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'Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione'. Si dice che questa frase venne pronunciata nel '700 da Voltaire. Sono passati 300 anni, ma la lezione del filosofo francese resta ancora inascoltata. I numeri presentati ieri dal Garante per il Comune di Modena dei diritti delle persone private della libertà personale sul carcere di Modena fanno rabbrividire: 270 episodi di autolesionismo, 40 tentati suicidi, 536 detenuti presenti su una capienza pari a 372 persone.
Sono cifre indegne di un Paese civile, cifre davanti alle quali una città ricca, inclusiva, accogliente come Modena si autodipinge, dovrebbe vergognarsi. Invece la Modena perbenista e falsa si gira da un'altra parte, ancora una volta, l'ennesima volta. Il documento presentato in Commissione consigliare trova spazio per un giorno sui media, qualche dichiarazione di rito, tanti silenzi e domani è un altro giorno.
Perchè in fondo del carcere non frega nulla a nessuno.
Non frega alla destra di Lega e Fdi, con l'inqualificabile Salvini che se potesse introdurrebbe anche la pena di morte (il suo 'non ci mancherà' davanti al ragazzo di 26 anni, ucciso a colpi di pistola alla stazione di Verona da un poliziotto lascia attoniti) e con la Meloni che finge compostezza istituzionale ma in nome della 'sicurezza' punta a trasferimenti di massa in Albania (e si offende pure se i magistrati dicono 'non si può').
Non frega alla sinistra Pd che, davanti alla facciata buonista, sa che sulla difesa, non tanto dei diritti, quanto della banale dignità dei detenuti si perdono voti e quindi glissa allegramente sul tema.
Non frega alla stragrande parte del mondo cattolico, impegnato nella strenue difesa della vita a corrente alternata.
Con i più tradizionalisti pronti a fare barricate su aborto ed eutanasia, ma che dimenticano come la visita ai carcerati sia un'opera di misericordia, al pari di dar da mangiare agli affamati, visitare gli infermi o seppellire i morti.
Dei carcerati non frega nulla a nessuno. Poco importa delle vittime (e sono tante) di errori giudiziari, poco importa dei tanti in attesa di giudizio e rinchiusi sine die a causa dei disumani tempi della giustizia italiana. Poco importa se ogni giorno viene calpestato l'articolo 27 della Carta in base al quale le 'pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato'.
Nella facile, ipocrita e autoassolvente mentalità comune un carcerato è un uomo perso, perdipiù spesso straniero, che ha sbagliato e che deve espiare nel modo peggiore la propria colpa. Come se questo bastasse a compensare l'incapacità dello Stato di garantire la sicurezza ai cittadini, come se punendo la piccola percentuale che si scopre di coloro che commettono reati si restituisse una legalità ogni giorno derisa dalla realtà, come se trattare in modo civile un uomo carcerato influenzasse il (giusto) tempo della detenzione per i reati commessi. E' la irrazionalità elevata a ragion di Stato, un modo per assolvere governi incapaci di pensare a politiche carcerarie non da Paese di Terzo Mondo.
Ma va bene così: a Roma come a Modena. Davanti ai carcerati che implorano solo di non essere trattati come bestie, si alzano le spalle e si dice 'se la sono cercata'. E se 40 di loro in un anno tentano il suicidio (40 su una popolazione di 536 persone) fa lo stesso. Tanto è gente perduta e basta parlarne che la cena è pronta...
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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