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Ucraina, i cosacchi e il mito di Usa e Nato 'guardiani della pace'

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Nel 1853, le potenze occidentali e lo 'scodinzolante' Regno di Sardegna (il futuro Regno d’Italia) parteciparono ad una guerra contro l’impero zarista


Ucraina, i cosacchi e il mito di Usa e Nato 'guardiani della pace'
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C’è una parola che, con riferimento all’attuale conflitto armato tra Russia ed Ukraina che non viene quasi mai riportata: cosacchi.
I Cosacchi non sono una nazione, un gruppo etnico omogeneo, ne tantomeno identificabili con un preciso territorio.
E’ solo a partire dal XV° secolo che si iniziò a chiamare cosacchi, ed in particolare Cosacchi dello Zaporoz’e, coloro che popolavano il territorio lungo la parte bassa dei fiumi Dneper e Don.
Possiamo dire che i cosacchi, il cui nome può riferirsi a “ nomadi” o “uomini liberi” in quanto non asserviti ad obblighi feudali.

Possiamo assimilarli a milizie mercenarie che offrivano i loro servigi ai vari signori del tempo e anche successivamente.
In particolare, durante la Rivoluzione Russa, inizialmente la appoggiarono ma dopo breve tempo si schierarono in maggioranza con la cosiddetta “Armata bianca” (zarista).
In gran parte, nel corso del secondo conflitto mondiale, si schierarono a fianco delle Nazioni dell’Asse, costituendo formazioni combattenti a favore di queste.


Fin dal 1684, si ebbero due gruppi, il primo, detti Cosacchi Tannaiti che facevano capo al Principato di Mosca e i secondi, Cosacchi Zaporowa, che facevano capo alla Polonia.
Va ricordato che al tempo, il Regno di Polonia si estendeva su gran parte dellUkraina. I cosacchi si divisero in quelle che un tempo erano dette 'le due Ukraine', delimitate dal fiume Dneper.

Di fatto la Polonia inglobò la parte dell’Ukraina sotto il suo controllo, sopprimendone di fatto l’esistenza sotto tale denominazione.
I gruppi cosacchi si schierarono ora con la Polonia, ora con quello che era conosciuto come Canato di Crimea.
Da parte russa, i cosacchi, prevalentemente installati lungo il basso corso del Don, divennero, pur mantenendo la loro autonomia, “buoni servitori” dello Zar, difensori della chiesa ortodossa di Russia e utili militarmente.
Tuttavia i rapporti videro sovente delle incrinature, sfociate in ribellioni.

La rivolta del 1606 guidata da Ivan Bolotnikov e la più nota rivolta del 1667, guidata da Sten’ka Razin. Ultima la rivolta guidata da Emel’ian Pugacev
Repressa anche quest’ultima, i cosacchi entrarono a far parte dell’esercito zarista come truppe di cavalleria.
Durante la campagna di Russia condotta da Napoleone, costituirono una spina nel fianco della “Grande Armeé“.
I cosacchi godevano di uno statuto speciale e di una certa indipendenza e furono utilizzati come forze di polizia, quando non anche nel corso dei frequenti pogrom contro le popolazioni di religione ebraica.
Con la loro prevalente adesione alla “Armata bianca” furono sottoposti da parte dei Bolschevichi a pesanti attacchi, da ciò molti di loro emigrarono, fino a che il Comitato centrale del partito comunista, nel 1925 giunse a votare quel processo definito di “decosacchizzazione”.

Se alcuni cosacchi combatterono con l’armata Rossa contro le truppe dell’Asse, molti altri, proprio in virtù del processo di “decosacchificazione” ne divennero alleati.
La I^ Divisione cosacca ed il XV SS Kosaken Kavallerie Korps combatterono non solo sul fronte russo, ma furono successivamente dislocati in Carnia (Friuli – Italia) dove furono impiegati contro le forze del Maresciallo Tito e le formazioni partigiane comuniste in quei territori.
Rimpatriati in Russia su decisione degli Alleati, videro molti togliersi la vita essere fucilati dagli stessi russi o internati nei “gulag”.
E’ solo con il processo di “destalinizzazione” che nel 1992, vennero “riabilitati” pur rimanendo, con la caduta dell’URSS, dispersi nelle diverse Repubbliche della Federazione russa.
Famoso cosacco fu tra i tanti Alexandr Isavesic Solzeninicyn, scrittore ed autore di “Arcipelago gulag”.

Ora è chiaro come da parte del governo russo, nonostante la riabilitazione successiva al processo di  destalinizzazione (da parte dell’ukraino Kriusciov) permanga un certo rancore e diffidenza.
Relegati a ruoli turistici, da esibire negli spettacolo folkloristici, anche da parte cosacca i rapporti con la Russia non si possono certo dire dei più sereni.
È in tale quadro che vanno ricercate le sia pure indirette origini del “Distaccamento autonomo operazioni speciali Azov“.
Inserito nei quadri della “Guardia nazionale ukraina” dal 2014 deriva le sue origini dalla Assemblea Social Nazionale Ukraina (ASN) e da movimento dei “Patrioti ukraini” in seno ai quali furono formati i cosiddetti “Battaglioni volontari civili“.
Da notare quel “civili”, successivamente militarmente “autorizzati” dall’allora Ministro dell’Interno ukraino, Arse Avakov.

Dal 2014, impiegato in operazioni militari contro la Repubblica Popolare del Doneck, filorussa e secessionista, unitamente al “battaglione Donbass“ ed al DUK ( Corpo Volontari Ukraini ).
Elevato al rango di “Reggimento Operazioni Speciali“  è strutturato sulla base di una unità di fanteria leggera e meccanizzata con una componente corazzata e supporto di artiglieria, genio, sanità, trasmissioni.
La struttura ricalca quella che fu tipica della 14 esima Divisione Waffen SS Grenadier costituita il 18 aprile 1943, ribattezzata prima Divisione dell’Esercito Nazionale Ukraino ed arresasi il 10 maggio 1945 alle truppe delle Nazioni Alleate occidentali (non quindi alle truppe dell’URSS).
I suoi membri furono internati a Rimini e successivamente moti di essi emigrarono in Canada.

Se fossero stati catturati dalle truppe sovietiche la loro sorte sarebbe stata ben diversa.
Ora, riassumendo, cosa centrano i cosacchi? In realtà molto più di quanto non appaia, poiché molti degli appartenenti a DUK sono cosacchi, o quantomeno incarnano la reazione cosacca nei confronti della Russia che diede luogo al processo di “decosacchizzazione“ dei territori tra Dneper e Don.
La ruggine è dunque molto più antica di quanto non possa sembrare.

La Russia, nel definire quali “nazisti“ settori e milizie delle forze ukraine, non ha tutti i torti, poiché ancora non parliamo di un passato inteso come tale, ma di ferite ancora aperte e rancori alimentati.
Vi è poi la mai sopita volontà russa di riprendersi quegli sbocchi sul mar Nero che sono vitali per la propria economia.
Vi è una guerra che l’occidente dovrebbe ben ricordare e non solo nei libri di storia.
Nel 1853, le potenze occidentali e lo “scodinzolante” Regno di Sardegna (il futuro Regno d’Italia) parteciparono ad una guerra contro l’impero zarista con la giustificazione di “soccorrere” il minacciato impero ottomano (la Turchia), proprio per garantirsi il controllo di quei porti sul mar Nero, Crimea compresa, che oggi interessano nuovamente la Russia.

Nuovamente l’occidente, rappresentato dagli USA e dai i suoi satelliti (tra cui l’Italia che non va dimenticato fu e rimane una nazione sconfitta e pesantemente condizionata da Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, sola ed unica data, con buona pace di una addolcita storia locale, in cui cessò lo stato di guerra tra Italia e Nazioni Alleate) va ripetendo più o meno le stesse mosse.
L’Ukraina, che ha i suoi begli scheletri nell’armadio, ci viene mostrata come una “democrazia” vittima di una invasione ingiustificata.
La Russia, che altrettanto conserva con cura i suoi scheletri, vanta 'ragioni' a cui occorre porre attenzione, anche se il modo come le pone è censurabile.
USA e NATO si qualificano come “guardiani della pace”. I media ci bombardano di strazianti immagini, ma mi sembra un po' come la leggenda che racconta come Sant’Andrea, appeso alla sua croce, predicasse per ore agli astanti, i quali, ascoltandolo, ne erano estasiati, ma a nessuno venne in mente di levarlo da quel supplizio.

L’esortazione di Sua Santità Francesco I° (Papa Francesco) irrisa sulla stampa (vedi oggi inserto “Domenica” del Sole 24 ore) rifacendosi alla frase di Stalin che, all’osservazione di come le allora parole di S.S.Pio XII° fossero importanti, rispose: “ma quante divisioni ha il Papa?” non viene ascoltata pur essendo l’unica sincera voce autorevole.
Squallidi personaggi preferiscono dilettarsi a disquisire se S.S. Francesco I° sia o meno il “vero” Papa e se dunque piace così, se non si vuole andare alla radice dei problemi, sia pure come diceva von Clausewitz : “… la guerra è il proseguo della politica con altri mezzi…”.
Io sono solo un filo d’erba, calpestabile a piacimento, ma se l’erba tutta verrà calpestata, chi rimarrà dovrà accontentarsi di mangiare sabbia.

Giuseppe Bellei Mussini

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