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Urbanistica, la legge regionale e il bluff del saldo zero

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Ecco come in realtà, al di là degli slogan di Bonaccini, la nuova norma consente di cementificare fino a 320 chilometri quadrati oggi verdi


Urbanistica, la legge regionale e il bluff del saldo zero
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'Sono molti mesi che ci lavoriamo e con una udienza conoscitiva estremamente partecipata ci avviciniamo alla fase di discussione e approvazione finale della nuova legge regionale sull'urbanistica. Le polemiche e le discussioni non mancano.  Gli effetti di semplificazione amministrativa, di incentivo al recupero del patrimonio urbano, e quindi di risparmio del territorio piuttosto che di nuovo consumo non mi paiono in discussione. Ma siamo qua per ascoltare e discutere, se ci sono dissensi. E come vedete la partecipazione è molto molto ampia. Anche questa si chiama democrazia'. Così un sempre ecumenico consigliere regionale Pd Giuseppe Boschini sulla nulla legge urbanistica regionale. La legge tanto criticata dalle associazioni ambientaliste, per le quali lo slogan del saldo zero di Stefano Bonaccini è una bufala, sta per essere varata con un iter da record. Basti pensare che la giunta regionale - con l'assessore Raffaele Donini in testa - vorrebbe andare all'approvazione entro l'estate.

Eppure Boschini parla di partecipazione ampia. Ah certo, si può far partecipare finchè si vuole, ma se poi i rilievi vengono tenuti in considerazione pari a zero (altro che saldo), è meglio non far nemmeno lo sforzo (di tempo e di soldi) di coinvolgere la famosa società civile. Ma si sà la farsa della democrazia (questa si chiama democrazia dice appunto Boschini) prevede anche questi inutili riti.

In questo contesto merita invece di essere citato il concreto atto del Consiglio comunale modenese che ieri l'altro ha approvato, con voto favorevole del Pd, un odg presentato da Articolo 1. Paolo Trande in Consiglio ha infatti sottolineato come una nuova legge urbanistica regionale sia “necessaria per rispondere alle dinamiche attuali ma non c’è dubbio che presenti punti critici e controversi” e per questo il Consiglio comunale di Modena organizzerà 'momenti di approfondimento e confronto sulla nuova legge urbanistica regionale, con tecnici istituzionali ed esperti esterni, oltre a una seduta dedicata al tema'.

Come dire che anche il Pd di Modena frena sui progetti del Pd in Regione.

Ma, al di là delle scaramucce di maggioranza e al di là dell'esigenza di tenere insieme Art1 e Pd (ne sa qualcosa Ludovica Ferrari massacrata per aver dato dei traditori, cosa che Renzi fa più di frequente rispetto a respirare, a Trande e compagnia) eccoli i rilievi, documentati e argomentati mossi alla legge regionale, spacciata dalla regione come una legge a consumo zero di terreno. A stilarli in modo compiuto è un documento promosso da una serie di soggetti (primi tra tutti dai gruppi M5S e Aer in Regione) e pensato da Ezio Righi, padre del Prg vigente (peraltro presente all'udienza conoscitiva in Regione dell'altro giorno).

Si tratta di un documento di tre pagine, e almeno la prima, quella contenente la sintesi delle valutazioni, merita di essere riportata integralmente:

Il principio del consumo di suolo a saldo zero, la rigenerazione urbana e la riqualificazione degli edifici, semplificare il sistema di disciplina del territorio, garantire la legalità sono slogan che mascherano l’obiettivo essenziale del disegno di legge, ovvero l’impianto di un regime privilegiato a favore delle iniziative immobiliari private.  Proclamando risparmio di suolo e qualificazione urbana, la legge va in senso opposto. Il limite del tre per cento posto all’espansione dei territori urbani, già in sé molto elevato, è aggiuntivo, non alternativo all’ulteriore occupazione di suolo che i piani urbanistici ammettono. E l’”addensamento” indiscriminato, concepito e ribadito come unico modo della rigenerazione urbana, non promette qualità, ma ecomostri. La realizzazione di nuovi insediamenti residenziali, produttivi, commerciali, e le operazioni di addensamento e rigenerazione urbana mediante la demolizione e ricostruzione di edifici o di interi isolati, sarebbero esenti da qualsiasi condizionamento e disciplina urbanistica cogenti, e interamente rimesse ad “accordi operativi” congegnati a esclusivo vantaggio della parte privata. Ai comuni sarebbe tassativamente vietato disporre una disciplina urbanistica cogente per i nuovi insediamenti e per la “rigenerazione” di parti urbane. Esautorati dai poteri di pianificazione urbanistica e obbligati a raggiungere l’accordo con i privati entro scadenze brevi e perentorie, i comuni non avrebbero modo di impedire né selvagge intensificazioni in aree urbane già congestionate, né lo sparpagliamento di strutture commerciali, stabilimenti industriali, insediamenti residenziali attorno ai centri urbani. E per di più sarebbero defraudati di contributi oggi dovuti per questo genere di iniziative dai privati proprietari, che la proposta di legge intenderebbe invece esonerare, in tutto o in parte secondo i casi.  Le implicazioni per le centinaia di comuni di minore dimensione nella nostra regione, e per sistemi insediativi policentrici o diffusi, come nelle realtà montane, sono totalmente ignorate.

Sostanzialmente invariata resterebbe invece la condizione delle trasformazioni diffuse del patrimonio edilizio esistente. L’adeguamento di abitazioni, capannoni, uffici e negozi alle esigenze di famiglie e attività economiche resterebbe soggetto alle consuete e non sempre razionali limitazioni disposte dalla disciplina urbanistica ed edilizia, e ai consueti oneri. L’autentico intento dalla proposta legge sta dunque nell’impianto di un doppio regime urbanistico, in cui le iniziative immobiliari poste in atto da imprese di costruzione e promotori godrebbero di privilegi e arbitrio inusitati, lasciando le esigenze di famiglie e attività economiche soggette ai vecchi dispositivi, del cui rinnovamento è in certa misura avvertita la necessità, ma non sono nemmeno intravisti i modi. Con queste finalità il disegno di legge non esita a porsi in frontale contrasto con l’ordinamento nazionale, e violare con ciò la Costituzione. La diffusione di leggi analoghe in altre regioni andrebbe a soverchiare i fondamentali istituti di tutela e disciplina del territorio nel nostro paese, dalla periferia riuscendo in ciò che ripetuti tentativi parlamentari hanno fallito.

Rilievi netti di fronte ai quali non basta un generico invito alla partecipazione di facciata.

Le ulteriori espansioni ammesse dai piani vigenti – a quanto riferisce l’assessore Donini - si traducono infatti in 250 chilometri quadrati di nuovi possibili insediamenti residenziali e produttivi, sufficienti a costruire da zero due nuove città come Bologna. Ed è lasciato ai privati proprietari decidere se confermarli o rinunciarvi: nulla nella legge vieterebbe che siano confermati anche tutti i 250. Non solo, con il famoso incremento massimo del 3%, alle espansioni urbanistiche che risulterebbero confermate come diritti acquisiti potrebbero essere aggiunti altri 70 chilometri quadrati, che nelle città di Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Reggio Emilia, ad esempio, comporterebbero due chilometri quadrati di ulteriori espansioni, sufficienti per altri ventimila abitanti o diecimila posti di lavoro in ognuna. 

Altro che saldo zero... Ma così è, così sono gli slogan della Regione del 'sobrio' Bonaccini. E ci tocca pure sentire il malettiano contro-Bonaccini (lo è ancora?) Boschini parlare di partecipazione, ascolto e democrazia e la Cna regionale auspicare una maggiore possibilità cementificatoria.  Perchè 250 km più altri 70 km quadrati da cementificare non sono sufficienti. Qui dobbiamo cementificare tutto. Anche, possibilmente, i pensieri.

Giuseppe Leonelli

 


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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