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Un trio da immortalare, da ricordare o da dimenticare. Il CPM trio: Casadei, Pappalardo Muzzarelli. Capaci di uno spettacolo unico, surreale. In piazza Roma, a Modena, per la festa di capodanno. Che sarebbe stata tale anche solo parlando, magari stando fermi, senza cantare. Che quella è un altra cosa. Il CPM trio, sul palco di piazza Roma. CPM, come Casadei (Mirko), Pappalardo (Adriano, il cantante), e Muzzarelli (Giancarlo, il sindaco). Tali da fare rimpiangere tutto ciò che stato prima, negli anni passati, senza andare al Ligabue di Piazza Grande, ma fermandosi anche a meno, molto meno. Comunque sempre di più, di più di ciò che indefinito e senza senso abbiamo visto, specchiarsi in quella piazza, e cozzare con quello splendore che è l'accademia. La CPM, appunto.
Casadei, come band di Casadei, a Modena sul palco del capodanno, come una cover band in parte di Casadei ed in parte di artisti e band nazional popolari, dai Ricchi e Poveri a Lorella Cuccarini. Ricordata a fatica dal palco anche nei movimenti, oltre che nella musica (che non sarebbe un problema). Tale comunque da fare rimpiangere, in quel fritto misto senza sapore né di carne né di pesce, quel sano liscio di cui Raul era maestro e che il figlio Mirco accenna e alterna a tratti, riaccendendo su quel palco, più malinconia che allegria. Perché almeno quello, piacesse o meno, era originale, autentico.
Poi c'è la P, di Pappalardo. Ritornato alla ribalta, soprattutto alle nuove generazioni, grazie all'Isola dei famosi, e grazie a quel sistema creato e guidato delle grandi case di produzione che Pappalardo decide però di criticare, con rabbia, denunciando e condannando (nello specifico del duo Costanzo-Filippi), da quel palco che dovrebbe essere di una festa pubblica e non di sfogatoio privato.
Anche contro Sanremo, contro i giovani raccomandati dei talent, contro il sistema. Ostentando frustrazione come forza, rabbia come talento, urla come capacità vocale, parole volgari come un essere fuori dagli schemi. Voto 4, se ha un senso dare voti, ma in questo caso ci sta. Proprio per come ha utilizzato Modena.
Poi c'è il sindaco, Muzzarelli da Fanano, avvolto in un piumino giallo quasi a confermare una continua, affannosa, travagliata e comunque mai naturale ricerca di segni distintivi di Modena che dura da tempo. Con tanto di colori, evocativa nelle forme e nei tratti di una modenesità che non ha mai avuto, come la residenza, ma che a differenza della residenza, non si acquisisce. E non si può indossare se non la si ha sulla pelle. Soprattutto a furia di slogan e frasi fatte. Che a suon di ripetere come un mantra, sembrano surreali perfino a lui: Modena, paura, forza, cuore comunità. Muzzarelli le ripete, ormai da due mesi, in un loop che pare automatico, qualsiasi sia il contesto o qualunque sia la domanda. O comunque sia. 'Modena che fa comunità, per una comunità più forte che ha Modena nel cuore, e capace di guardare al futuro con spirito di comunità e senza paura'. Il giro, anche se ripetuto in forma inversa, è quello.
E allora viene in mente che la paura che da un anno a questa parte Muzzarelli continua ad evocare può essere anche per ciò che si è visto ieri sera in piazza Roma, per l'indefinito che rappresenta e che rischia di esprimere in futuro. Perché inadeguato a rappresentare Modena e lo spirito che la anima. Uno spirito che pur con buona volontà e sforzo, non si può né acquisire né esprimere e tantomeno avere la presunzione di rappresentare ed ostentare come personale cifra politica.
Gi.Ga.