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L'ultima tappa dell'infinito tour di autopromozione che Stefano Bonaccini sta compiendo da mesi si è svolta ieri alla Festa dell'Unità di Firenze. Con l'hashtag 'ladestrasipuobattere' il presidente della Regione sta solcando l'Italia con stazioni rimarcate immancabilmente con foto patinate sui social. Foto spesso sgranate, vissute, seppiate, a dimostrazione della prova titanica a cui il leader, che comunque non suda, si sta sottoponendo. Un pellegrinaggio estenuante di fronte al quale anche l'instancabile uomo di Campogalliano ogni tanto vacilla. 'Verso casa, due ore e mezza di strada. A volte mi chiedo chi me lo faccia fare' - scriveva pochi giorni fa sui social. Piattaforme virtuali elevate ormai ad altare della sua Messa cantata quotidiana, tra gli applausi e i pollici all'insù della Rete.
Del resto, chi glielo faccia fare a Bonaccini è chiaro ed evidente a tutti: l'ambizione di poter sostituire Nicola Zingaretti alla guida del Pd nazionale e usare quel trampolino magari per salire oltre.
Finanche a Palazzo Chigi.
E allora ecco che la ricetta alternativa bonacciniana messa nera su bianco nella novella Bibbia, il suo libro con tanto di selfie cool in copertina, trova linfa vitale proprio negli insuccessi di Zingaretti.
Il rapporto più freddo coi 5 Stelle e le aperture totali al Mes sono le chiavi contenutische di una svolta che in realtà e solo ed esclusivamente legata alla persona. Al culto della persona.
Il banco di prova per tentare lo sgambetto sono le elezioni Regionali e la speranza inconfessabile del presidente emiliano è che per il Pd il 20 e 21 settembre siano le giornate della sconfitta. Magari anche nella Toscana rossa. Solo così la sua ricetta alternativa potrebbe trovare spazio.
In Emilia Romagna, nella narrazione del Vangelo secondo Stefano da Campogalliano, infatti non ha vinto il Pd contro i barbari leghisti, ha vinto Lui. Ha vinto Bonaccini.
'Ho vinto io'. 'Io, io, io...' Uomo solo al comando. Una vittoria declinata in prima persona singolare, l''io' che si sostuisce al 'noi' comunista, compagno, internazionale, un cambio di pronome degno della migliore tradizione berlusconiana e renziana. Un ego incontenibile che il governatore emiliano vorrebbe allargare in tutta Italia, ma per farlo la condizione imprescindibile è appunto perdere le Regionali. Solo così per Bonaccini sarebbe possibile presentarsi come il salvatore che costruisce sulle macerie, il salvatore che rifonda il Pd a sua immagine e somiglianza. Con buona pace di un dibattito interno ormai da tempo sopito.
Il Pd del resto anche nella culla emiliana e modenese ha rinunciato a ogni confronto interno, il congresso a Modena si terrà tra un anno ma nulla sembra incrinare il ruolo, pur marginale, del segretario Fava. Il Pd che anche tra Secchia e Panaro si specchia unicamente nel granitico Sistema di potere guidato dagli amministratori locali. Muzzarelli in primis.
Insomma la destra si può battere, ma non bisogna batterla stavolta. Ora la perenne campagna elettorale di Bonaccini viaggia su due binari, su un equilibrio precario: promuovere se stesso e fingere di spingere il Pd augurandosi viceversa la debacle. E allora Bonaccini, nel segreto della sua stanza, prega gli dei della politica di aprire il tempo della sconfitta, un tempo che gli consenta di entrare nell'olimpo della politica romana. Perchè il punto in fondo non è battere la destra, ma tagliare, in solitudine, il traguardo del successo.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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