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Il mese di Ottobre è stato piuttosto caldo alle nostre latitudini, sia per le temperature climatiche registrate, ma anche per alcune esibizioni muscolari e per il clima politico … piuttosto scottante sull’Affair del Sant’Agostino…. che ha visto un crescendo di diversi passaggi molto, molto significativi anche del consiglio comunale sul progetto del Polo:
La conferenza dei servizi durata oltre un anno, che ha lungamente esaminato l’iter del procedimento unico semplificato che racchiude le istruttorie urbanistiche, edilizie, architettoniche, per il piano di riqualificazione urbano dell’ex complesso Ospedaliero del S.Agostino, che ha visto riuniti decine di enti, oltre ai partner storici della partita, che nei propositi doveva approvare tutto, a sorpresa nella seduta dell’11 ottobre si è deciso di chiuderla approvando “l’Accordo di programma” con una modifica di ratifica dello stesso attraverso un nuovo pronunciamento del consiglio comunale.
Il ravvedimento operoso della Magrini. Una “modifica sostanziale” all’Accordo di programma a seguito della richiesta del Segretariato regionale del MIBAC retto dalla dott.ssa Magrini, in pratica è avvenuto che : ha revocato l’assenso dato in precedenza al previsto sviluppo conclusivo del procedimento in conferenza di servizi. Espunto così dall’iter istruttorio unico semplificato, quella specifica parte inerente i profili autorizzativi del progetto edilizio architettonico. Che sarà esaminato con l’iter ordinario, essendo la sezione di esclusiva pertinenza valutativa della Commissione regionale per il patrimonio e della Soprintendenza. Gli uffici periferici del MIBAC hanno così recuperato piena autonomia decisionale (sia per quanto riguarda le previste demolizioni, e relative autorizzazioni), che può risolversi persino, in ipotesi, verso pure la bocciatura secca del progetto. Schivato così il serio rischio degli uffici periferici del ministero di trovarsi in minoranza, visto che il loro potere decisionale poteva essere equiparato a quello della Provincia e Comune in virtù della applicazione della nuova e scellerata disciplina della conferenza di servizi (con l’adozione del principio di maggioranza).
Un riconoscimento tardivo questo della Magrini, ma salutare e che sposta indietro le lancette dell’orologio. Ha rimediato comunque sul filo di lana, diremmo “all’incauto acquisto” firmando …. il trappolone del Comune, nella sostanza del documento della “Proposta dell ‘accordo di programma”, del 28 giugno scorso. Perché se non fosse ancora chiaro, firmando così in anticipo quel documento aveva dato il nulla osta alla variante urbanistica e al PRU di fatto avvallando il progetto edilizio architettonico. Perché è il ‘progetto’ che determina la variante urbanistica e non il contrario. Venendo meno al momento della sottoscrizione al parere verbalizzato sia della stessa commissione regionale che dell’ex titolare della Soprintendenza dott.Malnati, che si era ben guardato dal farlo, la prima non aveva approvato le demolizioni, e neppure la seconda che non si era ancora espressa sul progetto.
Che il dietro front e la conseguente mossa forse prendono il via anche dai rilievi puntuali avanzati da Italia Nostra, contenuti nel documento delle controdeduzioni alle ‘Osservazioni’ respinte dalla Conferenza dei servizi perché ‘non di merito’ deliberato dal consiglio comunale lo scorso 4 ottobre, che segnalava appunto l’errato e pregiudiziale passaggio, dove il primo cittadino si è largamente profuso con parole incommentabili cercando di mettere in cattiva luce la benemerita e il suo Presidente.
Con un dissappunto per nulla dissumulato dell’assessora Vandelli ,anzi con palese irritazione per il cambio di rotta, da dichiarare lo scorso 25 ottobre in consiglio comunale durante l’esame della delibera che gli uffici della Soprintendenza : « Hanno contribuito poco o nulla , e si sono presentati qui senza fare i compiti. Un danno alla città e al privato;è inadempimento contrattuale ».
Immediata la replica dell’ex Soprintendente dott.Malnati. «Ricordo all’assessora Vandelli – che come è noto la Soprintendenza ha espresso ampio e motivato parere sul progetto – chiedendo nel corso del tempo una serie di approfondimenti di natura archeologica e analisi stratigrafiche sulle strutture ottocentesche, su parti architettoniche di edifici di cui veniva chiesta la demolizione. Chiamando in campo per ulteriori approfondimenti anche i comitati tecnici congiunti di Roma, i massimi organi tecnici del ministero». E comunque la Soprintendenza ha fatto la sua istruttoria sul progetto che prevede ampie demolizioni e ricostruzioni, più la copertura ‘removibile’ del Gran cortile, presentata alla competente commissione regionale ministeriale, che ha dato il via libera per la demolizione delle superfettazioni, dovrà decidere ora sulla Sala Celtica settecentesca. Non ci sono contratti a cui adempiere, c’è un Accordo di programma, un tipo di accordo politico firmato dall’ex ministro Franceschini e dall’ex segretario generale Antonia Pasqua Recchia. E la Soprintendenza e la Direzione generale archeologica belle arti e paesaggio non furono coinvolte. L’attuale soprintendente dott.ssa Cristina Ambrosini si comporterà nel modo che ritene più opportuno, seguendo la legge e non per rispettare fantasiosi contratti».
Con toni più morbidi e con la marcia indietro l’assessora ha controreplicato «le intese fra istituzioni della Repubblica,come l’accordo procedimentale, dovrebbero essere rispettati da tutti, come anche collaborare fra istituti pubblici per realizzarli , così come le norme che regolano l’attività della conferenza dei servizi dovrebbero valere per tutti». E qua l’assessora è un tantino fuori strada, non confondiamo il ” collaborare” fra istituti pubblici che non è mai venuto meno, con la prerogativa ‘decisionale‘ dettata dal Codice dei beni culturali.
Tutto o quasi pur di fare strike. In pratica che succede con questo passaggio dal procedimento unico e semplicato all’iter ordinario definito ‘fallimentare’ da un consigliere durante l’illustrazione in commissione di questa delibera? Lo scopo era portare a casa il pacchetto intero, capre e cavoli: la variante e l’ok al progetto di ristrutturazione edilizia. L’unico punto segnato è l’approvazione della variante da parte del consiglio comunale.
Per il resto siamo alla constatazione di un insuccesso clamoroso, alla continua perdita di tempo, e son trascorsi già oltre dieci anni e nessuna delle varie scorciatoie imboccate dal primo protocollo firmato dall’ex Sindaco Pighi e dall’ex ministro della cultura Rutelli hanno portato sinora all’avvio del progetto del Sant’Agostino.
Ma il diavolo ci ha messo la coda, l’accordo di programma registra alla fine della fiera un nulla di fatto. Mancano le autorizzazioni a demolire. Quelle inerenti all’ex Istituto Pediatrico e la parte di pertinenza dell’Istituto Clinico Dermo – Sifilipatico. «La Commissione regionale al patrimonio culturale, ha comunicato i motivi del diniego alle autorizzazioni alle demolizioni, perché “porterebbe alla perdita delle linee essenziali della facies ottocentesca” del complesso ospedaliero. Concordi al parere della commisione regionale anche i comitati tecnici–scientifici del Ministero, che invitano a “rimodulare adeguando” il progetto architettonico “visto la riduzione del perimetro”».
Si riparte, senza l’ultimo miglio utile per raggiungere l’obiettivo agognato, si prosegue con l’iter ordinario, dato che mancano quelle ultime autorizzazioni da parte della Sopritendenza. Ma il progetto può anche essere bocciato totalmente oppure in parte. È un gran brutto pasticcio questo progetto e nonostante la correzione suggerita, rimangano immutati tanti vizi e illegittimità che sembrano popolare vistosamente molti atti dell’Affair del Sant’Agostino. Come quel famoso tratteggio rosso comparso posteriormente all’interno di una deliberazione che pare aggirasse il Piano Strutturale Comunale tuttora vigente e oggetto di un esposto del M5S presso la Procura della Repubblica di Modena. Sarebbe interessante sapere che fine ha fatto.
Il progetto definito strategico e di valenza nazionale e internazionale, quindi ben oltre l’orizzonte della Piazza Grande , non è esonerato dal primo imperativo, che è imperativo di cultura,del rispetto della legalità.
I ritardi sul progetto non sono da imputare alla Soprintendenza, e neppure agli ispettori ministeriali, sono da imputare esclusivamente all’Amministrazione e alla Fondazione cassa che hanno cercato tutte le scorciatoie possibili per realizzare un progetto che è ormai del tutto anacronistico,con un complesso ma “semplificato” procedimento, adeguando le norme vigenti, che ha già subito al 100x100 la scure del TAR, e nella più nefasta delle ipotesi, di un nuovo ricorso al TAR verrebbe sicuramente rispedito al mittente.
L’audizione congiunta sul progetto culturale del Sant’Agostino. Venerdì 19 ottobre in un’aula consiliare pressochè deserta, a parte il numeroso pubblico, soprattutto di adetti ai lavori, si è tenuta la seconda commissione delle audizioni per il progetto del S.Agostino. Un parterre tutto al femminile, invitate la direttrice Bagnoli delle Gallerie Estensi, la prof.ssa Corradini per l’UNIMORE, Rossella Ruggeri in rappresentanza degli Amici del S.Agostino (ASA). E poi in tutta la sua poco celata altezzosità la Baldon direttrice della Fondazione MAV. Collegato in remoto dalla Gran Bretagna doveva esserci il prof.Jeffry Schnapp, l’esperto inglese delle supergettonate Digital Humanities, ma alle numerose chiamate non ha risposto.
La prima a prendere la parola è stata la dott.ssa Ruggeri degli ASA,che ha letto una lunga nota incentrata su tre punti. Il primo punto inerente alla Biblioteca Estense, a quella parte di fondi librari specifici o “moderna”,che forse andrà al S.Agostino, e su questo aspetto la direttrice ha puntualizzato dicendo che ancora non si è deciso che cosa va dall’altra parte. La Biblioteca muterà pelle e assumerà nuove funzioni, come si legge nel secondo documento del progetto del Polo culturale, e offrirà una pluralità di servizi in sostanza simili a quelli erogati dalla Delfini e dalla Biblioteca Poletti, con delle incursioni e contaminazione nell’arte contemporanea. Interessante come idea progettuale, non nuova purtroppo, perché tale offerta culturale in città è già presente, poi per realizzarla occorrono nuove figure, spazi diversi e soprattutto una nuova collezione libraria, e ingenti investimenti da parte del Ministero, che su questo versante pare proprio non sentirci. Alla domanda specifica di un consigliere sullo status quo della carenza del personale, la Bagnoli ha così risposto: “ Starei in campagna come i polli se mi fossi basata sullo status quo, invece nella mia vita ho fatto tante cose”.
E strada facendo ad esempio c’è anche l’apertura dell’info point nel Palazzo dei Musei, un doppio servizio informativo in barba ai propositi di collaborazione, del fare rete tra i vari attori del polo culturale,in funzione anche del contenimento dei costi di gestione dei servizi basici comuni. La Bagnoli pare non aver gradito le osservazioni sul punto, e ha cercato di smontare le motivazioni puntuali sulla duplicazione dei servizi bibliotecari,ha ribattuto leggendo un piccolo testo sulla mission, del museo diffuso tra Modena e Ferrara e della biblioteca, sul ruolo favorente la socializazzione come aggregante per l’inclusione, come luogo democratico per eccellenza “Il luogo della memoria e identitario di una comunità”, che forse la Bagnoli si è un poco confusa con le caratteristiche precipue dei nostri Musei Civici? Ha continuato dicendo che la Biblioteca sarà un luogo sempre più aperto e frequentato della città, come al tempo del duca, financo la Bibbia di Borso era visibile nel gabinetto. Non risulta nelle cronache cittadine che la Biblioteca degli Este allora nel Palazzo ducale,fosse liberamente e democraticamente accessibile a tutti i sudditi di ogni ordine e grado. Poi ha snoccialato dei dati inerenti i visitatori, numeri in crescita esponenziale della biblioteca con l’ausilio di alcune slides e un bel grafico. Che sono molto , ma molto inverosimili per una biblioteca storica per specialisti e studiosi. Comunque sorvolando sulle incredibili ipotesi,per usare un eufemismo, c’è una conferma, leggendo tra le righe dell’intervento della Bagnoli, è acclarato che la Biblioteca Estense non sarà divisa , e rimane tutta nel Palazzo dei Musei. Avrà degli spazi al S.Agostino, nella fattispecie di magazzini climatizzati, e allora tanto vale ricavarli nel contiguo ex ospedale Estense. Questa modifica è riportata in calce nell’Accordo di programma, appena siglato in data 11 ottobre 2018.
Un’ulteriore conferma che il ministero ha cambiato idea sulla biblioteca, arriva dal Bando FEM , il Progetto “Future Education Modena”, emanato dalla Fondazione Cassa, gli spazi piu prestigiosi dell’ex Ospedale Sant’Agostino, cioè le cosiddette “Tenaglie”, non sono più assegnati a una indistinta sezione della Biblioteca Estense , ma ai laboratori e alle attività volte allo sviluppo di servizi educativi innovativi nel contesto del Polo Culturale Sant’Agostino - Estense. Stando così le cose, è del tutto superato oltre che azzerato il progetto Gae Aulenti. Occorre prenderne atto, soprattutto da quest’amministrazione che continua a sventolare la foglia di fico dell’Aulenti, usata come scusa per realizzare quasi tal quale lo stesso progetto edilizio cassato dal TAR nel 2015. Errare è umano ma perseverare è diabolico.
Il secondo punto della nota degli ASA ha puntato il dito sull’anima del S.Agostino,la Fondazione Mav e della conclamata assenza del Comune, che si è limitato ad ‘affidare’ con la confluenza privatistica i suoi istituti all’ente bancario. La Baldon ha liquidato le critiche sullo stallo che avvolge il MAV, costituito dalla Galleria Civica, dal Museo della Figurina e dalla Fondazione Fotografia, spiegando che lei è arrivata a decisioni già prese, con tre istituti da mettere a sistema, con il “personale prestato”. Almeno il Presidente Lugli in tutta onestà non ha nascosto i problemi in seno all’ente, parlando di una “falsa partenza”. Inoltre la Baldon nel suo intervento ha delineato un quadro generale sullo stato dell’arte degli istituti ex ante poco verosimile. Alla sua chiosa con …..”abbiamo superato la prima fase di start up…” dove in poco tempo ho dovuto fare molto. Cioè individuare delle mostre appetibili già realizzate altrove e riproporle a Modena. Come se l’ente che ha in mano fosse una assoluta novità nato dal niente, preoccupante come tesi e perfettamente in linea con una delle sue prime dichiarazioni fresca di nomina; “ Mi stimolava l’idea di iniziare un progetto che cresce dal nulla”. Le parole hanno peso e significato, e il passato glorioso cinquantennale della Galleria Civica non è certamente un “nulla”. È il passato, la base fondante ed essenziale per progettare il futuro.
Che ruolo avrà l’Università nel progetto? Alla luce anche del protocollo d‘intesa siglato il 24 luglio fra l’Unimore e le Gallerie Estensi e la Fondazione cassa per il progetto delle Digital Humaniteis? Sul tema nulla si è sentito, di fatto si è evinto dalla lunga illustrazione della prof.ssa Corradini che la connessione universitaria nel polo e con i vari istituti, che ne faranno parte è al momento solo fisica, è data dalla presenza del Teatro e dei Musei anatomici, di nuovo fruibili dopo il recente restauro. Dai quali si dipanerà un percorso museale legato alle scienze e alla medicina. Inoltre si è instaurato un asse tra i due istituti statali, dal quale sembrano esclusi gli istituti civici, tra l’altro soci del doppio progetto. Anche l’Università avrà i suoi servizi, il bookshop, uno spazio adibito a biblioteca e sala lettura. Si riprone un condominio pure nell’ex ospedale S.Agostino.
Preoccupano molto due aspetti cruciali, molto critici di questo progetto che tarda a concretarsi. Uno è il doppio ruolo definito assente del Comune, non c’è sul piano progettuale, e non c’è sul piano della governance. Lo attesta la catastrofe della Fondazione Mav. Che stia facendo tutto la Fondazione è un dato di fatto, perfino il “consiglio d’indirizzo” si riunisce periodicamente presso la sede in via Emilia centro. Anche la mancata convocazione da parte del consiglio comunale all’audizione dei referenti degli istituti civici è un’ulteriore conferma della evidente subordinazione del comune rispetto alla Fondazione CRMO. Eppure sono primi attori in questo progetto come le gallerie Estensi.
E sulla futura governance? Che deve essere necessariamente in mano pubblica? Pare proprio che le redini le tirerà un “soggetto di servizio”, privato o semiprivato come prospettato dal manager Paolo Verri,audito nella prima commissione lo scorso 12 ottobre “che armonizzerà esperienze diverse sulla base dei contributi dei singoli enti,raccoglie fondi, predispone infrastrutture materiali e immateriali”. Visione non condivisa dal suo collega nell’Advisory board, il prof.Carlo Altini,che ha ribadito più volte che “ la visione generale del percorso deve essere nelle mani delle istituzioni”. Solo in questo modo ,evidentemente potranno essere garantiti la gestione e il controllo democratico sull’intero progetto.
Il manager chiamato dalla Fondazione cassa, è un esperto in marketing culturale, un valente cuciniere di format modulari a tempo determinato. Ha una lunga esperienza come ideatore e promoter di eventi/format a scadenza, ha mosso i primi passi con il Salone del libro ,poi nell’EXPO 2015, attualmente è impegnato nella Fondazione Matera capitale della cultura Europea 2019, non si discute sulla professionalità del manager della Fizcarraldo. Ma c’è da chiedersi se davvero è questa la tipologia professionale ,per svolgere quel ruolo primario affidato al Verri come “operativo” dalla Fondazione cassa. Siamo sicuri che il manager scelto sia il più adatto per le aspettative riposte nel progetto culturale del Sant’Agostino. Il S.Agostino non è un progetto che andrà in scena per una sola stagione, e neppure per un solo anno, è un progetto che coinvolge istituti culturali che non sono delle start up, è un progetto da 120 milioni di euro dichiarati, definito strategico per il futuro della città e per la sua comunità per molti e molti anni a venire.
E’ del tutto evidente che l’ente pubblico non ha un ruolo di primo piano , e pare non avverta neppure la necessità di esercitare pienamente quel diritto/dovere che discende dall’investitura democratica del mandato elettorale. Al rilievo sul governo l’ineguagliabile assessore alla cultura Cavazza ha risposto con una delle sue battute ..” che lui personalmente e il pubblico hanno i muscoli ancora tonici”.
La logica e una buona amministrazione dovrebbe vederla in primo piano sulla progettazione culturale, mentre si assiste all’abdicazione delle sue prerogative e specifiche funzioni a un soggetto privato. I propri istituti sono da sostenere e valorizzare,mentre è in atto un progressivo abbandono. L’amministrazione si è già liberata della Civica e del Museo della Figurina , con l’operazione privatistica della Fondazione Modena Arti Visive, all’orizzonte si sta prefigurando lo stesso con i Musei Civici. Timore palpabile ed evidente negli sguardi attenti di alcuni dei valenti professionisti dei nostri istituti culturali presenti all’audizione della Bagnoli e della Baldon, che non è passato inosservato. L’amministrazione non può assolutamente barattare, questo è il sentore (tirando le somme dopo le novità delle ultime settimane) il futuro delle politiche culturali e il governo del futuro polo dai tanti importanti significati impliciti, sul piano culturale,dalla crescita sociale, alla ricaduta economica, con un’operazione dal sapore di un …. ‘giroconto’. Alla privata fondazione che ci mette tutto, edifici e soldi e logicamente ambisce alla gestione del polo e alla policy culturale, il mattone come da contratto appaltato, e duro a morire … per una politica che si serve della cultura e non per una politica per la cultura.
Franca Giordano