Un mazzo di chiavi in vetro richiama simbolicamente una casa a Gaza dove l’artista non è potuto tornare e che ora non esiste più. Una clessidra adagiata, dove la sabbia non scorre, rappresenta il tempo cristallizzato in una fragile attesa. Nelle immagini di altre chiavi, centinaia di fotografie accompagnate da brevi descrizioni, riecheggia la memoria di altrettante case abbandonate a causa dei bombardamenti. Mentre un’altra serie di fotografie presenta, con un effetto straniante, ruderi di case con il linguaggio tipico degli annunci immobiliari. E l’attualità irrompe anche in un recente dipinto che evoca, fuori fuoco, le immagini della popolazione sradicata dall’esercito israeliano. Sono alcune delle opere con le quali Taysir Batniji, uno dei più significativi artisti della diaspora palestinese, affronta con immagini poetiche il tema dell’esilio e il dramma che sta vivendo un intero popolo nella mostra “Abitare il tempo” che si inaugura a Modena venerdì 21 novembre, alle 18, alla Palazzina dei Giardini ducali.Organizzata da Fondazione Ago, a cura di Daniele De Luigi, la mostra propone una riflessione dove l’attualità si intreccia con le memorie personali e familiari di un artista originario di Gaza che da anni vive in Francia ma resta profondamente legato alla terra di origine da cui, però, è tenuto lontano da anni.
“Abitare il tempo – spiega Daniele De Luigi – è la risposta dell’artista all’impossibilità di abitare lo spazio. E le opere proposte in questa prima retrospettiva in un’istituzione italiana ben rappresentano il tema dell’esilio e del ritorno, della memoria, dei diritti, l’identità negata. Batniji aspira a una dimensione artistica universale, ma resta inseparabile dalla storia palestinese, sebbene vista attraverso uno sguardo intimo e personale; si confronta con la violenza, con il genocidio e con l’orrore senza rappresentarli in modo esplicito, ma evocandoli”.Tra fotografie, video, disegni, pitture, sculture e installazioni, il percorso dell’allestimento si sviluppa con opere “venate di un senso di impermanenza e fragilità, che esplorano il confine tra visibile e invisibile, materiale e immateriale, presenza e assenza” offrendo un punto di vista poetico, pur se spesso venato di amara ironia, sulla realtà.“Le nozioni di vuoto, assenza e sradicamento - racconta Taysir Batniji - ricorrono nel mio lavoro. Mi concentro in particolare sulla rappresentazione della scomparsa: la scomparsa degli esseri e il degrado delle forme di rappresentazione, esse stesse destinate a scomparire”L’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, per esempio, che sancisce la libertà di viaggiare, di scegliere il luogo in cui vivere, la possibilità
di lasciare e ritornare nel proprio Paese, nell’opera “Non di solo pane vive l’uomo” sembra impressa nella pietra, ma in realtà si tratta di saponette di Marsiglia e quelle parole sono destinate a sciogliersi. Proprio come ci si può lavare le mani di quei diritti.Il tema dell’esilio torna anche nell’opera senza titolo con una valigia piena di sabbia che richiama i versi del poeta palestinese Mahmoud Darwish: “La mia patria, una valigia / La mia valigia, la mia patria”; così come fa da sfondo al video “Home Away From Home - The Journey”, il progetto realizzato in California dove l’artista ha incontrato i parenti emigrati negli Stati Uniti.La mostra si può visitare fino al 15 febbraio dal mercoledì al venerdì dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 19; al sabato, alla domenica e nei festivi dalle 11 alle 19. Ingresso 10 euro (ridotto 5 euro), con agevolazione per i residenti in provincia di Modena (7 euro). Ingresso libero per tutti ogni prima domenica del mese; per i residenti anche ogni mercoledì. Al sabato, alle 17, visite guidate su prenotazione, senza costi aggiuntivi. La prima, quella di sabato 22 novembre, è condotta dall’artista e dal curatore.
In programma anche diversi laboratori e appuntamenti culturali: www.agomodena.it.Già giovedì 20 novembre, alle 18.30, è in programma una presentazione della mostra, con artista e curatore, allo Spazio Labo’ di Bologna (strada Maggiore 29) in occasione della mostra ‘Om/Mother di Barbara Debeuckelaere con le donne di otto famiglie palestinesi di Tel Rumeida.
L’artista
Nato a Gaza nel 1966, pochi mesi prima dell’invasione israeliana dei Territori palestinesi, Taysir Batniji ha studiato arte all'Università Al-Najah di Nablus, in Palestina, e dal 1994 all’Accademia di Belle Arti di Bourges, in Francia, dove gli era stata assegnata una borsa di studio e dove si è diplomato nel 1997. Per anni ha vissuto e lavorato tra la Francia e la Palestina, fino a quando il blocco dei confini della Striscia di Gaza da parte di Israele ha reso quasi impossibile il ritorno nella sua terra d’origine, lasciandolo in una condizione di esilio reso ancora più drammatico dagli eventi in corso.Attivo nella scena artistica palestinese dagli anni Novanta, Batniji dal 2002 ha moltiplicato la sua partecipazione a mostre, biennali e residenze in Europa e nel mondo. Tra i musei che hanno esposto il suo lavoro, ricordiamo: Centre Pompidou e Jeu de Paume, Parigi; Aperture, New York;Martin-Gropius-Bau, Berlino; Kunsthalle, Vienna; Witte de With, Rotterdam; Victoria & Albert Museum, Londra; Biennale di Venezia; Biennale di Berlino. Mostre personali lo hanno visto protagonista ai Rencontres d'Arles, al MAC VAL di Vitry-sur Seine e al Mathaf di Doha. Ha ricevuto nel 2012 l'Abraaj Group Art Prize e nel 2017 il programma di residenza “Immersion”, sostenuto da Hermès Foundation, in collaborazione con Aperture Foundation. Le sue opere sono presenti in diverse prestigiose collezioni, tra cui: Centre Pompidou; FNAC; MAC VAL; V&A; Imperial War Museum, London; Queensland Art Gallery Brisbane; Zayed National Museum, Abu Dhabi; Mathaf, Doha.