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Vanna Marchi e Stefania Nobile 'processano' a Modena il sistema giudiziario e dei media

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Ospiti del Festival Giustizia Penale, Marchi ammette: 'Ho truffato ma non meritavamo 9 anni e mezzo. Se avessi ammazzato ne avrei presi sei'. La figlia: 'Condannate dai media senza potere parlare per un anno. In tribunale nessuno ha dimostrato che avevamo preso soldi'. Il consigliere comunale Moretti presente, sbotta: 'Scenetta imbarazzante. Inopportuna presenza in un appuntamento patrocinato anche dal Comune'


Vanna Marchi e Stefania Nobile 'processano' a Modena il sistema giudiziario e dei media
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Hanno ribadito quanto sulla loro condanna a 9 anni e mezzo di carcere sia pesato un vero e proprio preventivo processo mediatico che le ha dipinte come streghe e che, unito all'obbligo del silenzio imposto loro per un anno dopo l'arresto, arrivato a tre mesi dai servizi di Striscia la Notizia, avrebbe alimentato una narrazione ed un quadro accusatorio che ha portato alla condanna ad una pena maggiore a quella che, afferma Vanna Marchi, 'mi avrebbero dato se avessi ammazzato'.

Vanna Marchi e la figlia Stefania Nobile, entrambe condannate con pena scontata in carcere, si raccontano e si 'sfogano' a Modena, ospiti del Festival Giustizia Penale. Intervistate sulla loro vicenda processuale e sulla loro esperienza in carcere, dagli studenti di Elsa More, davanti ad una platea di circa 200 persone negli spazi ristretti del Caffè Concerto di Modena e ai 50 di media che seguivano la diretta da casa.

In platea non spicca nessun rappresentante delle istituzioni. Notiamo il consigliere comunale Barbara Moretti, che sbotta e se ne va: 'Una scenetta imbarazzante, assistere a questa sorta di lezione in un appuntamento che gode anche del patrocinio del Comune è deprimente e desolante'.

Per Vanna Marchi e Stefani Nobile l'invito del Festival rappresenta una occasione, per loro, per una critica a tutto tondo al sistema giudiziario, carcerario e mediatico che le avrebbe dipinte e trattate come mostri per poi mandarle dietro le sbarre. 'Per un anno dopo l'arresto, anche ai domiciliari, avevano il divieto assoluto di parlare, con chiunque. Pena, tornare in carcere anche se avessimo proferito una parola dalla finestra. Mentre fuori i media ci dipingevano come mostri' - afferma Stefania Nobile. Un trattamento pregiudiziale che secondo mamma e figlia, sarebbe continuato in tribunale.

E qui Vanna Marchi parte con un critica al giudice che l'avrebbe appunto giudicata solo per il suo 'modo di vestire bene, per il fatto di risultare antipatica'. 'Non siamo mai state ascoltate e credute nemmeno in tribunale, al contrario i giudici hanno creduto solo a chi testimoniava contro di noi senza potere dimostrare nulla. Nessuno ha dimostrato di averci dato soldi e visto che le videocassette del nostro archivio con le registrazioni erano sparite non ci è stato possibile dimostrare che nelle trasmissioni veniva specificato di non chiamare per consulti di salute'.

Critiche alle modalità del processo che si estendono poi a quella per il regime carcerario giudicato 'inumano'. Per loro e in generale. Che solo per la malattia di Stefania ha concesso a madre e figlia di stare, in un primo periodo, in cella insieme. In un carcere dove non esisterebbe igiene, 'dove per chi non ha soldi è difficile vivere, dove devi mangiare nella ciottola del cane e dove ti devi comprare il detersivo per lavarla in lavandini sporchi di tutto e dove si respira solo puzza di lacrime e sangue'. E da qui, citando alcuni esempi di mancato rispetto nei confronti della madre, critiche anche nei confronti della Polizia Penitenziaria. Che spingono l'avvocato Guido Sola, tra i fondatori del Festival, a prendere il microfono, a sottolineare e a ringraziare la Polizia Penitenziaria per il difficile lavoro svolto. 'Anche gli operatori della Polizia Penitenziaria sono dei detenuti'.



La narrazione di Vanna Marchi e Stefania Nobile continua con dei flash back, legati anche agli albori della storia che ha portato all'esplosione del fenomeno commerciale e mediatico Vanna Marchi. Condita con sprazzi di vita vissuta tra difficoltà economiche legata alla condotta - racconta la stessa Vanna Marchi - di suo marito. Una vita di difficoltà che l'ha portata a crescere due figli da sola e con un lavoro che non decollava fino all'arrivo casuale della TV. Che parte del '78 con i primi ed estemporanei exploit televisivi. In televendite che dopo vari flop funzionavano non per i prodotti ma per chi li vendeva. 'Parlavo di me e della mia vita per l'80% del tempo a disposizione e il 20% dei prodotti che venivano venduti ancora prima di parlarne'. Fino ai guadagni milionari. 'Ad un certo punto facevano tanti soldi, tanti da perdere la testa' - sottolinea Stefania che allo stesso tempo afferma: 'E da tutto quello siamo passati al niente e al carcere'. 'Sono così, sono una persona semplice, sono figlia di contadini e ho la quinta elementare' - afferma Vanna Marchi che ammette: 'Ho truffato ma non meritavo, insieme a mia figlia, una condanna a 9 anni, superiore a quella che avrei ricevuto se avessi ammazzato'.

Gi.Ga.

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 


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