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Una seconda stagione di crescita per l'estrazione e l'utilizzo di petrolio e gas in Emilia-Romagna a scapito delle fonti di energia rinnovabile? Stando ai 31 permessi di ricerca su terra ferma, concessi dal ministero dello sviluppo economico in regione, sembra proprio di si. Anche perché la regione stessa, dopo una pausa forzata, innescata dal DGR 547 del 23 aprile 2014, nel quale aveva sospeso l’espressione di pareri e valutazioni “tesi a consentire lo svolgimento sul territorio di nuove attività di ricerca, prospezione, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi” (a seguito del sisma del 2012), ha ricominciato, dal luglio 2015, periodo di revoca della sospensione, a dare seguito ad una serie di autorizzazioni di prospezione e ricerca, attività propedeutiche a nuove estrazioni.
Che detta così significherebbe nuovi pozzi, nuovi siti di estrazione, e comunque un incentivo al settore delle energie fossili.
Ovvero il contrario, o quasi, di quell'indirizzo, che è anche obiettivo politico, contenuto nel Piano Energetico Regionale, che dovrebbe portare l'Emilia Romagna all'obiettivo del 100% delle rinnovabili. Indirizzi che si riflettono anche nei contenuti del piano aria che fissa al 2020 l'obiettivo di ridurre all’1% la popolazione esposta ll’inquinamento atmosferico.
In soldoni, l'approvazione delle nuove istanze di permesso di ricerca, seguirebbero una direzione completamente opposta a quanto indicato nei piani. Con una serie di conseguenze negative anche sul clima e le temperature, in aumento, negli ultimi anni, in tutta la regione, ma con picchi concentrati soprattutto a Reggio Emilia e Modena.
“Serve spingere con forza sull’acceleratore della sostenibilità, investendo su rinnovabili, efficienza energetica, mobilità sostenibile e riqualificazione urbana - recita una nota di Legambiente - ed abbandonare l’era della fonti fossili nel più breve tempo possibile'.
Obiettivo che non sembra rispecchiarsi nemmeno nelle strategie di mercato di compra, vende e distribuisce energia elettrica sul mercato emiliano romagnolo, quale è Hera. Basta leggere una bolletta dell'energia elettrica per rendersi conto che l'utilizzo delle fonti rinnovabili è sempre meno perseguito rispetto ai combustibili fossili tradizionali che, per contro, sembrano godere di una seconda giovinezza e di un nuovo sviluppo.
La composizione del mix energetico utilizzato per la produzione di energia elettrica venduta da Hera Comm nel 2014 e nel 2015 (ultimi dati disponibili), ha registrato un costante calo delle fonti rinnovabili, calate dal 36,54% del 2014 al 29,63% del 2015. Per contro, nello stesso periodo, aumenta l'utilizzo del carbone dal 20 al 23%, dei prodotti petroliferi dal 1,11% al 1,58%, e del nucleare dal 3,15 al 5,61%. In pratica, se non consideriamo il nucleare prodotto all'estero e trasportato in Italia, le uniche che calano tra le fonti utilizzate per produrre l'energia elettrica necessaria ad alimentare migliaia di famiglie nella provincia, sono proprio le fonti rinnovabili. Una percentuale ancora più bassa quella delle fonti rinnovabili utilizzate per produrre l'energia distribuita da Hera, se posta a confronto la composizione del mix medio nazionale utilizzato dal sistema elettrico Nazionale e immesso in rete. Qui le fonti rinnovabili calano ma partendo da una percentuale di quasi 8 punti in più rispetto a quella utilizzata nello stesso periodo, da Hera per il bacino modenese.