Riduzione del potenziale danno al quale questa mattina si è aggiunto il naturale abbassamento dell'acqua che proprio in queste ore sta liberando i campi circostanti, facendo tirare, momentaneamente, un sospiro di sollievo. Momentaneamente. Anche perché, dopo l'ultimo episodio, il timore di andare sott'acqua ormai ad ogni pioggia è sempre più diffuso. Unito alla rabbia per i grandi progetti che ancora attendono da anni una realizzazione che non avviene (e non parte neppure), nonostante l'elaborazione già esecutiva e pronta per dare il via agli affidamenti e ai cantieri.
Un progetto presentato come esecutivo già nel 2019 da Aipo. Poi ritirato, rimpallato tra enti e arrivato da almeno due anni sui tavoli e nelle competenze del Consorzio di bonifica di Burana, ente che negli ultimi anni si è distinto per efficienza e contributo con i suoi importanti mezzi idrovori in occasione anche delle recenti alluvioni, ma che nel caso del progetto del grande sollevatore, sembrerebbe scontrarsi con un problema legato a vincoli della Sovrintendenza.Ma questa ultima emergenza sembra avere evidenziato elementi particolari a livello di casse di espansione dei Prati di San Clemente, che solo dopo anni di lavori sono arrivate alla conclusione di una prima fase. Ma che in questa emergenza, forse anche a causa dell'aumento della quantità d'acqua trasportata dal canale Minutara, direttamente collegato a nord di Modena ai Prati di San Clemente (il cui sovraccarico su Modena ha portato agli allagamenti della notte tra sabato e domenica a Modena Est), il sistema sembra essere andato in sofferenza e abbia esaurito in breve la sua capacità.
Un sistema delicato, quello legato al reticolo dei canali modenesi collegati al Naviglio, che di fronte a precipitazioni intense, pur non eccezionali, rischia di andare in crisi sempre più spesso, ma sul quale pesano i ritardi storici di grandi progetti non realizzati. Dal sollevatore di Bomporto, appunto, per il bacino del Naviglio, fino a quelli più generali sul nodo idraulico modenese, per il potenziamento delle casse di espansione del fiume Secchia, il cui progetto è tornato alla ribalta soltanto a seguito dell'attenzione portata dal taglio di un bosco nel bacino in linea della cassa, preliminare all'avvio di lavori che attendono da più di dieci anni. Così come quelli funzionali al funzionamento della importante cassa di espansione del fiume Panaro dove anche l'iter di collaudo si è fermato da due anni alla prima delle tre fasi previste. Gianni Galeotti