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La quercia secolare, patriarca del giardino pubblico bisognoso di cure

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Occorre e con urgenza operare con interventi di cura mirati, per consentirmi di mantenere per molto tempo ancora un adeguato grado della mia vitalità...


La quercia secolare, patriarca del giardino pubblico bisognoso di cure
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Mi presento sono una vetusta pianta di quercia, il mio nome botanico è Quercus robur, ho la fortuna di abitare in un bel giardino di antica foggia, era ai tempi dei fasti estensi, il giardino ducale. Con la fine dei vari reami italici, e parliamo di 150 anni e più orsono, a seguito di diversi passaggi la mia dimora diventa proprietà della municipalità modenese.

Ma a parte le vicende storiche sulle quali farò pochi cenni, non è di questo che desidero parlare, l’argomento che mi sta a cuore, mi correggo, essendo una pianta arborea, la questione per me è midollare. Sono molto preoccupata per il mio stato di salute generale, sia per quanto riguarda l’aspetto fitosanitario che meccanico. Da giovane piantula, mi sono sviluppata molto bene, ho raggiunto una dimensione di tutto rispetto per la mia specie, svetto dai miei 25 mt di altezza, e ho un giro vita non proprio da indossatrice, infatti, sono extralarge, ho un vitino che misura appena 540 cm.

La mia importanza non è solo quantificabile per la notevole grandezza e per l’età, bensì lo é in quanto testimone e memoria dal punto di vista storico, e fulcro centrale come pianta ornamentale dell’intero giardino pubblico, eredità estense, di fatto, il primo parco storico della città. Prima di passare alla questione principale, che leggerete poche righe più avanti, ne spendo alcune anche per l’intero parco. Purtroppo la manutenzione del giardino lascia alquanto a desiderare. Non può essere trattata alla stregua di un parco qualsiasi. Il luogo è un “bene” talmente intriso di storia, anche artistica e culturale che andrebbe trattato con i guanti bianchi. In primo luogo dai frequentatori, in alcuni purtroppo abbonda l’inciviltà. La sua origine è legata alle vicende del duca Cesare che nel 1598 con la perdita di Ferrara si trasferisce a Modena assurta a capitale del ducato.

Nei secoli l’impianto del giardino subisce varie trasformazioni.

L’attuale disegno del giardino risale all’intervento voluto dal duca Francesco IV nel 1857, il giardino formale viene trasformato in “paesaggistico” o “all’inglese”. I parterre vengono ridisegnati e fungono da collegamento con corso Canal Grande e la Palazzina seicentesca del Vigarani, la restante area viene organizzata con boschetti in forma libera percorsi da vialetti sinuosi,abbellito da un laghetto “naturaliforme”. Un parco storico, diventa un monumento, certo vegetale, e come un antico palazzo necessita di cure continue, costanti e di stampo conservativo, effettuato da personale specializzato, qualificato. La sua manutenzione non può essere di certo limitata allo sfalcio periodico dei prati, operata tra l’altro con delle macchine tagliaerba talmente grandi, eccessive per rasare le piccole parcelle prative del parco. Sicuramente tali mezzi sono l’ideale per ben altre dimensioni, come i verdi campi da golf, per le vaste aree del Parco Ferrari e dell’Amendola e alla cura di quelle bordure colorate dei parterre, per molti mesi all’anno spente e disadorne, lontanamente e vagamente somiglianti alle famose border mix di fama inglese. Alcuni tratti dei viali in ghiaetto ne sono privi a tal punto che è visibile il sottofondo sterrato, fatto sta che diventano dei pantani causa le piogge. Il mio habitus ha perso negli ultimi anni molte presenze arboree, da risultare non solo molto spoglio, ma anche desolante alla vista. Una ripiantumazione sarebbe non solo necessaria ma anche molto gradita. L’intero giardino è spesso teatro di sporche azioni, alcune neglette, ultimamente qualche artistoide sicuramente incompreso dalla critica d’arte si è divertito in una forma di street art, scritte variopinte ricoprono interamente il muro delle scuderie, quell’angolo ad ovest confinante con l’ingresso dell’Orto Botanico. L’intera cancellata del giardino è mangiata dalla ruggine, una mano di vernice non gli farebbe torto.

Sento rimbalzare tra le mie fronde la voce che molti luoghi cittadini sono interessati a progetti di riqualificazione, termine ultimamente molto gettonato e utilizzato anche spesso e volentieri in modo improprio, riqualificare: ovvero aggiornamento, riconversione. Nel caso del giardino pubblico ex ducale, e primo parco storico della città, (il secondo è il Parco delle Rimembranze molto più bistrattato), la parola adatta, giusta è: restauro. L’ultimo intervento di restauro fu commissionato dall’amministrazione comunale negli anni ’70 del Novecento agli architetti modenesi Cesare Leonardi e Franca Stagi, che ripristinarono quasi integralmente il disegno dei parterre ottocenteschi.

La condizione complessiva del giardino suggerisce che bisogna metterci mano con un intervento serio di carattere restaurativo.

Sarà che dalla mia dimora quercina ne ho viste tante nel corso della mia lunga esistenza, ogni stagione ha contribuito al mio accrescimento fino a farmi diventare l’esemplare monumentale che rappresento. Ma sento il peso e i numerosi segni, che mi hanno lasciato tutte le stagioni che ho visto alternarsi dall’alba delle mie primissime ghiande. Arrivata e avviata verso la maturità, che per un albero è inadeguata definirla vecchiaia, il termine specifico è senescenza, mostro con evidenza tutti gli acciacchi dovuti all’età. Sono affetta da una patologia vegetale comunemente chiamata carie del legno, che va a braccetto con una infezione da funghi non commestibili, di fatti sul mio corpo, più precisamente sulle mie ramificazioni principali del castello sono presenti evidenti carpofori, appartenenti al genere Polyporus spp. Come se ciò non bastasse, sono pure infastidita da una nutrita colonia di coleotteri saproxilitici, appartenenti al genere Cerambix spp. Questi i diversi ospiti e parassiti che banchettano impunemente a mie spese.

Inoltre, è presente sul mio fusto lato sud una vistosa depressione dovuta ad atrofia cambiale. Il cambio è il tessuto legnoso.

Con l’avanzare degli anni, è fisiologico perdere qualche pezzo, come andare a rilento e offrire sempre meno resistenza alle avversità di qualsiasi natura. Per farla breve, un insieme di problematiche di questo tipo, sono sintomi importanti di uno stato di decadimento significativo, che richiedono analisi specifiche e approfondite, e che sarebbero da fare al più presto.

Infatti, per prevenire qualche frattura, che dico rottura di qualche ramo accidentale (questi sono assicurati da tiranti) della mia folta chioma e conseguente caduta diciamo per una sventagliata intemperante causata dal clima impazzito, la qual cosa potrebbe diventare un serio pericolo per chi si aggira nei miei pressi, affondo le radici nel giardino pubblico, quindi frequentato da grandi e piccini, da poco sono circondata da una siepina di piracanta, con l’obbligo di non oltrepassarla.

Una minima misura a difesa e incolumità per i frequentatori del giardino, rispettando il divieto di non passeggiare sotto le mie fronde, se mi si rompe un pezzo, precipitando a terra non ferisce nessuno.

Dal modesto intervento ne ricevo un piccolissimo giovamento, il minor calpestio del terreno lo rende meno compatto e le mie stanche radici ringraziano. Necessito peró, a parer mio, di ben altre soluzioni di cura ed interventi specifici.

Non basta quindi l’adozione di questa piccola misura e precauzione, più a beneficio delle persone che per me, matura querciona. Non modifica minimamente la mia cartella clinica. Non allontana lo spauracchio che mi tormenta, come quello di schiantarmi improvvisamente a terra, e l’area di caduta potrebbe anche interessare Corso Cavour, per un carico di neve o per uno stravento, se improvvisamente si verificasse un cedimento meccanico - strutturale, le cronache dell’anno scorso hanno registrato diversi crolli improvvisi in città, alcuni esemplari di Platani si sono abbattuti su delle automobili parcheggiate nelle vicinanze.

L’altra mia enorme paura, è quella di euguagliare la fine velocissima del mio amico olmo campestre. Il portentoso e magnifico esemplare di Ulmus carpinifolia, era il secondo soggetto ornamentale di elevata importanza del giardino pubblico. Improvvisamente pochi anni fa in piena stagione vegetativa ha iniziato a manifestare un seccume apicale, che si è velocissimamente diffuso su ogni suo organo, dava l’impressione di essere avvinto da una grande fiammata,pochi mesi di agonia e poi la fine ingloriosa, a pochi metri dal mio tronco era visibile fino all’altro ieri in quanto rimosso quel che di esso rimaneva, il ceppo.

Oltre che con una cara amica che si farà interprete e renderà note queste mie inquietudini, le mie riflessioni le posso solo affidare alla brezza che a sua volta le diffonderà di foglia in foglia. Dopo un'attenta autoanalisi, questa mia amica ed io, dopo aver valutato ben bene le diverse problematiche che mi affliggono, abbiamo convenuto che occorre e con urgenza operare con interventi di cura mirati, per consentirmi di mantenere per molto tempo ancora un adeguato grado della mia vitalità e nello stesso tempo migliorare e garantire il margine di sicurezza di tutti.

Trenta e più anni fa, se la memoria non mi inganna, ebbi necessità di un intervento di dendrochirugia e un'équipe di tecnici esperti mi liberarono di tutte le parti malate e aggredite sempre dalla malefica carie del legno, alleggerendo di un bel po’ il frondoso e pesante castello. Da allora sfoggio “le bretelle”, i tiranti leganti per i miei rami.

Di seguito ci sentiamo di proporre alcuni suggerimenti non di certo esaustivi sulle pratiche arboriculturali e agronomiche, (forse già predisposti dagli uffici competenti in materia) che se adottate e realizzate nei tempi più adatti, da un team di tecnici qualificati e specializzati per questo tipo di interventi, potrebbero dare buoni risultati. Le operazioni sono da realizzare secondo le norme tecniche dettate dalle linee guide per la cura e tutela e la salvaguardia degli alberi Monumentali della Regione Emilia e Romagna, di fatti in concerto con l’Istituto dei Beni Artistici Culturali e Naturali (IBACN) e il Servizio Fitosanitraio Regionale coordina le attività inerenti la gestione del vincolo monumentale e finanzia gli interventi conservativi e di salvaguardia, dall’Associazione Direttori e Tecnici Giardini Pubblici, dall’Associazione Italiana di Arboricultura, oltre alle misure e standart di qualità di numerose società e associazioni di settore internazionali , sicuramente potranno alleviare e non poco i molteplici malanni che accuso:

- Interventi di potatura in chioma con l’ausilio di esperti in tree-climbing finalizzata alla riduzione di peso che grava sulla struttura statica, così da ridurre le torsioni in caso di forti venti, ciò sarà anche favorente l’emissione di nuovi germogli ;

- Irrorazioni fitosanitari in chioma da farsi nelle ore serali dopo il tramonto per evitare possibili ustioni, per contrastare sia l’azione dei vari patogeni , una distribuizione di sostanze biologiche ad assorbimento fogliare avrebbe duplice effetto: l’aumento dei sistemi di autodifesa e stimolazione alla crescita di nuovi germogli;

- Valutazione della stabilità fitopatologica - strutturale ,tramite il sistema periziale a cascata VTA ( Visual Tree Assessment ), e con metodologia TMS (valutazione dinamica della stabilità degli alberi );

- Interventi di rivitalizzazione dell’apparato radicale,attraverso un adeguato trattamento al terreno inoculando sostanze microbiologiche. L’azione è volta a favorire la ricolonizzazione e lo sviluppo di micorrizie radicali che permettono un maggiore assorbimento degli elementi nutritivi e la produzione di nuovi tessuti legnosi di sostegno per il fusto.

Franca Giordano per la Quercus robur del Giardino pubblico


Redazione Pressa
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