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Caffè del Teatro di Carpi, ecco perchè non basta abbassare il canone

Caffè del Teatro di Carpi, ecco perchè non basta abbassare il canone

E se anche stavolta andrà deserto, vorrà dire che il problema non era il prezzo, ma la mancanza di una visione


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Speravamo che in Comune, dopo il clamoroso flop del bando di luglio per il Caffè del Teatro, avessero imparato la lezione. Perché se una gara così attesa e simbolica per Carpi è andata deserta, non si può liquidare la faccenda dando la colpa agli operatori sfiduciati o a un mercato difficile. Se nessuno ha partecipato, il problema era il bando. Punto. Ma l’hanno imparata? Crediamo di no. Di fatto quello che cambia è solo il canone. Prima era fissato a 21.800 euro all’anno più IVA, adesso si dimezza a 12.250. Una cifra che può sembrare molto appetibile per un locale così in Piazza Martiri, visti gli affitti che corrono. Per gli uffici guidati da Riccardo Righi, il sindaco che aveva promesso la riapertura entro fine anno, deve essere solo questo l’aspetto chiave.
 

Conta poco invece il ribasso sul volume d’affari a 250.000 euro. E sulle cauzioni, poche migliaia di euro. La barriera vera non è qui. Mentre il resto resta immutato: apertura obbligatoria almeno sei giorni a settimana, compresa la domenica; locale sempre aperto durante gli spettacoli teatrali, da mezz’ora prima a mezz’ora dopo; arredi e illuminazione a carico del concessionario, da realizzare in coerenza con il progetto già approvato; progetti di dehor e finiture da sottoporre al vaglio della Soprintendenza, con prescrizioni perfino sui materiali e sulla loro reazione al fuoco.
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Tutto legittimo, certo. Ma il rischio resta interamente in capo al gestore.
 

E viene da chiedersi: perché il Comune, in tutti questi anni di chiusura, non si è almeno adoperato per progettare un dehors gradito alla Soprintendenza? Ancora meglio se in poche varianti già autorizzate, così da offrire al mercato un pacchetto completo e non una rogna inestricabile. Perché chi entra, dovendo attendere i tempi della Soprintendenza, dopo quanto potrà ragionevolmente essere operativo anche all’esterno? A questo si aggiunge un altro fattore: in una piazza spesso semideserta e malfrequentata, specie dopo certi orari, investire tempo e risorse per tenere vivo un locale diventa ancora più complesso. Non basta abbassare il canone: serve creare le condizioni perché la piazza sia davvero vissuta.
 

E allora la domanda è semplice: basterà il taglio del canone per rendere il bando appetibile? Ci sarà qualcuno disposto a vedere nel Caffè del Teatro non solo una sfida imprenditoriale rischiosa, ma anche un investimento simbolico, un modo per legare il proprio nome a un luogo iconico della città? Se sì, bene. Altrimenti, nemmeno con il canone ribassato si riuscirà a trovare un gestore.
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La risposta arriverà a metà ottobre. E se anche stavolta andrà deserto, vorrà dire che il problema non era il prezzo, ma la mancanza di una visione.
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Dietro allo pseudonimo Magath un noto personaggio modenese che racconterà una Modena senza filtri. La responsabilità di quanto pubblicato da Magath ricade solo sul direttore della testata.  Ci sono...   

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