Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
A un mese dal voto per la Regione Emilia Romagna di metà novembre, emerge chiaramente in controluce la strategia 'di lungo periodo' dei vertici regionali di Fdi sul territorio modenese che ha portato, come punto finale, la candidatura di Annalisa Arletti alle Regionali, su cui ora l'intero partito, su diktat del senatore (e marito della Arletti) Michele Barcaiuolo, è chiamato a lavorare pancia a terra. Circolo per circolo, manifesto elettorale su manifesto elettorale.
Un disegno che può essere riassunto in cinque step.
Primo step: candidare sindaco a Carpi la stessa Arletti con l'evidente obiettivo di offrirle visibilità in vista delle Regionali. Al di là delle dichiarazioni di facciata, nessun autentico desiderio di strappare il Comune al Pd, ma una semplice strategia di allargamento del consenso sul futuro candidato di punta.
Secondo step: evitare a Modena la candidatura (nonostante la positiva e apprezzata esperienza di 5 anni in piazza Grande) del consigliere uscente Elisa Rossini. La Rossini, in quanto donna, avrebbe potuto adombrare infatti la stessa Arletti. Anche in questo caso, al di là della retorica, il Comune era dato per perso dall'inizio e nemmeno si è provato a infastidire il Sistema di potere Pd.
Terzo step: puntare su un candidato sindaco a Modena (Luca Negrini) col quale vi era un patto di non candidatura alle Regionali. Sfruttare dunque l'entusiasmo sincero, coinvolgente e appassionato di Negrini per evitare la creazione di un possibile pericoloso 'personaggio' in vista del voto in Emilia Romagna.
Quarto step: limitare l'ascesa della parlamentare Daniela Dondi, unica vera avversaria interna in grado di incidere sulle candidature alle Regionali. In questo caso il modo è stato quello di candidarla in Consiglio comunale facendo sì che Ferdinando Pulitanò duplicasse le preferenze da lei intercettate. Per far questo sono state inviate migliaia di lettere ai cittadini con precisa indicazione di voto per Pulitanò, con buona pace anche del consigliere uscente Rossini, la quale a giochi fatti è comunque rimasta nel partito insieme a Negrini, evitando a Barcaiuolo il problema di una rottura interna. Pulitanò a cui è stata promessa poi una candidatura alle Regionali (cosa avvenuta) purchè in ticket e, ovviamente in subordine, alla Arletti stessa.
Quinto step: lasciare gli unici due possibili Comuni vincenti alla Lega per evitare di dare visibilità a uomini e donne meloniane. Così, al di là della melina, si è lasciato Mirandola alla Budri (con spaccatura drastica del partito e addio degli storici militanti) e Sassuolo a Menani (con conseguente dissidi col consigliere Lucenti).
E' evidente, in base a questo quadro, come la candidatura della moglie del senatore Barcaiuolo alle Regionali non sia affatto un fatto 'marginale' o legato a dinamiche personali in fondo irrilevanti, ma sia stato il perno della intera strategia di Fdi (partito traino del centrodestra al quale spettava dare le carte) alle ultime elezioni Comunali.
Una strategia che, per il bene comune, avrebbe dovuto avere come obiettivo la sincera ricerca di un progetto alternativo a 80 anni di monocolore Pd, ma che è stata viceversa piegata per altri fini. Una responsabilità politica che è impossibile - non per fattori personali, ma per puri fattori politici - tacere.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>