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C'è chi dice che il segretario del Pd di Modena Andrea Bortolamasi sia stato tradito dalla foga nel rispondere, per giunta con una non risposta, all'accusa dell'avvocato Gianpiero Samorì secondo cui a Modena c'è d'aver paura ad andare controcorrente e ad esporsi politicamente. Chi invece sostiene che il dirigente piddino sia stato vittima di un cortocircuito comunicativo a causa del quale è partita la nota stampa preparata di proprio pugno dal sindaco senza che fosse possibile correggerne il tiro.
Noi crediamo, invece, che la sgangherata e imbarazzante replica del segretario del Partito Democratico di Modena sia frutto di tanta confusione. Accade ai pugili dopo che hanno preso una raffica interminabile di cazzotti in faccia. Accade, come nel caso di Bortolamasi, quando si parla di cose che si conoscono per sentito dire, dispensando numeri la cui attendibilità non viene nemmeno verificata.
Nel suo ormai ricorrente quanto stanco esercizio di difesa e lode dell'ottimo lavoro che, a suo avviso, sarebbe stato fatto dalle amministrazioni Muzzarelli, Bartolomasi scrive testualmente: “gli ultimi dati sulla disoccupazione parlano di un calo dal quasi 9% al 6,5%”.
Sorvoliamo sul tentativo, per certi aspetti commovente, di far passare l'idea secondo cui, grazie alle azioni messe in campo dal sindaco/presidente della Provincia in questi anni, gli occupati sono aumentati. Al di là di ciò, ci sono alcuni aspetti, di natura squisitamente numerica, da sottolineare.
Non è innanzitutto chiaro se i dati riportati si riferiscano al Comune di Modena o all'intera provincia. In un caso o nell'altro, quei numeri sono errati, visto che nelle statistiche elaborate dall'Istat o dal Comune di Modena, non vi è traccia.
Considerando che il tasso di disoccupazione in città era pari al 13,8% nel 2014, al 12,7% nel 2015 e nel 2016 sarà probabilmente sceso di almeno un punto, quel 9% citato da Bortolamasi non si può certo riferire al capoluogo. Ma neppure all'intera provincia, visto che il dato di partenza, nel 2014, era il 7,9% e l'ultimo disponibile, quello del 2016, era pari al 6,6%.
I numeri, usati dunque a casaccio da Bortolamasi, offrono però lo spunto per andare a vedere - sempre grazie alle elaborazioni dell'Istat e non certo di qualche giocoliere di palazzo o di partito - cosa è accaduto nelle altre province emiliane nel medesimo arco temporale.
La tabella mette in evidenza due aspetti. Il primo riguarda il fatto che la provincia di Modena ha avuto un calo del tasso di disoccupazione inferiore a quello delle province di Reggio Emilia, Bologna, Piacenza. Se usassimo la stessa angolatura di osservazione utilizzata dal segretario del Pd di Modena per lodare il suo vero capo politico, dovremmo dire che i sindaci e presidenti delle province di Reggio Emilia, Bologna, Piacenza sono stati più efficaci di Muzzarelli.
L'altro aspetto che balza agli occhi è rappresentato dal fatto che Modena ha il secondo più alto tasso di disoccupazione, alle spalle della sola Piacenza, tra le province emiliane. Il che dovrebbe porre qualche interrogativo sull'effettiva portata e sui reali effetti prodotti da tanta agitazione, per la verità soprattutto comunicativa, di Muzzarelli sui temi della crescita economica.
Bortolamasi butta poi là altri numeri in tema di turismo: in città, tra il 2014 ed il 2016, gli arrivi sarebbero aumentati del 31,2% ed i pernottamenti nelle strutture ricettivi del 21,3%.
Anche in questo, il povero Bortolamasi inciampa. Sarebbe bastato prendersi la briga di consultare l'annuario statistico del Comune di Modena, incrociarlo con i dati elaborati dalla Regione, per arrivare alla conclusione che i pernottamenti, dopo il calo del 2014, sono cresciuti esattamente del 13,79% nell'arco del triennio considerato. Grazie, in particolare, al balzo del 2016, che però ha interessato tutto il turismo emiliano, ma con effetti più marcati per Bologna e il territorio provinciale di Reggio Emilia: i pernottamenti a Modena ed in provincia sono aumentati lo scorso anno, sul 2015, rispettivamente del 13,1% e del 15,9%, contro il 18,8% per Bologna città, il 20,3% per l'intera provincia, il 22,1% per la provincia di Reggio Emilia (12,5% per il capoluogo).
Lo stesso Bartolamasi parla di un trend crescente anche per il 2017. Che c'è. Ma, soprattutto per Modena, pare molto più contenuto delle legittime aspettative generate da ModenaPark. Le elaborazioni compiute dalla Regione per i primi nove mesi dell'anno parlano di un incremento di pernottamenti di appena l'8,2%, contro l'11% di Bologna. A livello provinciale, poi, il confronto è ancora più impietoso: +23,2% per la provincia di Reggio Emilia, +12,8% per quella di Bologna e +9,3% per quella modenese.
Tutto ciò, oltre a mettere in luce la superficialità di Bortolamasi nel maneggiare numeri di una materia delicata e complessa come è il turismo, conferma come, nonostante l'accresciuta cultura dell'accoglienza e gli investimenti dell'imprenditoria locale – quelli pubblici messi in campo per Expo, dal Mata alla Palazzina Vigarani, non hanno prodotto alcun effetto sull'appeal turistico di Modena - la strada perché Modena diventi meta turistica è ancora lunga. Facciamo i conti, fortunatamente, con una ossatura economico-produttiva di matrice manifatturiera e anche questo aiuta a spiegare il motivo per cui il valore aggiunto prodotto dalla filiera turistica modenese pesi per una quota ancora molto bassa, che ci colloca in fondo alle classifiche nazionali in compagnia di città che però hanno giacimenti turistici da sfruttare molto meno ricchi.
Il valore aggiunto prodotto è così il 4,2%, contro il 28% di Rimini, il 23% di Ravenna, il 17,9% di Forlì-Cesena, il 15,6% di Ferrara e l'8,5% di Bologna.
Il tema vero, che riguarda in prima persona Giancarlo Muzzarelli, è che il turismo non basta continuare ad evocarlo perché il suo peso economico cresca. Il turismo, più di ogni altro comparto, ha bisogno di strategia, di visione, di obiettivi chiari da raggiungere. Tutto ciò, a Modena e più complessivamente a tutto il territorio provinciale, drammaticamente manca.
Eli Gold