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“Passare dalla deregulation totale ad un minimo di regolamentazione, ragionevole e compatibile con i principi e le prassi prevalenti in Europa in materia di libertà di concorrenza”. Questa la proposta che avanza Confesercenti Modena rispetto all’importante tema delle aperture domenicali e festive più in generale, dei negozi. “Il governo Monti aveva promesso che con la liberalizzazione sarebbe aumentato il Pil, l’occupazione, e si sarebbe stimolata una maggior concorrenza. Ad oggi nessuna delle tre si è realizzata. Anzi: gli unici effetti certi rilevati sono stati la compressione dei diritti dei piccoli e piccolissimi imprenditori e lo spostamento di quote di mercato – il 3%, pari a 7 miliardi di fatturato – dai negozi tradizionali alla grande distribuzione. Noi non chiediamo di stare chiusi sempre, e questo lo ribadiamo ma di restare aperti solo quando e dove necessario.
Così da predisporre un programma di aperture per il territorio attento, alle esigenze dei consumatori ma anche di chi lavora e soprattutto quel modello distributivo italiano e locale che fatto di piccole e medie imprese”.
La riflessione che Confesercenti Modena avanza ad amministrazione Comunale e alla Regione Emilia Romagna, arriva a margine di un sondaggio condotto da Confesercenti Nazionale unitamente ad SWG, relativamente al tema della deregulation del commercio, introdotta dal Governo Monti nel 2012, che prevede la possibilità di rimanere aperti sempre, principali festività comprese.
Una proposta che si innesta peraltro con quanto già proposto dal M5S Modena.
Dal sondaggio (campione di 1300 consumatori e 600 imprenditori della distribuzione) emerge che non risulta veritiero che gli italiani desiderano shopping e attività commerciali aperte 24 ore su 24, sette giorni su sette.
Un ritmo insostenibile per i piccoli esercenti che, per non essere tagliati fuori dalla concorrenza della GDO, hanno rinunciato a qualsiasi giorno di riposo.
Il 62% degli intervistati – la maggioranza – si dice infatti favorevole a introdurre una limitazione delle aperture festive. Ad incidere la consapevolezza che la deregulation sta schiacciando i negozi. Il 71% degli intervistati, infatti, segnala che negli ultimi due anni, nel proprio quartiere o città, hanno chiuso piccoli esercizi di cui erano clienti abituali, mentre il 66% ha visto crescere il numero di locali sfitti o che hanno cambiato tipologia di attività. La posizione dei consumatori sulla deregulation poi trova evidenti assonanze con quella espressa dai commercianti. Che, però, vivono con ancora maggiore preoccupazione gli effetti della liberalizzazione, che ha portato le attività commerciali, in media, ad essere aperte 30 giorni di più all’anno. Il 61%, infatti, ritiene che il regime di apertura continua abbia danneggiato la propria attività, contro appena un 12% che dichiara effetti positivi.
“Alla luce di questi dati anche se nazionali, riteniamo importante l’introduzione di 12 chiusure festive e domenicali obbligatorie durante l’anno, con la possibilità da parte dei sindaci di raddoppiarle o annullarle a seconda delle esigenze del territorio”, fa notare Confesercenti Modena evidenziando il favore quasi unanime dei commercianti interpellati nel sondaggio, in cui i favorevoli sono l’87%. “Un esito – riprende l’Associazione - motivato dal desiderio degli imprenditori di limitare la distorsione della concorrenza a favore della GDO, ma che nasce anche dalla considerazione che la debolezza del mercato interno rende insostenibile l’eccesso di deregulation”.
Il quadro
Il caso che si è ripresentato in questi giorni in occasione delle festività pasquali e del ponte del 25 aprile. Da una parte, stando ad alcune recenti sentenze, il datore di lavoro non può imporre al dipendente di lavorare in una giornata festiva e l'eventuale sanzione disciplinare è illegittima. Dall'altra la liberalizzazione degli orari introdotta nel 2011 dal Governo ha eliminato vincoli in materia di orari commerciali.
E la sintesi tra queste due posizioni contrastanti qual è? A Modena nel 2015 si era arrivati ad un accordo: nove giorni di chiusura nelle festività condivisi da tutti i principali soggetti della grande distribuzione commerciale che aderirono alla proposta di piazza Grande di un codice comportamentale di autoregolamentazione. Quel patto, sottoscritto dai rappresentanti di Coop Estense, Conad, Di meglio ed Esselunga, e benedetto dalle associazioni di categoria (Confesercenti su tutte) è saltato quest'anno per l'indisponibilità proprio di Esselunga a procedere al rinnovo. A fine 2016 infatti con una lettera al sindaco Muzzarelli, Esselunga ricordò che la legge nazionale “consente ad ogni singolo operatore commerciale di poter determinare, in completa autonomia, gli orari di vendita più adeguati a soddisfare le necessità della propria clientela” e annunciò di avere programmato autonomamente le giornate di chiusura festive sul territorio nazionale per il 2017. Solo sei: 1 gennaio, 1 maggio, Ferragosto, Natale, Santo Stefano e, appunto Pasqua.
Ma quanto conviene a un dipendente lavorare in un giorno festivo? Il Contratto collettivo nazionale del Commercio prevede che le ore di lavoro prestate nei festivi siano retribuite come straordinario festivo: di conseguenza, il lavoratore ha diritto, oltre alla paga oraria ad una maggiorazione del 30% oltre al riposo compensativo.