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'Gloria all’Ucraina' di Zelensky: le ombre storiche di un Paese diviso

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È un saluto divenuto molto popolare durante la guerra d’indipendenza e delle truppe affiancate ai nazisti contro l’Armata Rossa


'Gloria all’Ucraina' di Zelensky: le ombre storiche di un Paese diviso
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La guerra in Ucraina ha forse avuto un unico dato positivo: quello di suscitare interesse verso la sua Storia travagliata e ciò per tentare di comprendere alcune ragioni di questo conflitto. Al di là delle affermazioni riconducibili alla propaganda bellica, è indiscutibile che l’Ucraina è ed è sempre stata un crogiolo di popoli, spesso in lotta fra loro e volte diretti ad ostacolare il potere di Mosca.

Nel 1918, alla fine Prima Guerra Mondiale, l’Impero Austroungarico si dissolve e i territori ucraini che vi appartengono proclamano la Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale. Il suo popolo non è affatto uniforme; infatti, oltre agli ucraini, ci sono un 12% di ebrei, un 25% di Polacchi, e poi Tedeschi, Cechi e di altre nazionalità. Naturalmente, questa Repubblica Nazionale dura assai poco e i primi a ribellarsi sono i Polacchi, molto presenti a Leopoli, che desiderano unirsi alla Polonia.

A contrastarli, gli ucraini, molto presenti nelle campagne e che vogliono restare indipendenti che nel luglio del 1919 sono già in guerra con la Polonia. Vengono sconfitti e allora si uniscono alla Repubblica Popolare di Ucraina, che tenta di staccarsi dall’influenza sovietica. A Lenin non sta bene questo Stato autonomo e nel 1920 l’Armata Rossa lo invade e nasce la Repubblica Sovietica di Galizia. Questa Repubblica, tuttavia, non riesce mai ad avere il controllo di Leopoli e delle zone con giacimenti petroliferi. Nel 1921, con la Pace di Riga, il territorio torna sotto il controllo polacco e vi resta fino al 1939.

Intanto nella ex-Ucraina russa la situazione si presenta veramente complicata. Nel marzo del 1917 sorge la Repubblica Popolare di Ucraina, con capitale a Kiev: la culla della Russia.

Il suo Parlamento ha una maggioranza socialista ma non i bolscevica, ovvero non comanda la fazione più rivoluzionaria che fa riferimento a Lenin e ha una forte vocazione indipendentista.

Il 6 novembre del 1917, secondo il calendario giuliano, Lenin organizza i tumulti di piazza a Pietrogrado e prende il potere e il giorno successivo nasce la Repubblica Federativa Sovietica Russa. L’Ucraina, come già detto, si proclama indipendente da Mosca, ma Lenin e successivamente Stalin non possono permettere una defezione così importante. Con scarso successo, i bolscevichi iniziano a scontrarsi con gli indipendentisti e sono costretti ad abbandonare la capitale Kiev per rifugiarsi a Charkiv. Qui fondano la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.

Intanto, la Repubblica Popolare Ucraina cerca l’appoggio e il riconoscimento internazionale per uscire dalla guerra mondiale da sola, mentre la Crimea rappresenta una delle basi operative dell’Armata Bianca, la formazione militare che vorrebbe il ritorno dello zar. Lenin e Stalin decidono d’impiegare l’Armata Rossa, già stanziata nei pressi del Don, per avere ragione di tutte queste sacche di resistenza e riportarle all’ordine.

Il 3 marzo del 1918, Lenin firma con la Germania il trattato di Brest-Litovsk con l’impero tedesco, quello austro-ungarico, con la Bulgaria e l’Impero ottomano per staccarsi dalla guerra mondiale. La Repubblica Popolare di Ucraina diviene così uno stato fantoccio della Germania che, però, perde la Prima Guerra Mondiale. La pace di Riga del 1921 rimette tutto in discussione e l’Ucraina ex-russa torna sotto i sovietici.

Fra il 1931 e il 1933 la Russia è colpita da una spaventosa carestia che produce milioni di morti, ma in molti sospettano che questa calamità sia servita ai bolscevichi per uccidere gli ucraini dissidenti e che anelavano ancora all’indipendenza. Come tutti sanno, l’Ucraina è sempre stata il granaio d’Europa, ma il governo sovietico istituì la collettivizzazione delle imprese agricole e, per continuare a foraggiare di denaro lo Stato, non permise che fossero ridotte le esportazioni di grano verso l’estero. Il grano prodotto era così portato via quaqsi completamente e alle famiglie restava ben poco da mangiare. Nel 2008, il Parlamento Europeo ha riconosciuto questa azione, denominata Holomodor – Morte per fame, quale crimine contro l’umanità per la deliberata volontà del governo sovietico di non tenere minimamente conto dei bisogni della popolazione ucraina e di punirla per le decisioni prese ai tempi della Rivoluzione. Vi sono quindi migliaia e migliaia di morti nelle famiglie ucraine, che hanno mantenuto vivo l’odio verso la Russia e fortificato il sentimento nazionale. Veniamo, ora, ai fatti della alla Seconda Guerra Mondiale.

Il 22 giugno del 1941 inizia il piano nazista per l’invasione della Unione Sovietica da parte della Germania hitleriana. Il suo nome è “Operazione Barbarossa”. La VI, l’XI e la XVII armata giungono in Galizia e in Ucraina con 800 carri armati. Avanzano celermente verso Kiev e Odessa e i civili restano in balia dei Nazisti. Molti ucraini si arruolano nelle SS per vendicarsi dei soprusi e delle morti causate dai russi: il nemico del tuo nemico, è tuo amico.

Fin dal 1929 si era formata a Vienna una organizzazione di Nazionalisti Ucraini, d’ispirazione nazista, che vuole colpire Polacchi e Russi. Al principio, ritiene i nazisti dei liberatori, ma quando conoscono l’intenzione di Hitler di annettere l’Ucraina alla Grande Germania e non riconoscere una loro connotazione identitaria, combattono sia contro l’Armata Rossa che i tedeschi. Contro quest’ultimi occorre ricordare che alto fu in Ucraina il numero di vittime dell’Olocausto. Ai tempi dell’impero russo, l’Ucraina è una delle “zone di residenza” in cui gli ebrei hanno il permesso di abitare e commerciare. Ora, devono fuggire dalle camice brune per salvarsi la vita.

La repressione tedesca è durissima. Nel 1941 a Babi Yar, vicino a Kiev, 33771 ebrei sono uccisi fra il 29 e il 30 settembre; più di 150mila sono i civili sterminati nelle settimane successive. Le truppe naziste e i collaborazionisti ucraini hanno l’ordine di eliminare ebrei, rom, civili e funzionari sovietici senza alcuna pietà. In questa pulizia etnica, i Nazionalisti Ucraini si offrono volontari per dare supporto alla Wehrmacht e alle SS e vendicare le morti volute da Lenin e Stalin. Circa 250mila ucraini sono arruolati in formazioni di supporto chiamate 'Unità militari nazionaliste' o “Confraternite dei nazionalisti'. La ferita è ancora aperta perché, alla fine delle ostilità, molti criminali non furono perseguiti e figure come Stepan Bandera, accusato di aver attivamente partecipato ai massacri di Polacchi specialmente ebrei, nel 2010 è stato insignito del titolo di “Eroe dell’Ucraina”.

Oggi, anche in Occidente emoziona il saluto eroico e simbolo di resistenza del Presidente Zelensky: Slava Ukraïni (Gloria all’Ucraina) al quale si dovrebbe rispondere con Herojam slava (Gloria agli eroi). È un saluto divenuto molto popolare durante la guerra d’indipendenza dal 1917 al 1921, precedentemente raccontata, e delle truppe affiancate ai nazisti contro l’Armata Rossa. Nel 2018 è divenuto il saluto ufficiale delle forze armate ucraine.

Il 12 febbraio del 1918, esattamente tre giorni dopo la firma della Repubblica Popolare di Ucraina del trattato Brest-Litovsk per sfilarsi dalla Prima guerra mondiale, le regioni del Nord-Est dell’Ucraina proclamano la nascita della Repubblica sovietica di Donetsk-Krivoy Rog. L’area è nota anche con il nome di Donbass, perché copre il bacino del fiume Donec, affluente del Don. Quindi, e osservando i tempi attuali, non è la prima volta che questo territorio vuole staccarsi da Kiev.

Quest’area di confine è stata militarizzata dai Russi nel 1600, per tenere sotto controllo i Tartari di Crimea. Per lungo tempo l’area ha fatto parte dell’Etmanato cosacco, venendo poi assorbita nell’impero russo. La ricchezza di questa regione è il sale e, dal 1700, il carbone. Uno strano destino volle che la principale città della regione, Donetsk, fu fondata nel 1869 da un gallese, un certo John Hughes. La popolazione annoverava importanti presenze di comunità diverse come Ebrei, Tedeschi e Tartari. Gli ucraini erano più diffusi nelle campagne, mentre nelle città la maggioranza della popolazione era russa.

Negli anni ‘20, il Donbass è sottoposto ad una operazione di “russificazione” da parte di Stalin: la popolazione cosacca e quella ucraina sono ridotte al minimo, anche in seguito alle conseguenze dell’Holodomor, la morte per fame.

Il Donbass è al centro della operazione Barbarossa di Hitler, che desidera impossessarsi delle ricchezze della regione. I lavoratori specializzati sono deportati in Germania e la popolazione locale è sterminata. Solo nel 1943 l’Armata Rossa rientra in possesso del Donbass, che è riunificato con l’Unione Sovietica. Stalin e i suoi successori favoriscono il trasferimento in quest’area di popolazione di origine russa, tanto è vero che nel 1959 i Russi costituiscono ormai la maggioranza assoluta.

Quando con la dissoluzione dell’URSS l’Ucraina proclama la sua indipendenza, questa scelta è contrastata dalla popolazione filorussa e nasce il Movimento internazionale del Donbass, contrario all’indipendenza. In parole povere, il Donbass preferirebbe restare sotto Mosca. Affrontiamo ora la storia dell’altro soggetto nello scontro dei nostri giorni: la Crimea.

A partire dal 1600, la Russia ha sempre voluto possedere uno sbocco al mare; ne consegue che il controllo dell’Ucraina e della Crimea sono quindi un passaggio strategico, militare ed economico essenziale per lei. Il corridoio che passa per il Donbass e poi termina in Crimea è quindi un territorio che la Russia vuole avere a sua disposizione da mezzo millennio!

La Crimea è stata annessa all’impero Russo nel 1783 da Caterina la Grande e i porti della penisola sono stati le basi della flotta russa nel Mar Nero. La penisola entra a far parte dell’URSS nel 1920 come Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Crimea.

Durante la Seconda guerra mondiale, la Crimea vive anni di grandissima sofferenza, poiché la sua popolazione mista è aggredita dai nazisti, ma anche i Sovietici nutrono sospetti sulla sua fedeltà. La Crimea, e in modo particolare Yalta, è anche teatro dell’accordo di spartizione delle sfere di influenza fra le grandi potenze poco prima della fine della guerra: Churchill, Roosevelt e Stalin si ritrovarono segretamente in Crimea per disegnare gli scenari post bellici, come l’Europa sarebbe stata divisa.

La svolta politico amministrativa avviene nel 1954, quando Nikita Chruščëv unisce la Crimea all’Ucraina, per celebrare i 300 anni di storia comune fra Russia e Ucraina. Questa sorta di “regalo” è solo un atto formale, poiché l’Ucraina faceva parte dell’URSS e quindi restava sotto il controllo del Cremlino.

Ma nel 1990 l’URSS si dissolve e la Russia si trova di fronte al paradosso di dover lasciare la sua flotta ancorata in porti che tecnicamente fanno parte di un altro Stato sovrano. Nel 1995 è creata una Repubblica autonoma di Crimea all’interno dei confini dell’Ucraina; la maggioranza della popolazione di questa Repubblica è di origine russa, ma sono presenti anche minoranze tartare e ucraine. Il problema resta e nel 2014 la Russia decide d’abbandonare la linea diplomatica e burocratica per risolverlo ccon la forza: truppe russe occupano la Crimea, in precedenza annessa alla Russia come Repubblica di Crimea a seguito di un referendum popolare non riconosciuto da Kiev. Anche l’Unione Europea e l’ONU non riconoscono la legittimità di questa annessione e neppure la volontà della popolazione che all’80 per cento ha votato per tornare ad essere Russia, distaccata da Kiev.

Sulla spinta di questa decisione della Crimea, anche il Donbass tenta di seguire la stessa strada con la nascita di due repubbliche indipendenti dall’Ucraina che, dopo quella che è stata chiamata “La rivoluzione arancione” ha deciso di guardare ad Ovest, all’Europa e all’America. Nella parte occidentale dell’Ucraina riemerge forte il sentimento nazionalistico mai sopito, che scava un solco invalicabile con la Russia. Inizia la guerra nel Donbass con circa 14 mila morti tra i civili, l’esercito ucraino regolare e quello appena costituito delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. In questi bombardamenti e scontri, nel silenzio totale della comunità internazionale, si distingue per ferocia il Battaglione Azov, di chiara matrice nazista: sono gli eredi di quei volontari che entrarono nelle SS tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale per combattere i russi.

Gli Stati Uniti vedono in questa situazione l’occasione per infastidire la Russia, controllare il fascino che Putin esercita su altri Stati delle ex Repubbliche sovietiche e anche su quelle nel cuore dell’Europa. Dopo anni che Kiev aveva smesso d’interessarsi di un territorio sul quale, di fatto, non aveva più il controllo, si riaccendono gli scontri. Con il presidente Zelensky, secondo Mosca scelto e finanziato da Washington, il rapporto con gli Stati Uniti si fa sempre più stretto, tanto che l’Ucraina riceve 10 miliardi di dollari per potenziare il proprio esercito. Nel 2021, nonostante che l’Ucraina non faccia parte dell’Alleanza Atlantica anche se ne ha fatto domanda, si attivano esercitazioni NATO sul terreno e anche sul Mar Nero. Allo scoppio della pandemia, l’America regala a Kiev 4 laboratori mobili batteriologici – ma i russi ne denunciano 34 -per svolgere ricerche sul Covid. L’espansione della NATO ad est con lo Stato più grande ai confini della Russia non ancora presente nell’Alleanza Atlantica, l’Ucraina, un presidente filo-americano, il ritorno ad un forte nazionalismo che si oppone a Mosca e alla popolazione russofona, un esercito potenziato dagli americani e l’installazione di laboratori in grado di produrre armi batteriologiche: tutto ciò per la Russia è una minaccia alla propria esistenza. Il tentativo di risolvere diplomaticamente la questione del Donbass, della Crimea e dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO è respinto dagli Stati Uniti e l’Armata Rossa, chiamata in causa dalle Repubbliche indipendentiste di Donesk e Lugansk, entra nel Donbass. Lo scopo è chiaro: riportare l’Ucraina sotto la propria influenza e non quella americana e mettere sotto il proprio controllo il territorio che unisce il Donbass alla Crimea. Ma

Kiev e il suo attuale governo, che rappresentano l’animo nazionalista e indipendentista dell’Ucraina, non può accettare questo atto di forza e ad esso si unisce il rancore verso la Russia per i fatti precedenti. Dal punto di vista economico, poi, anche per Kiev lo sbocco al mare è fondamentale. Si combatter strenuamente ovunque e ciò è la cronaca dei nostri giorni. Come uscirne? Esistono tre Ucraine, che non hanno imparato a convivere tra loro pacificamente ma alle quali va garantita la sicurezza e una superpotenza che, ha il diritto di non sentirsi minacciata da un’altra superpotenza. Questo è il nodo da risolvere.

Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegna

Visiting Professor London Performing Academy of Music di Londra. Docente di Formazione Corale e del master in Musica e Cinema presso Istituto Superiore di Studi Musicali Vecchi Tonelli..   Continua >>



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