E cosi Zingaretti è criticato un pò da tutti: da Orlando che parla di un partito che deve riprendere la propria identità e individuare un suo ruolo preciso, dagli esclusi dal governo Draghi come la De Micheli (che chiede allo stesso Orlandi, ora ministro, di dimettersi da vice segretario), dalla donne escluse dalle cariche di ministro, dai sottosegretari non riconfermati nel nuovo governo come Zampa, Morani, Misiani, Mauri, Martella, da chi accusa Franceschini di essere il solo beneficiario del potere governativo essendo ministro sin dai tempi del governo D'Alema.
Altri sono critici sulla conduzione della recente crisi di governo con Zingaretti tutto teso a salvare il governo Conte quando era evidente che non c'erano più le condizioni per tenerlo in vita, la tiepidezza e la mancanza di entusiasmo nel sostenere ora il governo Draghi, il sostegno ad operazioni di trasformismo politico con la ricerca di transfughi in Senato per tenere in vita lo stesso Conte.
Con una critica finale al tentativo di alleanza con Leu, partito marginale e coi 5Stelle, movimento spaccato al suo interno tra populisti, grillini qualunquisti del 'vaffa', non portatori di valori e ideali storici della sinistra e che si sono sempre opposti alle infrastrutture utili al Paese come Tav, Tap, Alta velocità e altre opere pubbliche, un movimento insomma statalista, assistenzialista, senza prospettiva internazionale e privo di senso dello Stato.
Ed è in questo quadro desolante di tutti contro tutti e di lotte correntizie che devono vedersela gli aderenti al Pd della periferia, nelle Regioni e nelle province e anche a Modena, chiamati in ogni caso e sostenere disciplinatamente, a condividere e accettare le decisioni del vertice romano. Come d'altronde hanno sempre dovuto fare.
Cesare Pradella
Nella foto il segretario del Pd modenese Davide Fava con Piero Fassino


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