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Modena città, Vignola, Pavullo, Finale Emilia... Per non parlare delle Regionali che hanno consacrato Bonaccini sulla Borgonzoni o ancora delle elezioni a Bologna con il ko che Lepore ha rifilato a Battistini.
Dal 2019 ad oggi il centrodestra emiliano, e modenese in particolare, ha incassato una sconfitta dietro l'altra sgretolando quel piccolo tesoretto rappresentato dai successi a Pavullo e Finale del 2016 e a Vignola nel 2017. Ora resta Mirandola nella Bassa, conquistata nel 2019 dalla coalizione a traino Lega, e poco più. Già perchè le vittorie dei sindaci Biolchini, Palazzi e Pelloni invece di essere divenute trampolini di lancio verso la costruzione della tanto attesa alternanza in un territorio da sempre governato dallo stesso blocco di potere, si sono rivelate fuochi fatui, vane speranze verso la costruzione di una democrazia compiuta anche in terra emiliana.
Perchè è evidente che se formalmente 'democrazia' è il governo più votato dai cittadini, è pur vero che nei fatti in assenza di alternanza le fondamenta stesse del 'governo del popolo' vengono messe in discussione, intaccate da dinamiche legate alla conservazione di un Sistema di potere talmente pervasivo da riproporre se stesso in modo quasi inerziale.
Ora, indubbiamente questo Sistema è forte e difficilmente scalfibile, ma parallelamente il centrodestra ha dimostrato sinora di non essere in grado nemmeno di provare a intaccarne il granitico aspetto. Dilaniato da continue competizioni interne alla coalizione (con la lite tra Fdi e Lega) e all'interno degli stessi partiti, il centrodestra non sembra in grado di comprendere l'essenza della posta in gioco.
In ballo infatti non vi è tanto una contrapposizione tra due ideologie politiche distinte, non vi è tanto una vittoria dell'appartenenza alla destra o alla sinistra, quanto la responsabilità da parte della storica minoranza, magari supportata da un civismo che da solo ha dimostrato di non trovare spazio, di rappresentare una salutare liberazione da un Sistema che governa da sempre il territorio e che stringe in una sol voce una fetta di mondo economico e associativo, le istituzioni e i partiti di governo. Un Sistema che proprio per la sua autoreferenzialità blocca meritocrazia e pensieri non allineati e soffoca ogni tipo di talento difforme in campo economico, culturale, sociale. E tutto questo, è evidente, non ha nulla a che vedere con la sinistra o con la destra (peraltro oggi infelicemente sposate a livello nazionale sotto il cappello di Draghi), anche se le vecchie ideologie del passato vengono costantemente rispolverate a ridosso del voto e usate strumentalmente come slogan capaci di mobilitare l'elettorato più distratto e, paradossalmente, conservatore.
E così, (volutamente) incapace di comprendere queste dinamiche, il centrodestra un tempo forzista, ieri leghista e oggi meloniano, continua sulla propria strada come nulla fosse. Senza fermarsi nemmeno un attimo a fare autocritica e ad analizzare le ragioni di insuccessi profondi e ripetuti. Senza pensare alle speranze tradite di una larga fetta di cittadini (tra astenuti e dissidenti) che alla alternanza credono ancora, ingenuamente. Lega e Fratelli d'Italia sono andati a sbattere a Finale e Pavullo, ma - come accadde con la sconfitta a Modena città - nessuno si è preso la responsabilità della debacle. Nessuno ha fatto un passo indietro. Tutti zitti per qualche giorno e poi avanti come sempre. Coi dirigenti locali impegnati di nuovo a parlare di degrado, immigrati e allarme sicurezza. Sfruttando il tepore della propria comfort zone in attesa di un'altra inevitabile sconfitta elettorale, pensando nemmeno, troppo segretamente, che in fondo è meglio così. Perchè una sconfitta non crea competitor interni che possano oscurare il proprio personale (e sempre più piccolo) recinto elettorale. Dimenticando, in modo miope, che anche le legittime ambizioni personali, se non supportate da un minimo impegno per il bene comune, vengono soffocate di conseguenza.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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