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Immigrazione, Famiglia Cristiana e il 'buonismo utopico'

Immigrazione, Famiglia Cristiana e il 'buonismo utopico'

Illudere che qui ognuno troverà lavoro, casa, agiatezza per aiutare anche chi è rimasto nel proprio Paese, è una operazione pericolosissima


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Questa settimana, il periodico “Famiglia Cristiana” ha offerto in copertina l’immagine del Presepe, utilizzando una giovane coppia nigeriana con neonato. Il messaggio è chiaro. Per la Chiesa, tutti i poveri del mondo devono essere accolti dalle società più abbienti, come i pastori accolsero la Sacra Famiglia in una grotta di Bethlehem. Valutiamo questa suggestione, lasciando per un momento da parte il sogno di un mondo ideale. Hanno calcolato che circa 200 milioni di africani sono pronti a salpare verso i nostri lidi e molti di loro vedono l’Italia quale unica destinazione, poiché altri Stati, come Francia, Malta e quasi tutto il resto dell’Europa, non paiono inclini a spalancare le braccia proprie, preferendo quelle altrui.

Cosa accadrebbe se accogliessimo tutti? Molto semplicemente assisteremmo ad una sostituzione di popolo e anche cristianità e Vaticano si ritroverebbero a dover sperare di sopravvivere, poiché la maggioranza di questi emigranti sono musulmani che non hanno alcuna intenzione di convertirsi. Siamo tutti figli dello stesso Dio e la terra sulla quale viviamo non ci appartiene, non possiamo campare alcun diritto, affermano alcuni. Ma questa ipotesi mi pare eccessiva... Allora, se non è questa la soluzione, la Chiesa può dire quanti milioni di emigranti da ospitare potrebbe rappresentare un numero giusto?
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Un milione? Dieci milioni? Ok! E gli altri centonovanta milioni? Con le utopie non si va da nessuna parte e la storia insegna che si creano solo più problemi di quelli che si voleva tentare di risolvere. Il bel sogno dello scorso secolo, il “socialismo reale” dell’Unione Sovietica, non ha insegnato nulla? È il buon senso che deve gestire le difficoltà e non l’aspirazione ad un mondo che non esiste, non è mai esistito e non esisterà mai. E il buon senso dice che si può accogliere coloro che siamo in grado di aiutare, offrendo a questi sfortunati una vita dignitosa grazie alla nostra economia e alle nostre strutture sociali. Illudere che qui ognuno troverà lavoro, casa, agiatezza per aiutare anche chi è rimasto nel proprio Paese, è una operazione pericolosissima, una fandonia che può generare solo violenza, alla prova dei fatti, e di questa violenza ne abbiamo già le prime avvisaglie.

L’altro aspetto della soluzione è che si deve aiutare l’Africa e i Paesi sottosviluppati con il massimo impegno, senza egoismi di convenienza, poiché è noto a tutti che un’Africa divisa in Staterelli senza alcun peso politico, analfabeta, priva di strade, ospedali, industrie locali e strutture, è più facile da depredare.
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L’Africa deve trovare una sua prospettiva di benessere con il nostro generoso aiuto a ripagarla di quanto le abbiamo sottratto nei secoli. È questa la logica che, prima o poi, tutti dovranno accettare, compresi coloro che, animati da un “buonismo” utopico,  non fanno altro che accendere la fiamma dello scontro sociale.

Maestro Massimo Carpegna - professore di Formazione Corale, Direzione di Coro, Musica e Cinema e Psicotecnica applicata presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi
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