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Chioschi, speriamo in un giudice a Berlino

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In un colpo solo saranno distrutte dai barbari della politica di piazza Grande, capeggiati dal rosso condottiero-sindaco, Muzzarelli, due realtà storiche


Chioschi, speriamo in un giudice a Berlino
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Eravamo parte del mondo e stiamo diventando un mondo a parte. Attila, “flagellum Dei”, si è rimesso all’opera. I pali di cemento armato nel parco storico cittadino li avevano già piantati. Un magistrato, senza esercito, e con le sole tavole della legge, era riuscito a fermare l’impavido devastatore, ma un altro magistrato ha fermato lui. Non è finita. Il ricorso della Procura della Repubblica può ancora far prevalere la volontà dei cittadini di buona volontà, e decidere la demolizione delle costruzioni che gli “Unni” di piazza Grande hanno permesso di edificare nel nostro parco storico. Al posto dell’erba e dei tradizionali chioschi cresceranno dei ristoranti che, a parte l’obbrobrio estetico e paesaggistico, metteranno a rischio di sopravvivenza il lavoro dei ristoratori che hanno aperto i loro locali negli ultimi anni in via Saragozza.

Inoltre, riceverà il colpo di grazia l’antico mercato Albinelli, già mortificato da un intervento che sta per togliere il parcheggio all’ex Amcm, e dal trasferimento dei banchi del pesce per far posto a ristorantini che, ancor prima di aprire, dovranno fare i conti con un’aumentata concorrenza data dalla trasformazione di chioschi che passeranno da un’attività stagionale a una di ristorazione permanente.

L’inizio lavori, per i proprietari dei chioschi è un sogno che si avvera. Ma se per i proprietari dei chioschi l’urbanizzazione del parco, con l’avvio dei lavori è un sogno, per i cittadini modenesi è un incubo che diventa realtà. In un colpo solo saranno distrutte dai barbari della politica di piazza Grande, capeggiati dal “rosso” condottiero-sindaco, Gian Carlo Muzzarelli, due realtà storiche: il Parco e il mercato Albinelli.

Se le nuove elezioni lo manterranno al potere, nei prossimi cinque anni sarà distrutto il verde di Vaciglio con la costruzione di 550 nuovi appartamenti, e con sollazzo delle cooperative dell’edilizia, sarà solo l’inizio delle cementificazioni programmate dall’ex assessore Daniele Sitta.

Io, come tutti quelli della mia età, sono al declinare, e vado spesso al ricordo. La difesa dell’ambiente non è una questione di età ma di cultura, di rispetto storico e di valori. Il Parco delle Rimembranze è un parco tutelato. Speriamo che il ricorso della procura contro la sentenza che ha liberato dal sequestro i chioschi, imponga la demolizione di quanto hanno costruito, fregando sen del ricorso in essere. Mi chiedo, come mai tanta sicurezza? Continuano a cementificare perché contano su di una sentenza favorevole, cosa quasi impossibile, o perché contano sull’archiviazione per decorrenza dei termini? Credo alla seconda ipotesi, ma siccome anche i magistrati sono uomini, a volte s’indignano non meno di noi cittadini, e, come ha scritto Bertold Brecht, ci sarà pure un giudice a Berlino!

Quando nel 1913 furono abbattute le mura, il Comune stabilì che quel luogo diventasse pubblico: destinato a passeggiate attraverso i suoi viali, le sue piante e i suoi tappeti erbosi. Mio nonno, come quello di tanti bambini, mi portava per mano in quel verde. Mi dava un senso enorme di ampiezza e libertà. Ricordo una giostra verso la quale tiravo il nonno perché mi facesse salire su di uno dei suoi cavalli. Davanti al chiosco chiedevo con insistenza un gelato o una granatina. Mi consentiva una cosa sola: o il giro in giostra, o la granatina, o il gelato. Il solo odore che si respirava era quello del verde. Il mondo si muoveva camminando lentamente e teneva per mano i suoi figli. Noi nipotini non parlavamo al cellulare, ma con i genitori, almeno quelli che li avevano (la guerra e le avversità avevano generato un’elevata quantità di orfani.) Del collegio San Filippo Neri, allora orfanotrofio, ricordo il fumo del camino, altissimo, della manifattura tabacchi che usciva intenso e godeva libertà; e ricordo gli alberi del cortile, sui quali, non so come, riuscivo a salire. Quegli alberi, e il parco nel quale mi portava mio nonno nelle domeniche di uscita dal collegio (e che oggi non vorrei vedere offeso e snaturato), erano i pochi momenti di felicità della mia infanzia. L’idea che al posto di chioschi a inconfondibili forme circolari, i bambini di oggi troveranno delle moderne strutture in cemento armato, mi sconsola. Al posto dell’odore dell’erba i giovinetti che verranno respireranno gli odori di fritto misto e di salcicce alla brace. Cose buone in un certo contesto, ma disgustose quando ti assalgono fuori luogo. I bambini, poi, respingono gli odori forti e in particolare quelli del cibo. Vivono l’età della dolcezza: nel cibo, nell’ambiente, nei gesti, nelle attenzioni, nel bisogno di una carezza che accompagni quel gelato che gli è stato regalato nel rasserenante verde di un parco che trasmette pace e tranquillità, e in un ambiente d’armonia che non può essere quello di un parco trasformato da autogrill.

Più passa il tempo più mi convinco che i colpevoli degli errori di tanti giovani siamo noi. Una delle cause che accompagnano determinate mancanze di sensibilità, o certi aspetti del carattere che nella fase dello sviluppo si manifestano nei bambini e negli adolescenti rendendoli a volte insofferenti, è da cercare proprio nell’ambiente e nelle abitudini di vita imposte dai grandi. Abitudini che fanno i conti con adulti dall’insaziabile bisogno di denaro. Il prevalere degli affari è arrivato a sostituire il verde dei parchi con il cemento armato: la leggerezza e il profumo dei fiori, con forti odori di cucine che, all’aria aperta e in un parco, ne fanno delle cucine militari da campo che ne snaturano la dolcezza degli odori e dei suoni. Le musiche che nei parchi, per tradizione, fanno la felicità dei bambini, saranno diverse e sostituite da quelle assordanti e ripetitive del rock e del metal che trasmettono le attività commerciali.

I grandi artisti del passato spariranno e per le nuove generazioni diventeranno dei personaggi incomprensibili. I filosofi saranno quelli che scrivono canzoni per band; la poesia sarà quella recitata da giovani rap alla moda; e la pittura troverà espressione in istallazioni di ripugnante carne squartata, così come scrisse estasiata Angela Vettese, che il Comune di Modena aveva nominato direttrice della Galleria d’arte comunale. In seguito la Vettese trovò, sempre per volontà del Comune, degno sostituto in Marco Pierini, che, con l’esposizione del membro di Jonn Lennon in voluttuoso amplesso con la moglie Yoko Ono, ha equiparato il valore artistico delle mostre modenesi, e quello dei parchi, ai membri della politica comunale.

Adriano Primo Baldi


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 


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