Nulla di nuovo sotto il sole se non fosse che tutto ciò significa strutturare e promuovere di fatto quel modello, spesso contestato dagli stessi amministratori pubblici, in cui chi paga ha servizi più veloci, anche dentro al pubblico. In base ad un legame sempre più strutturato, nel tempo, tra ente pubblico e società private. Sia in campo prettamente medico che assicurativo che quel servizio lo garantisce a pagamento attraverso l'utilizzo di professionisti assunti dal pubblico, ai quali la legge consente di operare anche in campo privato, totale o convenzionato.
Sembrerebbe andare inequivocabilmente in tale direzione l'atto formalizzato nei giorni scorsi con il quale l’Azienda USL di Modena, ha scelto di prorogare fino al 31 dicembre 2025 la convenzione con le società UniSalute S.p.A.
Del resto è sempre più facile imbattersi in professionisti che operano in campo pubblico anche con ruoli di responsabilità all'interno degli ospedali, promuovere i loro servizi e le loro prestazioni professionali in ambulatori privati ma anche, attraverso la loro convenzione con assicurazioni private, anche all'interno della stessa struttura pubblica verso gli utenti che che hanno stipulato una polizza assicurativa. La legge, del resto, lo consente, al di là degli appelli e delle raccomandazioni di massima sull'opportunità, e sulle incompatibilità.La scelta dell'Ausl permette di mantenere attivo un canale di accesso privilegiato alle cure, senza i tempi di attesa del Servizio Sanitario Nazionale, e si inserisce in un quadro più ampio in cui il settore pubblico e quello privato si intrecciano sempre di più. Non si tratta di una novità: il rapporto tra l’AUSL di Modena e UniSalute è già consolidato, rinnovato nel tempo con successivi provvedimenti. L’ultimo accordo, con scadenza a giugno 2025, è stato ora prolungato fino alla fine dell’anno per garantire la continuità delle prestazioni.
L’integrazione tra pubblico e privato si concretizza attraverso la libera professione intramoenia, ovvero la possibilità per i medici di svolgere attività privata all’interno delle strutture sanitarie pubbliche. In questo modo, gli assistiti possono ottenere visite specialistiche e ricoveri più rapidamente, rispetto ai tempi del sistema sanitario pubblico. Chiaramente per gli utenti che pagano, o direttamente l'Ausl o l'assicurazione. Per gli altri, che non pagano il plus o non hanno una assicurazione, non resta che mettersi in coda. Chissà quanto.Un sistema che reggerebbe anche sotto il profilo economico e degli introiti All'Ausl. Guardiamo i conti riportati nella delibera Ausl: la proroga della convenzione garantirà un ricavo semestrale previsto di 355.000 euro, suddiviso tra 300.000 euro per la specialistica ambulatoriale e 55.000 euro per le prestazioni ospedaliere. Contemporaneamente, è stato stimato un costo complessivo di 284.000 euro, destinato al personale sanitario che effettua le prestazioni. Tradotto, soldi all'ASL, soldi ai privati, più soldi ai professionisti pubblici. Il segno meno è in sostanza per gli utenti che non pagano.
Se da un lato questo accordo genera introiti per l’AUSL, dall’altro sottolinea una dinamica sempre più evidente nella gestione del servizio sanitario, che lo si voglia ammettere o no: l’integrazione tra il settore pubblico e quello privato sta diventando parte integrante di un sistema che di fatto privilegia il privato e i cittadini che pagano. Se da un lato il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbe garantire cure accessibili a tutti, dall’altro le istituzioni pubbliche stanno gradualmente spostando il sistema pubblico, con tanto di risorse umane dedicate, verso una dimensione sempre più privatizzata.L’attivazione di convenzioni con compagnie assicurative come UniSalute rappresenta un modello in cui il pubblico non solo affianca, ma indirettamente favorisce l’espansione della sanità privata. La libera professione intramoenia, pur garantendo il mantenimento dei servizi istituzionali, di fatto incentiva i cittadini a scegliere percorsi sanitari a pagamento per ridurre i tempi di attesa, consolidando un sistema in cui chi può permetterselo accede più rapidamente alle cure. Di fronte alla domanda dell'operatore pubblico: preferisce attendere otto mesi o tre giorni per la visita? In tre giorni, se paga, la fa, magari con lo stesso medico che ha incontrato ore prima. E se è assicurato è cliente/utente premium. Così è.Una cosa è certa: la promozione più o meno diretta di servizi privati da parte di strutture pubbliche rischia di rendere l’accesso alle cure meno equo, aumentando il divario tra chi può permettersi di pagare per prestazioni rapide e chi deve affidarsi ai tempi e alle disponibilità del sistema sanitario pubblico dove, con le agende aperte, l'attesa può essere anche di due anni'.
Gi.Ga.