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Said è un semilibero, esce al mattino e torna nel primo pomeriggio. È detenuto al carcere di Sant’Anna da cinque anni e denuncia il sovraffollamento che c’è. Ma Said è uno dei “fortunati”, perché è uno dei pochi (una trentina in tutto) che ha la possibilità di lavorare fuori, in una cooperativa: “un’esperienza che – afferma – mi ha cambiato la vita”.
Con un permesso speciale ha potuto prolungare il suo tempo fuori dal carcere e ha portato la propria testimonianza in occasione della seduta del Consiglio comunale di lunedì 11 novembre, dedicata alla Casa Circondariale di Modena Sant’Anna.
Ad aprire i lavori è stato il presidente del Consiglio Antonio Carpentieri, che ha introdotto gli interventi del sindaco Massimo Mezzetti, del direttore della Casa circondariale di Modena Orazio Sorrentini, di padre Giuliano Stenico, della garante comunale dei diritti delle persone private della libertà personale Giovanna Laura De Fazio e, appunto, di un detenuto.
Presenti alla seduta diverse autorità civili e militari. Sul tema è stata discussa anche una mozione presentata da Pd, Alleanza Verdi-Sinistra, Spazio Democratico, Movimento 5 stelle, Modena Civica, Pri-Azione-Sl, Forza Italia.
Il presidente Carpentieri ha ricordato il percorso intrapreso dall’Assemblea che ha visto la visita dei consiglieri alla Casa Circondariale, una prima commissione di approfondimento e la seduta consiliare. In particolare, Carpentieri ha evidenziato l’importanza dell’umanizzazione del carcere, non solo come questione etica ma anche di giustizia, sicurezza sociale e civiltà. Il presidente ha quindi sottolineato che, come organo che rappresenta la città, il Consiglio deve lavorare affinché le strutture penitenziarie possano fornire ai detenuti strumenti concreti di riscatto e reinserimento, mentre chi ci lavora deve essere messo nelle condizioni di svolgere il proprio compito con serenità e professionalità.
Il sindaco Massimo Mezzetti, che a sua volta si è recato in visita al carcere nei giorni scorsi, ha ricordato la rivolta che scoppiò nel marzo 2020 e ha richiamato il costante problema del sovraffollamento carcerario a Modena e in Italia, con 550 detenuti a fronte dei 372 posti presenti al Sant’Anna. Il sindaco ha quindi sottolineato che il carcere in Italia non sta funzionando, che produce recidiva e non garantisce i diritti sia dei detenuti sia di coloro che vi lavorano, e la giustizia si deve basare su una pena certa e sul diritto a un corretto reinserimento nella società. Ha quindi auspicato che dal Consiglio si levi una voce di richiesta di certezza della pena e di maggiori risorse per consentire che le pene tendano davvero alla rieducazione del condannato, come stabilisce l’articolo 27 della Costituzione.
Il direttore della Casa circondariale Sorrentini ha evidenziato la difficoltà di dirigere un carcere “ancor più quando è afflitto da varie carenze e quanto più c’è sovraffollamento; un problema comune a quasi tutte le carceri italiane. Il carcere di Modena – ha proseguito – ha 34-35 anni e, dei due padiglioni, quello vecchio ne dimostra anche di più, in quanto presenta difetti strutturali legati alla sua vetustà: la decisione di destinare risorse al carcere è una scelta politica che va fatta ai più alti livelli”. Sorrentini ha inoltre sottolineato che il recupero e il reinserimento di un detenuto non dovrebbe essere un tema divisivo, che occorre creare più opportunità per i detenuti e che “il principio cardine per il recupero è quello della individualizzazione del trattamento”.
Per Padre Giuliano Stenico “un carcere punitivo non è civile né umano, risponde a logiche di vendetta contraddicendo al nostro senso civico e all’obiettivo di ridurre la criminalità, perché rispondere al male con altro male rinforza il circolo vizioso del male. In carcere c’è sovraffollamento e isolamento: il primo – ha sottolineato Stenico – impedisce ai detenuti di entrare in contatto con se stessi e di riflettere per arrivare a un cambiamento, il secondo spesso li porta alla depressione. O aiutiamo le persone a rieditare la loro identità o forniamo le basi a una recidiva”. Stenico ha infine aggiunto che “non si possono dividere le condizioni degli agenti che lavorano in carcere, logoranti e nel lungo tempo insostenibili, da quelle dei detenuti: chi fa politica deve preoccuparsi innanzitutto delle persone”.
A concludere degli interventi la garante De Fazio si è soffermata sul diritto all’affettività e alla sessualità delle persone detenute, riconosciuto dalla Corte costituzionale: “Uno degli aspetti oggetto di allarme generale, anche per l’istituto di Modena – ha detto – rispetto a condotte autolesive è proprio legato ai rapporti affettivi e con i familiari. La sentenza della Corte costituzionale rappresenta una svolta significativa affermando la necessità che vengano garantiti alle persone ristrette colloqui privati con i propri partner: occorre trovare spazi adeguati, anche al di fuori della struttura, prevedendo colloqui non sotto la sorveglianza visiva. I rapporti affettivi e familiari sono indispensabili anche rispetto alla funzione rieducativa della pena, perché sono uno dei maggiori fattori di motivazione”.
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>