'Ha ragione il direttore generale Altini: oggi assistiamo a un eccesso di richieste di visite ed esami spesso inappropriate. In sanità è appropriato “ciò che serve, quando serve, come serve”, secondo le migliori evidenze scientifiche. Anche la denuncia del presidente De Pascale va nella stessa direzione: una parte consistente della domanda “a bassa complessità” proveniente da fuori regione è sospetta di inappropriatezza e rischia di gravare sul nostro sistema, già sotto pressione. Ma la scelta dell’Ausl di Modena — incentivare economicamente la riduzione delle prescrizioni per le visite con liste d’attesa più lunghe — appare rischiosa: può spostare l’attenzione dai bisogni clinici ai 'percentili', indebolendo l’obiettivo dell’appropriatezza'. Così Paolo Trande, consigliere regionale AVS Emilia-Romagna e Martino Abrate, consigliere comunale Avs Modena intervenendo sulla
delibera firmata dal direttore Ausl Altini. 'Le cause dell’aumento della domanda sono molteplici: invecchiamento della popolazione, innovazione tecnologica, medicina difensiva, ma anche una crescente deriva di “consumismo sanitario”. A fronte di un’offerta stabile o in calo, per carenza di risorse e personale, diventa indispensabile ridurre la domanda inappropriata — non solo per contenere la spesa, ma per abbattere i tempi d’attesa che spingono sempre più cittadini verso il privato.
Crescono infatti la spesa “out of pocket”, le rinunce alle cure e i profitti di strutture private, assicurazioni e libera professione. È un processo di privatizzazione, neanche più strisciante, che mina i principi di universalità ed equità del nostro Servizio sanitario. Agire per ridurre la domanda inappropriata significa, al contrario, difendere la sanità pubblica. La questione è come farlo. La scelta dell’Ausl di Modena — incentivare economicamente la riduzione delle prescrizioni per le visite con liste d’attesa più lunghe — appare rischiosa: può spostare l’attenzione dai bisogni clinici ai 'percentili', indebolendo l’obiettivo dell’appropriatezza. Non è, come sostiene Forza Italia, un problema di medici di medicina generale disposti a “rompere” l’alleanza terapeutica per un incentivo: anche solo ipotizzarlo è offensivo per i medici di medicina generale'. 'Esiste una via più solida e sostenibile, già sperimentata con successo in passato: il confronto clinico e scientifico multidisciplinare per definire linee guida e protocolli condivisi, adattati localmente alle esigenze territoriali. Medici di medicina generale, specialisti, tecnici e infermieri possono individuare, insieme e alla pari, le prestazioni dove la domanda è eccessiva o sospetta di inappropriatezza. Accanto a eventuali limitazioni concordate secondo criteri clinici, una parte degli slot liberati potrebbe essere destinata a corsie brevi, preferenziali per le urgenze reali.
Questo approccio richiede più tempo, ma costruisce fiducia e qualità: in questo contesto nulla vieta che la premialità venga legata agli obiettivi di appropriatezza clinica raggiunti collettivamente, non a comportamenti individuali. Solo attraverso il confronto e la condivisione di criteri clinici possiamo ridurre la domanda inappropriata, mettere al centro i bisogni dei pazienti e difendere il carattere universale del nostro Servizio sanitario regionale'.