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Referendum renziano, ciaone

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Il Pd e l'astensione a intermittenza. Fa ridere


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La premessa è d’obbligo: del referendum di dicembre sulla riforma istituzionale oggi frega niente a nessuno. L’interesse è inversamente proporzionale alla sua importanza. I più non sanno neppure cosa sia e, anche lo sapessero, sono talmente disgustati dalla politica da preferire il non sapere nulla e, piuttosto, rimbambirsi il cervello per 15 ore di fila con le repliche di «Affari tuoi». Che prima o poi i pensieri così svaniscono. Devono farlo! Del resto si sta male anche con Insinna.

Fatto questo dovuto - filosofico - preambolo ci si può distrarre per qualche ora a valutare le posizioni del Pd modenese sull’affascinante tema del referendum istituzionale. Così, come si discute per ore delle chance di salvezza del Modena calcio o delle gesta sportiva del Modena Volley e della sua attuale questua. Si parla per far arrivare sera. Bene. E allora, entrando nel merito - perchè bisogna sforzarsi di farlo, se no il gioco non regge - viene da ridere. Sinceramente.

Fa ridere un Pd modenese che manda un comunicato entusiasta dove si annuncia che tutto il partito si mobiliterà per il «Sì» al referendum, quando in realtà alla Direzione l’odg ha ottenuto una trentina di voti (su 140), con la gente (deputati e senatori) che scappavano dall’aula fingendo di volta in volta impegni istituzionali, malesseri improvvisi o comunioni serali di nipoti.
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Ma di questo i «democratici » (democratici?) mica danno conto. Sia mai. Fa ridere che a mobilitarsi per il «sì» sia il segretario provinciale Lucia Bursi che - per obbedire al suo «giovanotto» mentore Vaccari - si scopre renzianissima. E pronta a fare il porta a porta, a targare le feste dell’Unità con ‘Yes’ rosso fuoco, per convincere i dem a votare «sì» nel plebiscito di re-Matteo. La stessa Bursi che sciolse la segreteria quando la richettina Ludovica Carla Ferrari qualche mese fa presentò un odg troppo renziano e «non condiviso».

Fa ridere. A crepapelle proprio. Fa ridere che oggi a spendersi per il «sì» e per la partecipazione al referendum-plebiscito (così lo ha voluto Renzi) siano Bonaccini e Calvano, quelli che al referendum sulle trivelle invitarono la gente a non votare. A non votare! Incredibile a ripensarci. Come al referendum sul referendum sull’ospedale di Mirandola. Maino Benatti: «Non votate»... Boh.

Perchè ai referendum è legittimo non votare. Certo. Ma a dicembre il quorum non c’è e quindi cambia tutto. Tutti alle urne, che al mare in autunno c’è freddo.
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Astensione a intermittenza. Fa ridere. Fa ridere che quelli che vorrebbero dire «no» al referendum, la sinistra Pd, Trande, Guerra e compagnia cantante, non lo dicano apertamente. Perchè vogliono stare «dentro» (come ha fatto per anni Civati) e «non vogliono strappare». E allora escono dall’aula al momento del voto fingendo malori improvvisi. Sperando che Renzi venga ucciso (politicamente si intende) dalle amministrative di Roma e Milano e non ci sia neppure bisogno del referendum-plebiscito. Dimenticando che la «morte» di Renzi significherebbe anche la morte del segretario del loro partito. Ma sì, che muoia Sansone... e in fretta. Coerentemente incoerenti. Ciaone. Fa ridere.

E le parole di metà maggio 2016 hanno trovato conferma nella debacle renziana del dicembre. Al referendum alla fine andarono a votare il 65% degli italiani. E punirono chi a maggio disse loro di astenersi.

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Direttore responsabile della Pressa.it.
Nato a Pavullo nel 1980, ha collaborato alla Gazzetta di Modena e lavorato al Resto del Carlino nelle redazioni di Modena e Rimini. E' stato vicedirettore...   

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