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In gramaglie e malconci ci ha trovati il centenario del 2015 dall’entrata in guerra dell’Italia. Modena vi è arrivata con i due più importanti monumenti dedicati alla memoria e testimonianza dell’immane tragedia che sconvolse l‘Europa e buona parte del resto del mondo, (decretando la fine di un’epoca quello della Belle Époque) feriti. Il primo il Tempio Monumentale ai Caduti di Piazzale Natale Bruni toccato con le porte chiuse per inagibilità causa il terremoto del 2012, l’altro, il Parco delle Rimembranze, abbandonato alle malerbe e strapazzato anch’esso, purtroppo dalla mano di chi è demandato a tutelarlo. Il Parco - dedicato alla memoria dei caduti modenesi è di fatto un Sacrario vivente – sottoposto però agli arresti domiciliari, non di certo perché la sua vegetazione tentava di evadere e occupare abusivamente spazi oltre i confini del parco, ma anche perchè suo malgrado inadatto a ricevere ospiti per la faccenduola dei chioschi.
Vicenda per ora chiusa lo scorso giugno con il dissequestro del cantiere mattonifero e l’assoluzione degli imputati.
Il Parco dedicato alla memoria di chi ha sacrificato la vita per la Patria, bistrattato non solo da una operazione prettamente commerciale (che mai e poi mai dato il luogo e del suo intrinseco significato doveva veder la luce, e comunque con ben altre sembianze !) è incompatibile sotto molti aspetti e la sentenza della giudice Malvasi lo ricorda, e ne indica anche la soluzione: riqualificare certo ma tenendo conto dei vincoli culturali e storici, meno chioschi e più leggeri data la dimensione dell’area e da realizzare con materiali meno impattanti e in sintonia con la zona verde. Non sono poi mancate patetiche sequel di chiacchere sino ad un salire in cattedra e fare la morale all’indomani del sorprendente giudizio.
Sconosciuto deve essere il consiglio di « Ricordarsi ogni tanto di vergognarsi» , dal galateo di monsignor Giovanni Della Casa.
Cosa fatta capo ha, recita un famoso detto.
Ecco, punto e a capo, quel che è fatto è fatto, ora si ricomincia. Si dovrebbe ricominciare facendo tesoro degli avvenimenti del recentissimo passato e tenendo ben presente che il parco da recuperare, non è un parco qualunque, ma è un luogo storico dedicato alla memoria di 960 giovani, e furono proprio dei giovanissimi ad onorare i primi che non fecero ritorno alla fine del primo conflitto mondiale, a piantumarlo con così tanti alberi. Il progetto ne prevedeva uno per ogni caduto, ma ne furono messi a dimora poco più di seicento. Lo scopo e il principio ispiratore fu quello di realizzare un “ monumento, o sacrario vivente “, non in pietra o bronzo, del quale ci si ricorda solo in occasione degli anniversari e immutabile nel tempo, ma qualcosa che la sola natura avrebbe modellato e mutato nel tempo con l’avvicendarsi delle stagioni ed un luogo dove far confluire ricordo e natura assumendo così di fatto nuova vita e valore comunitario.
Il tempo stringe, non c’è un minuto da perdere, occorre far presto e bene, il 2018 è qui dietro l’angolo e farsi trovare ancora in braghe di tela non è proprio il caso. La celebrazione della fine della Prima Guerra mondiale non sarà confinata soltanto lungo l’asse della via Emilia, e numerosissime saranno le iniziative nazionali, europee, mondiali.
Agevoliamo anche per questa ricorrenza dei progetti in cooperazione per valorizzare al meglio le molteplici iniziative, che senz’altro saranno realizzate anche per questo importante avvenimento. In quella data finì un mondo: imperi millenari si dissolsero (russo, tedesco, austriaco e ottomano), nuovi confini furono tracciati, la guerra pose termine al ‘secolo breve’ a quella stagione straordinaria di progresso e prosperità , che influenzò ogni cosa, la società, il mondo del lavoro, la politica, la cultura, l’economia, la ricerca scientifica e le comunicazioni. Purtroppo si preparò anche terreno fertile per il secondo immane conflitto.
Quanti mirabili, intelligenti e performativi progetti si possono già iniziare a delineare e creare ? Con enti pubblici e privati, con i nostri istituti storici e culturali, con delle partnership o gemellaggi nazionali. Uno, ad esempio potrebbe essere quello di realizzare una mappa da collocare nel ’Parco – Monumento’ che riportasse unitamente alla legenda delle specie arboree anche il nome del fratello, figlio modenese cui sono dedicate. Da sola la stele di bronzo collocata nel 2001, assieme al grande masso del Montegrappa, uno dei fronti bellici, evidentemente non bastano a rammentarcelo. Tra l’altro sia l’immagine che la scritta a tergo, sono alquanto sbiadite e illeggibili.
Ma in primis, sarebbe auspicabile salutare il centenario del 4 novembre 2018 con tutto in ordine. Speriamo che il già annunciato cantiere per i lavori di ripristino per il Tempio Monumentale ( la cui costruzione venne finanziata con una sottoscrizione pubblica promossa all’indomani della Grande Guerra dall’arcivescovo mons. Natale Bruni ed inaugurato alla presenza di Vittorio Emanuele III) sia concluso e quindi restituito alla città in tutta la sua magnificenza riaprendo la sua porta.
Ed infine sarebbe necessario predisporre un vero piano di tutela e manutenzione straordinaria per il Parco storico dedicato alla memoria dei nostri caduti, sfrondando gli orrori cementizi che son corpi troppo avulsi al luogo. La sentenza assolutoria con il dissequestro del cantiere è una imperdibile opportunità da cogliere al volo per ripensare al parco e alla sua nuova nascita, e la linea guida, l’asse portante della sua riqualificazione deve essere incentrato simbolicamente da quello che esso rappresenta. Eseguiamo la rimonda (non solo quella del secco) estirpiamo le malerbe, curiamo maggiormente e regolarmente il patrimonio arboreo e arbustivo.
Noi e loro si è in attesa della rinascita del Parco delle Rimembranze: una ulteriore ignavia ed interventi sbagliati sarebbe una ulteriore delusione che nessuno potrà perdonare.
Franca Giordano