Carpi, 25 aprile: 100 metri di bandiera della Pace. Il discorso integrale del sindaco
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Carpi, 25 aprile: 100 metri di bandiera della Pace. Il discorso integrale del sindaco

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Riccardo Righi: 'Certi meccanismi che portarono alla dittatura non sono spariti. Non fanno rumore. Non indossano divise. Ma alimentano odio e delegittimano la verità'


Carpi, 25 aprile: 100 metri di bandiera della Pace. Il discorso integrale del sindaco
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Suggestiva cerimonia per la festa del 25 Aprile questa mattina a Carpi. Il corteo accompagnato dalla banda cittadina, partito da corso Roma e giunto in Piazza Martiri, ha visto sfilare la Bandiera della Pace lunga cento metri, confezionata e offerta dalla comunità cinese di Carpi e innalzata sulla parete ovest del Torrione.
Proponiamo il discorso integrale pronunciato dal sindaco Riccardo Righi.

Care concittadine, cari concittadini, autorità civili, militari e religiose, rappresentanti delle associazioni, care ragazze e cari ragazzi, presenti tutti,
non possiamo iniziare questo momento di comunità senza prima dedicare un pensiero a Papa Francesco, venuto a mancare proprio in questi giorni. E lo facciamo nel modo che lui stesso chiedeva: con un momento di silenzio, in cui lasciare spazio al cuore, al pensiero, alla gratitudine.

Papa Francesco ci lascia un’eredità morale potente: la sua testimonianza per la pace, per l’incontro tra le culture, contro le disuguaglianze, per aver creduto, fino all’ultimo, in una Chiesa povera e coraggiosa, capace di stare accanto agli ultimi, capace di denunciare, capace di indicare un altro cammino. Il suo impegno resta, ci interroga e sono convinto continuerà ad accompagnarci.
Questa mattina abbiamo attraversato il centro della nostra città, insieme. Abbiamo camminato fianco a fianco, stringendo tra le mani una bandiera della pace lunga cento metri. Portata da donne e uomini di culture, nazionalità e generazioni diverse. E ora quella bandiera sventola dal punto più alto del nostro castello: il Torrione degli Spagnoli. È un gesto che vale più di mille parole. Abbiamo camminato in pace, in libertà.
Perché sappiamo che la pace non cade dall’alto: si costruisce dal basso, un passo alla volta, una mano alla volta. Questo è, oggi, il senso più autentico del 25 aprile: fare memoria con i piedi ben radicati nel presente. Oggi ricordiamo chi ha lottato per la libertà e la dignità del nostro Paese. Donne e uomini della Resistenza. Oggi, in questa piazza dedicata ai Martiri, ci troviamo per un dovere civile e collettivo: non solo ricordare, ma riconoscere. Riconoscere i segni del presente. Di un mondo che è cambiato e continua a cambiare con una velocità che spesso fatichiamo a comprendere. Dove emergono nuovi protagonisti geopolitici, economici e culturali. Dove le tecnologie digitali non solo trasformano il lavoro e la comunicazione, ma ridefiniscono relazioni, valori, perfino verità. E insieme alle opportunità, portano anche rischi: disinformazione, sorveglianza, isolamento sociale. Un cambiamento che ci impone di vigilare, di restare umani, di scegliere con consapevolezza da che parte stare. In questo scenario, momenti come questo diventano essenziali: sono antidoti al cinismo, all’individualismo, a quel 'narcisismo pandemico' dove l’io prende il posto del noi. Cantava Giorgio Gaber: “Libertà è partecipazione.”
E allora partecipiamo. Perché certi meccanismi che portarono alla dittatura non sono spariti. Non fanno rumore. Non indossano divise. Ma alimentano odio, delegittimano la verità, e seminano disprezzo. Per questo il 25 aprile non è solo una cerimonia. È una scelta di campo. È un’identità. È, ancora oggi, antifascismo. Il nazi-fascismo non fu solo violenza. Fu menzogna sistematica. Negava l’evidenza, censurava i giornali, ridicolizzava i testimoni, per impedire al popolo di capire, scegliere, reagire. E oggi? Quando si attacca chi racconta la verità, quando si aggredisce la stampa libera, quando si definisce “bugia” ciò che non piace, si torna a quel tempo. Anche qui, oggi, abbiamo visto attacchi al Premio giornalistico Odoardo Focherini. Oggi, nel giorno della Liberazione, lo ricordiamo con fermezza. E da questa piazza, dico con chiarezza: sono al fianco di Stefania Battistini e di tutte le giornaliste e i giornalisti che ogni giorno rischiano la vita per raccontare ciò che altri vorrebbero nascondere. Difendere chi difende la verità, significa difendere la nostra libertà. Nel fascismo, la scuola non formava cittadini. Formava sudditi obbedienti.
E oggi? Anche a Carpi, come in tante altre città, abbiamo visto attacchi ingiustificati contro scuole, insegnanti, dirigenti. Attacchi mossi dal pregiudizio, dalla paura del pensiero libero. C'è chi vorrebbe che la scuola “stesse al suo posto”. Ma la scuola deve muoversi. Deve coltivare coscienze critiche, libere, responsabili. Difendere la sua autonomia, che sia pubblica o paritaria, è oggi un dovere civile. Perché è lì che si forma il cittadino. Non il tifoso. Non il fanatico. Ma chi si impegna con coscienza per il bene comune. Scriveva Padre David Maria Turoldo: “Tra i morti della Resistenza vi erano seguaci di tutte le fedi. Ognuno aveva il suo Dio, il suo credo, e parlavano lingue diverse. Eppure, nella libertà e nella dignità, si sentivano fratelli”.
Che grande lezione. Oggi, in un tempo di confini, nazionalismi, sospetti, noi diciamo che una comunità vera si riconosce nei valori, non nel sangue. La bandiera della pace issata sul nostro Castello dice che, a Carpi, non abbiamo paura del diverso. Abbiamo paura solo dell’indifferenza. E allora costruiamo una comunità che include, che abbraccia, che ascolta. Non una patria dei puri. Ma una casa dei giusti. La Resistenza non fu solo sulle montagne. Fu nei cortili, nei conventi, nei municipi. Fu nelle fabbriche, sui treni, nei mercati, tra i banchi di scuola. Fu dove qualcuno disse: “Io non ci sto”.
La fecero le donne, i parroci, gli insegnanti, i cittadini comuni. Fu una resistenza senza armi, ma armata di coscienza e umanità. Quella è Resistenza. Silenziosa. Quotidiana. Ma vera. A Carpi, la Resistenza fu combattuta soprattutto nelle campagne. I partigiani imbracciarono anche le armi, sì, ma per farle tacere. Non sognavano la guerra. Sognavano la pace. E oggi, mentre la guerra torna a bussare alle porte dell’Europa, mentre la logica dell’odio si riaffaccia nei discorsi pubblici, noi siamo chiamati a raccogliere quella speranza. La democrazia è un impegno. La libertà, una responsabilità viva. La pace, una costruzione. Nonostante qualcuno voglia farlo pensare, anche nel tentativo di ignorare questa data trovando le scuse più banali, il 25 aprile non è divisiva, nè una festa contro. È una festa per. Per la libertà. Per la giustizia. Per la Costituzione. Per la pace. È la festa che ha dato un’identità antifascista alla nostra Repubblica. Un’identità che oggi va difesa, affermata, tramandata. Care ragazze, cari ragazzi, a voi affidiamo il testimone. E a tutte e tutti noi, ricordiamo che essere cittadini significa scegliere ogni giorno da che parte stare. Senza la paura di essere partigiani dei valori. Partigiani della pace, della giustizia, della libertà. Partigiani dell’antifascismo.
Il 25 aprile non è un ricordo da celebrare. È una scelta da compiere. Ogni giorno. E allora, insieme, diciamolo ad alta voce, sotto questa bandiera, davanti a questa piazza, davanti a quelle lapidi che portano i nomi di uomini e donne morti per la nostra libertà, che oggi non è più solo pietra, ma promessa: Viva la Democrazia. Viva la Libertà. Viva l’Italia. Viva la Pace. Viva il 25 aprile.
Riccardo Righi
Foto Pd Carpi

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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