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La giunta dell’Emilia-Romagna del presidente Bonaccini il 27 febbraio scorso ha deliberato il disegno di una nuova legge urbanistica regionale. Secondo l’assessore regionale Donini, che l’ha presentata, la nuova legge sarebbe fondamentale per affermare il principio del consumo di suolo a saldo zero ponendo il limite del tre per cento all’espansione dei territori urbani, promuovere la rigenerazione urbana e la riqualificazione degli edifici, semplificare il sistema di disciplina del territorio, garantire la legalità.
Proposte che però per i critici sono solamente slogan che mascherano l’obiettivo essenziale del disegno di legge, ovvero l’impianto di un regime privilegiato a favore delle iniziative immobiliari private. A dire dell'opposizione il consumo, anzi lo spreco di suolo continuerà: nessuna misura è prevista per ridimensionare le ulteriori espansioni ammesse dai piani vigenti, cioè 250 chilometri quadrati di nuovi possibili insediamenti residenziali e produttivi, sufficienti a costruire da zero due nuove città come Bologna.
Non solo l’incremento massimo del tre per cento, proclamato come drastica riduzione del territorio edificabile, sarebbe aggiuntivo, non limitativo. Alle espansioni urbanistiche che risulterebbero confermate come diritti acquisiti potrebbero essere aggiunti altri 70 chilometri quadrati, che nelle città di Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Reggio Emilia, ad esempio, comporterebbero due chilometri quadrati di ulteriori espansioni, sufficienti per altri ventimila abitanti o diecimila posti di lavoro in ognuna.
E' in questo contesto che si inserisce il percorso modenese per la definizione del Psc. Il piano regolatore comunale è fermo a quello del 1987 firmato dall'allora dirigente comunale Ezio Righi e la giunta Muzzarelli sta lavorando alla realizzazione del nuovo strumento urbanistico. Le linee guida sono state dibattute per la prima volta 10 giorni fa in Consiglio comunale. L'assessore Anna Maria Vandelli ha chiarito subito che la giunta 'Rifiuterà modelli che richiamino la decrescita, sinonimo di declino urbano, degrado, impoverimento della classe media e aumento delle disuguaglianze.
Gli obiettivi che ci poniamo di raggiungere nell’orizzonte temporale di qui al 2030, con il futuro Piano urbanistico, sono la crescita economica e delle opportunità di buon lavoro e lo sviluppo di una città sempre più attrattiva senza espansioni diffuse, ma compatta'. Non sarà insomma la Modena futura da 230mila abitanti di Daniele Sitta (+50mila abitanti rispetto ad oggi) e del pane e mattone, ma di saldo zero in piazza Grande nessuno parla più.
Giuseppe Leonelli