La verità è che oggi l'antimafia sta vivendo una delle pagine più buie della sua nobile storia. Un buio che contrasta in modo paradossale coi riflettori che comunque riesce ad accendere su di sè. Perchè, a ben vedere, si tratta di luci false, comode e che non disturbano nessuno. Luci patinate fatte di intitolazioni di piazze a Falcone e Borsellino, assessorati alla legalità, protocolli e patentini. Luci che si limitano a sfiorare la superficie senza preoccuparsi delle profonde e sempre più forti radici che i sistemi mafiosi sono riusciti a piantare nel tessuto politico, economico e sociale del nostro Paese. Radici che, mentre l'antimafia era impegnata a celebrare se stessa e a emarginare ogni critica interna, purtroppo si sono legate in modo pressochè inestricabile con le radici 'sane', creando innesti sotterranei, piante ibride, immense zone grigie dove distinguere tra bene e male, tra mafia, modalità mafiose e rispetto delle regole è pressochè impossibile.
Non c'è bisogno di spostare lo sguardo ai clan che controllano i quartieri di Palermo o di Reggio Calabria, basta guardare a quello che succede nella nostra Regione e nella nostra Provincia. Anzi è necessario guardare al nostro territorio.
Ogni sei mesi nelle relazioni della Direzione investigativa antimafia viene tracciato un quadro chiaro. E' la Dia ad affermare che in Emilia Romagna la mafia si manifesta grazie a contiguità politiche ed elettorali e a una attività corruttiva sistemica che condiziona gli appalti pubblici o il rilascio di concessioni.
Ebbene, se queste non sono parole vuote, allora l'antimafia non può non denunciare quello che concretamente accade qui, in Emilia Romagna. Rispetto a questo pantano di illegalità cosa possono fare due convegni coi soliti guru dell'antimafia e due intitolazioni di piazze? Nulla, se non finire (magari inconsapevolmente) per essere funzionali alla riproduzione delle stesse logiche malate, perchè contribuiscono a rinforzare la illusione che sia presente un controllo. Che siano presenti i famosi anticorpi.
I veri martiri dell'antimafia, Paolo Borsellino i cinque agenti della scorta, uccisi e fatti a pezzi alle cinque del pomeriggio di 28 anni fa, meritano una antimafia che abbia il coraggio di guardare a testa alta le storture che piegano l'economia e la politica del nostro territorio.
Cinzia Franchini


