Scuola Normale di Pisa. Un magnifico allestimento, sia sul piano tecnico che scientifico , arricchito con tutti gli strumenti realizzati dallo scienziato e appositamente traslocati dall’Osservatorio Astronomico recentemente restaurato, ubicato nel torrione del Palazzo Ducale. Mostra che nello stesso anno fu ospitata a Firenze al Palazzo della Università e poi a Viterbo.

Si ripropone il poliedrico scienziato? A parte la labile connessione con la pioniera arte fotografica, il lavoro dell’Amici è immenso, si favorisca (forse già avviata?) una proficua collaborazione fra il Dipartimento di Ingegneria dell’Unimore e anche con la Accademia Nazionale di Scienze Lettere ed Arti. D'altronde si è attori nel progetto Ago, e sarebbe logico collaborare. 

Franca Giordano


Redazione Pressa
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