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Flop politiche culturali a Modena, una giunta incapace di volare

Flop politiche culturali a Modena, una giunta incapace di volare

Modena è questo: incapace di immaginare non solo l'infinito oltre la siepe, ma anche la siepe stessa. Con un cielo che si ferma alla punta della Ghirlandina


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Promuovere la cultura significa credere nella creatività dei modenesi, collocare Modena nel circuito delle idee, delle invenzioni e delle innovazioni, promuovere la città, creare lavoro e generare turismo. La cultura è un volano di libertà e sviluppo. Partiamo da una ricca dote di strutture e protagonisti, di eventi di grande eccellenza.  Ci sono le idee, i progetti e le intelligenze per rinnovare e accrescere questo patrimonio, a partire dalla fondamentale riqualificazione del Sant'Agostino.

Con queste parole 4 anni fa si presentò alla città Giancarlo Muzzarelli. Ed è forse proprio la promozione vera delle politiche culturali la promessa elettorale meno rispettata dal sindaco. Su questo però - va detto - la responsabilità va spartita a metà con  l'assessore regionale alla cultura, il modenese Massimo Mezzetti ex Sel che a Modena quasi mai si è visto, e con l'assessore alla cultura Gianpietro Cavazza.
Uomo di studi, proveniente dalla presidenza del Centro Luigi Ferrari (storico pensatoio cattolico oggi guidato da Paolo Tomassone), Cavazza doveva essere il garante dell'area ex Margherita in giunta. L'uomo che, con la veste di vicesindaco, avrebbe dovuto arginare lo strapotere ex Ds rappresentato da Muzzarelli, in pratica ricoprendo il ruolo che ebbero Francesca Maletti prima e Giuseppe Boschini poi.

E invece?
Invece Gianpietro Cavazza si è dimostrato completamente  succube del Muzzarelli-pensiero nel settore culturale e quell'apporto che la sua formazione (decisamente superiore a quella del sindaco, va detto e riconosciuto) avrebbe potuto portare è andato completamente perduto.
E così le politiche culturali modenesi hanno registrato un flop dietro l'altro: prima la triste vicenda della mostra da 550mila euro del Manichino della Storia, poi lo spazio Mata preso in affitto alla Manifattura Tabacchi, ennesimo contenitore in una città piena di contenitori, poi il caso dei Giardini del Gusto da 800mila euro affidati alla società dell'ex ribelle Miana (stessa area politica di Cavazza), poi la grande incompiuta Fondazione Modena Arti Visive con le polemiche annesse alla sua direttrice Baldon e infine l'enorme progetto fermo nel pantano burocratico-legale del polo Sant'Agostino
Le politiche culturali a Modena peccano di una provincialità disarmante fotografabile nella statuetta con la rovesciata di Parola targata Wainer Vaccari: un po' pochino per celebrare il mito di Panini. O nella statua di Pavarotti col volto di Abatantuono fatta arrivare da Pietrasanta. Modena è questo: incapace di volare,  incapace di immaginare non solo l'infinito oltre la siepe, ma anche la siepe stessa, capace di guardare al cielo solo fino alla punta della Ghirlandina perchè dopo ci sono i leoni e le nuvole che notoriamente non fanno guadagnare soldi...
Sprofondata in una cultura fatta di interessi e di amicizie, che ha affidato allo chef Bottura la mostra più importante fatta in quattro anni e che affida gli incontri più interessanti con gli artisti e i pensatori di oggi a una banca, la Bper, con i suoi eventi al Forum Monzani

Ha funzionato certo, in questi quattro anni, il grande concerto di Vasco e qui il merito di Muzzarelli è indubbio (ma si tratta di un evento irripetibile) e funziona e continua a funzionare il Festival Filosofia, ma affondare la macchina straordinaria creata dal nulla da Michelina Borsari e dall'ex assessore alla cultura Mario Lugli è davvero difficile. Ma nulla è impossibile.

Giuseppe Leonelli
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