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Poco meno di un mese fa è stato presentato il piano culturale per il Polo del Sant’Agostino, e a breve giro di posta è prevista la tanto attesa Conferenza dei servizi per finalmente approvarlo.
Forse è la volta buona, non si può che essere contenti di questa svolta positiva, svolta alla quale ha concorso anche una pronta fetta di società civile che con abnegazione e spirito di servizo ha fornito materia concreta, che fattivamente è stata recepita e accolta.
Dalla assenza di un progetto culturale a una prospettiva embrionale e sfaccettata incentrata sulla cultura come motore di crescita sociale per la comunità. Che vede finalmente l’entrata in campo dell’Università a coordinare le azioni di ricerca e di formazione .
Il progetto presentato è ancora acerbo, e la sua messa a punto richiederà molto tempo e lavoro, per questo oltre all’Advisory Board ,la Fondazione Fizcarraldo con mandato della FCRMO, “la supporterà nell’iter di perfezionamento del percorso culturale e assistenza alla fase di progettazione del nuovo complesso culturale ibrido nascente nell'ex ospedale di Sant'Agostino e che riunisce i principali enti culturali della città.' Non è un compito semplice semplice quello affidato alla Fizcarraldo, e vediamo perché.
Andiamo con ordine, il S. Agostino non è più da solo, è affiancato per mezzo del decreto Terre Ducate Estense dal Palazzo dei Musei e dall’ex Ospedale Estense. Difatti tutto il comparto settecentesco sarà oggetto di una riqualificazione funzionale, che interesserà anche gli istituti sia civici che statali. Quindi, quella che è in corso con il Polo S.
Agostino-Estense, è la operazione culturale del secolo, la seconda dopo la prima che con lungimiranza e una visione di lunga gittata è a noi pervenuta. La realizzarono i padri costituenti della comunità modenese all’indomani della nascita del Regno d’Italia, creando un unicum e ante litteram Polo Culturale nell’ex Albergo delle Arti riunendovi le neonate raccolte civiche, e quelle palatine affinchè non fossero separate e destinate alcune alla via dell’esilio.
Come seconda operazione culturale, e rimarrà tale per moltissime generazioni, la visione deve essere stratosferica, perché la domanda cruciale è: in che modo caratterizzare attraverso una significativa e adeguata valorizzazione, i nostri ricchissimi patrimoni che saranno ereditati da chi ci seguirà?
Sarà possibile farlo attraverso una ‘riscoperta’ narrativa efficace che come una porta immaginaria sarà capace di farci entrare e viaggiare tra i periodi storici e mondi culturali. Perché questi dovranno integrarsi e aderire come una seconda pelle al secolo liquido, a quella forma e mente colorata e multiforme di futuro-presente. Questa è la valorizzazione da avviare ,che diventerà e deve diventare la cifra, il segno, il tratto, il marchio o brand distintivo e di riconoscimento del Polo.
Come realizzarlo? Attraverso un disegno forte , solido e strategico di sviluppo e di potenziamento sia per le novità che ospiterà e al contempo mettendo a punto una rete, e macchina infrastrutturale anche con l’ausilio di partnership, che agisca da spinta propulsiva per gli istituti del fronteggiante palazzo, favorendo il trait d’union fra le diverse collezioni , e come cuore pulsante da incipit per l’intero Capitale della città.
È il ‘cosa’ si farà lì dentro e il ‘come’ si farà, con quale visione , quali gli obiettivi che si intenderà raggiungere, saranno queste le azioni che dotate di mezzi sostanziosi ,assieme alla elevata potenza, il BRAND da mettere a segno. Questo sarà l’attrattore che richiamerà visitatori, studiosi, saperi diffusi, ricercatori, turisti, farà la differenza e distinguerà il Polo per qualità media o alta. Abbiamo la possibilità di puntare in alto e di creare un modello educativo-creativo e una economia culturale circolare spendibile di livello europeo.
Spiace solo il fatto che è ancora fortemente caratterizzato dall’impronta edificatoria pressochè intatta del cassato progetto della Aulenti. Quando di per sé l’intero complesso monumentale del Sant’Agostino è già ” un’opera d’arte “. Va soltanto riscoperto, sanato dalle parti malate e riportato alla luce, alla sua naturalità, alla sua anima , al suo genius loci , che potrà aleggiarvi di nuovo, ancora e per i secoli a venire, da troppo tempo non vi dimora.
Un progetto nato male, gestito peggio, rimandato al mittente dalla magistratura amministrativa, e in ultimo riaggiustato grazie all’aiuto di molti, ma non era meglio chiuderlo del tutto in un cassetto e buttare via la chiave?
E desta non poca preoccupazione la divisione in due della Biblioteca Estense, solo la porzione moderna si sposterà al S.Agostino. Gli si nega la naturale espansione per intero nel retrostante ospedale Estense. Quando causa la ridottissima utenza, così ha motivato la chiusura della sala lettura del Palazzo dei Musei la Direttrice Bagnoli? Prima di fare questo passo è bene riflettere su alcune questioni importanti, oltre alla ridottissima utenza, perché c’è un calo verticale che interessa in particolar modo gli studi umanistici, e nulla si fa in proposito per incentivarli. Da parte del Ministero non ci sono impegni per implementare nè il personale specializzato, difatti sono prossimi al pensionamento i tre bibliotecari attivi, e uno soltanto subentrerà, ancora meno finanziari per il sostegno e rilancio per l’intero settore bibliotecario nazionale, non solo per la nostra. Sta di fatto che il programma di digitalizzazione del suo patrimonio librario lo sostiene per intero la Fondazione Cassa. Con questo quadro non certo positivo, pensare di dividerla e di spostarne un pezzo sull’altro lato della piazza è un grande azzardo, poi è un salto senza rete, senza paracadute, con il risultato di impegnare per sempre spazi pregevoli del nuovo Polo con un’azione senza ritorno. Ed è assai strano che non possa restare tutta nella sede che occupa da più di un secolo, ancora di più visto che gli spazi sono raddoppiati, verso l’ex Estense. Con un quadro così negativo senza risorse certe neanche per il funzionamento della sede attuale, e confermato purtroppo dal recente “Dossier Civicum “ presentato pochi giorni fa al MIBACT , le risorse e gli investimenti sono in drastica diminuzione, e Le Gallerie Estensi (Pinacoteca di Ferrara,Palazzo ducale di Sassuolo e la Estense modenese) , istituite nel 2015 stentano a fare quel salto di qualità che si auspicava. Si può quasi dire che non sempre l’unione fa la forza e differenza.
E data la situazione contingente a seguito di queste importanti operazioni in corso, sembra giunto il momento di rivedere la presenza del Consorzio del Festival Filosofia all’interno del Palazzo museale, da misura temporanea, a definitiva? La questione non è stata ancora presa in esame, ma è cosa che non può essere rimandata a data da destinarsi. D’altra parte è una cabina di regia non un istituto come l’Archivio o la Poletti, può tessere e intrecciare il programma filosofico anche in una sede diversa, come il San Paolo. Gli spazi così liberati entrerebbero nella disponibilità per le necessità dalla BEU per esempio, così da restare nella casa madre. Che è oltremodo la cosa migliore da mettere in campo, altro che dividerla fra due sedi.
Siamo per fortuna all’inizio del percorso, non già alla sua fine.
Franca Giordano