Al di là dell'ironia sulla veggenza davvero poco benaugurante dei leader Pd, il dato politico sotteso alla seconda affermazione è tutt'altro che faceto. Zingaretti infatti promette d'ora in poi una presenza costante in vista del voto del 26 gennaio, assicura che batterà l'Emilia Romagna palmo a palmo. Più di Salvini. Ecco. Il problema per il presidente ricandidato Stefano Bonaccini non è non credere a questo giuramento, il problema è esattamente che questo voto solenne si realizzi.
In casa Pd ancora non hanno inteso che il marchio Partito Democratico oggi, a torto o ragione non importa, non è esattamente un simbolo cattura-consensi, tutt'altro. Per intenderci: l'attrattività del simbolo Pd è paragonabile a quella di un cartello di divieto di accesso o di un cartello di pericolo caduta massi. Questo non lo ha capito il Pd, ma lo ha capito benissimo Bonaccini che di farsi ritrarre coi leader Dem nemmeno ci pensa. Tra le sue molteplici foto sui social è una rarità assoluta infatti coglierne una con Zingaretti o con il simbolo Pd alle spalle. Peggio della figurina di Cuccureddu negli album Panini degli anni 70.
Se Bonaccini ha una speranza di vincere le regionali in Emilia Romagna il 26 gennaio è tutta riposta in Bonaccini stesso, nel suo carisma e finanche nel suo look davvero poco da 'compagno', ma studiato e ricercato nei dettagli. Il Pd, coi suoi leader-non leader, con la sua retorica fuori dal mondo, con le sue alleanze sconclusionate coi grillini, meno si fa vedere in Emilia Romagna meglio è per la sinistra. Insomma, per battere Salvini Bonaccini deve fingere di non rappresentare il mondo che rappresenta. Deve riuscire a far credere che la sfida non è tra il Pd e la Lega, ma tra due persone: Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni. Come fosse l'elezione di un rappresentante di classe. Perchè se si votano i simboli, se si confrontano i leader nazionali, per il centrosinistra è finita.
Leo


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