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Sono 176 i luoghi di culto islamico sparsi in tutta l'Emilia-Romagna, nati sotto forma di associazioni e centri culturali, spesso in deroga anche agli strumenti urbanistici. Almeno questi, quelli ufficiali, fotografati dall'ultima indagine condotta sull'Islam in Emilia-Romagna, dall'osservatorio sul pluralismo religioso.
Bologna è in testa con 48 luoghi di preghiera (14 in città e 34 in provincia), seguono Modena con 27, Reggio Emilia con 22, Ferrara con 20, Ravenna con 17, Rimini e Forlì-Cesena con 12, Parma e Piacenza con 9.
A Modena le comunità musulmane hanno come riferimenti ufficiali del culto la Moschea del Misericordioso, la Casa della Saggezza, Misericordia e Convivenza, la Moschea Uli Camii, la Sala di Preghiera di via Alassio, l’Associazione Turca Interculturale Milad.
La quasi totalità dei musulmani credenti in Emilia-Romagna appartiene alla corrente maggioritaria nell'Islam, quella dei sunniti. A Carpi esiste l'unica realtà sciita censita in Emilia-Romagna. E a Mirandola, il centro culturale moschea è stato realizzato direttamente con i fondi del Qatar.
E' probabile che i centri nei quali si pratica il culto siano in realtà molti di più rispetto a quelli censiti ufficialmente.
In Emilia-Romagna si stimano circa 182 mila 800 musulmani, il 13% di quelli presenti in Italia, la seconda regione dopo la Lombardia. Le presenze più rilevanti vengono da Marocco e Albania che nell'ultimo decennio si sono stabilizzate, mentre sono quasi triplicate quelle da Pakistan e Bangladesh.
Dati regionali relativi all'Emilia Romagna che si inseriscono in un contesto nazionale fotografato dall'inchiesta di Averroè in collaborazione con Italia Sicura e Curcio dalla quale emerge che su 1milione e 200 mila mussulmani , solo il 5% frequenta le moschee. il 75,5 % non sono praticanti, il 10,5 % sono laici o addirittura atei , il 5,7 % sono i convertiti ad altre religioni come il cattolicesimo ed il cristianesimo protestante, o altre ancora.
Il l 2,3 % dei convertiti italiani all’Islam lo sono per vincoli matrimonial.
Mentre, e qui la realtà è oggettivamente difficile da raccontare in numeri visto che il fenomeno è molto nascosto, l’1% sarebbe la percentuale di musulmani convertiti all’islam militante radicale , impegnati nel proselitismo (DAWA) e nell’introdurre leggi che favoriscano l’espansione dell’islam in Italia.
La maggioranza di questi sono particolarmente impegnati nel sostenere le organizzazioni Jihadiste sul piano mediatico, quello logistico-organizzativo; con le risorse economiche che arrivano invece dal Qatar e da alcuni gruppi all’interno dei paesi del’area del Golfo - economicamente e politicamente molto potenti attraverso la HAWALA, un metodo tradizionale basato sulla fiducia - controllano ed alimentano di fatto la diffusione del terrorismo.