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'Eliminare, fino alla fine dell'emergenza pandemica, tutti i tributi locali a cui sono tenuti gli imprenditori che operano nel settore dei pubblici esercizi e che sono stati costretti, a seguito dei provvedimenti delle autorità, alla chiusura delle imprese e suggerire a Regione Emilia Romagna e al Governo di adottare medesime misure'. E' questo quello che la capogruppo di Fdi-Popolo della Famiglia in Consiglio comunale a Modena, Elisa Rossini, chiede con una mozione urgente che verrà depositata in queste ore.
'Ad eccezione di una breve parentesi estiva, bar e ristoranti sono stati gravati da un susseguirsi caotico di limitazioni: dalla riduzione del 50% dei coperti, all’apertura fino alle 18, alla chiusura totale durante i mesi del lockdown, all’apertura parziale solo a pranzo, con tavoli da 4 coperti se non congiunti, alla chiusura con sola possibilità di asporto - ricorda Elisa Rossini -.
Tali disposizioni confuse hanno determinato pesanti difficoltà per gli esercenti che addirittura in alcuni casi hanno ritenuto maggiormente conveniente mantenere la chiusura totale per evitare i danni derivanti dalle aperture “a singhiozzo”. Non solo, la caotica e intermittente politica governativa ha illuso i titolari delle attività sopra citate sulla possibilità di poter aprire le loro attività, mettendoli nella condizione di affrontare importanti spese per la messa in sicurezza dei locali, per l’acquisto di sistemi di igienizzazione e pulizia, strumenti anti-contagio come plexiglass e separatori, così come servizi professionali di igienizzazione operati da aziende del settore, per poi decretarne invece la chiusura. L'impatto di queste politiche sulla economia è stato devastante. Il settore dei pubblici esercizi ed in particolare bar, ristoranti, pizzerie, catene di ristorazione, catering, pasticcerie, con 30 miliardi di euro di perdite, è in uno stato di crisi profonda con il serio rischio di veder chiudere definitivamente 50.
000 imprese e di perdere 300 mila posti di lavoro. E parliamo di un settore trainante per il Paese con 85 miliardi di fatturato prodotto e 1.200.000 occupati. Purtroppo in questo contesto gli aiuti tanto sbandierati dal Governo non sono arrivati, o sono arrivati col contagocce. La Cgia Mestre (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) ha recentemente fotografato come su 423 miliardi di fatturato perso dalle imprese italiane nel 2020, gli aiuti del governo ammontano a 29 miliardi quindi è stato compensato dal governo italiano solamente il 7% di quanto è stato perso dalle imprese a seguito delle misure impeditive dello svolgimento delle attività imprenditoriali. Una anomalia intollerabile e tutta italiana. Basti pensare che altri paesi europei hanno viceversa erogato importanti finanziamenti a fondo perduto: il modello francese si caratterizza per un bonus diretto di 1.500 euro (elevabili a 6.500 solo se si sommano una serie di condizioni), mentre la Germania ha scelto un meccanismo che prevede 9 mila euro per imprese sotto i 10 dipendenti e 14 mila euro sotto i 25 dipendenti'.
'Davanti a questo disastro crediamo che l'ente locale debba fare tutto quanto in proprio potere per arginare la situazione - chiude Elisa Rossini -. Finora la tassazione sulle imprese gravate dalle restrizioni non ha subito cancellazioni ma soltanto un differimento, con il rischio di dover pagare ad esempio l’occupazione di suolo pubblico, nonostante la chiusura forzata, e la tassa sui rifiuti “virtuali”, considerato che di rifiuti non ne sono stati prodotti. Essendo il libero esercizio dell’attività economica e il lavoro diritti costituzionalmente garantiti, crediamo che nel momento stesso in cui lo Stato non consente ad alcune categorie l’esercizio della libera iniziativa economica o comprime il diritto al lavoro, anche la legittimità della richiesta del tributo si indebolisce fortemente ed anzi risulta essere una vera e propria ingiustizia il fatto che lo Stato e quindi anche gli enti locali ne pretendano il pagamento'.