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Per il secondo titolo in cartellone al Teatro Comunale “Pavarotti”, la scelta è caduta sulla “Tosca” di Giacomo Puccini, una delle opere più celebri e rappresentate del Maestro.
È bene sapere che, con Manon Lescaut e Bohème, Puccini era ormai diventato un compositore di fama internazionale, ma con la Tosca piovvero le critiche velenose di autorevoli musicologi ed altri artisti che con lui si sentivano in competizione.
Per Arnold Schoenberg, l’inventore della dodecafonia, un compositore non doveva abbassarsi a blandire il pubblico con scene come quella della tortura. Adorno, filosofo e musicologo tedesco, affermò l’esistenza di una musica che si poneva autonomamente come creazione superiore, non volgare, prodotto fruibile da pochi eletti, contrapposta ad una musica plebea. Partendo da questo assunto, Adorno descrive Puccini, con le sue “sdolcinature stucchevoli”, proprio come uno dei più grandi banalizzatori della musica nell’epoca della cultura di massa, abile mistificatore di passioncelle piccolo-borghesi attraenti solo per una plebe incolta.
Puccini si fece un lungo viaggio in treno da Milano a Firenze per assistere alla prima italiana del Pierrot Lunaire di Schoenberg e questo fu il suo commento: «Sono contento di toccare con mano, anzi con le orecchie, i fatti come si presentano: mi pare che siamo lontani da una realizzazione artistica, come lo è Marte dalla Terra!». Quindi Schoenberg e i suoi sostenitori erano per il Maestro dei personaggi ben lontani dal suo concetto di musica. Quello che componevano e celebravano era altro.
Pessimo anche il giudizio di Mahler, presente alla prima della Tosca, a suo avviso solo colma di chiese, di preti e di campane. Il sinfonista tedesco amava più Leoncavallo e Giordano, che il genio di Torre del Lago.
Anche i quotidiani non plaudirono completamente alla nuova opera. Così scrive Colombani sul Corriere della Sera: “Gli avvenimenti si succedono quasi tumultuosamente e la musica non può concedersi indugi.
Puccini rimane sempre elegante; e questo è veramente singolare in questa Tosca che per l’azione potrebbe suggerire le più riprovevoli volgarità. Con tutta la deferenza per il grande drammaturgo francese, io vorrei affermare che il suo lavoro fu migliorato prima dall’Illica e dal Giacosa, che ne affinarono i principali elementi, poi da Puccini che con una tavolozza delicata e aristocratica ne nobilitò la rappresentazione. Ma, per quanto abilmente mascherato, il difetto originale del dramma a tinte troppo forti e povero di ogni elemento psicologico, rimane visibile ostacolo ad una libera estrinsecazione della fantasia musicale di Giacomo Puccini. E questo è forse il punto debole della sua Tosca. Si trova certamente nello spartito, e non poteva supporsi diversamente, più espressione drammatica che consistenza musicale, ma lo spettacolo è senza dubbio interessante e congegnato per piacere”.
Ecco il cast proposto dal Teatro “Pavarotti” venerdì alle 20, domenica alle 15.30 e martedì 29 ottobre alle 20:
Floria Tosca, celebre cantante, Ainhoa Arteta
Mario Cavaradossi, Luciano Ganci
Il Barone Scarpia, Dario Solari
Cesare Angelotti, Giovanni Battista Parodi
Il Sagrestano, Valentino Salvini
Spoletta, Raffaele Feo
Sciarrone, Stefano Marchisio
Un Carceriere, Simone Tansini
Direttore, Matteo Beltrami Regia, Joseph Franconi Lee da un’idea di Alberto Fassini Scene e costumi, William Orlandi Luci, Roberto Venturi riprese da Caroline Vandamme Maestro del Coro, Stefano Colò Maestro delle Voci bianche, Paolo Gattolin
A sabato per la recensione.
Massimo Carpegna