La stola insanguinata: Carpi ricorda l'omicidio di don Venturelli

L’anniversario della tragica fine dell’allora parroco di Fossoli don Francesco Venturelli, avvenuta la sera del 15 gennaio del 1946


Delitto quello di don Venturelli mai chiarito per il clima di intimidazione, di paura e di pressione politica dell’allora Partito comunista e dell’Anpi che avevano creato una sorta di omertà e di colpevoli reticenze e silenzi che non permisero mai, nemmeno ora a distanza di settantasette anni, di risalire agli esecutori materiali e ai mandanti del vile delitto.
I killer non vennero insomma mai individuati e ancora oggi non c’è nessun testimone che abbia il coraggio e la forza morale di dire qualcosa per fare luce su quel delitto. Il “chi sa parli”, tante volte auspicato e invocato dalle autorità civili e religiose ma anche dalla gente comune, non ha sinora trovato ascolto. E così omertà e silenzi proseguono e l’omicidio di questo prete attende ancora giustizia.
La Dc di allora accusò il giornale dell’Anpi di essere stato “l’istigatrice morale del crimine” per avere scritto che don Venturelli (che era stato nominato dal vescovo cappellano nel campo di concentramento di Fossoli) “faceva propaganda politica tra i prigionieri del campo”. “Falsità”, come è sempre stata definita questa accusa dalla Diocesi carpigiana e dal suo settimanale ‘Notizie’.
Don Venturelli venne assassinato fuori dalla propria parrocchia con due colpi di pistola dopo essere stato convinto ad uscire da un individuo con uno stratagemma.
Invano la sorella Adalcisa e la perpetua Cenere, che si trovavano con lui, cercarono di trattenerlo. E dopo pochi minuti udirono impietrite nel silenzio della sera i sinistri colpi di arma da fuoco. L’eco degli spari e le urla disperate delle due donne allarmarono e fecero uscire di casa alcuni vicini che accorsero sul luogo rinvenendo ormai cadavere il sacerdote il cui sangue aveva arrossato la neve che stava cadendo. E con l’ausilio di una carriola di un contadino il corpo di don Venturelli venne portato in canonica.
Il drammatico racconto dell’assassinio del prete di Fossoli venne poi scritto in un volumetto da uno dei giovani chierichetti che frequentavano la canonica, Olinto Lugli, e pubblicato dalla Diocesi di Carpi, all’epoca diretta dal vescovo Dalla Zuanna. E anche l’organo del Psi di Carpi, allora alleato del Pci, “Luce”, scrisse che “le poche persone uscite sulla strada provinciale videro un giovane correre rapidamente dal viottolo della chiesa e salire rapidamente su un’auto che si allontanò in direzione di Novi”. Ma su quel delitto, oltre a Lugli, scrissero anche Danilo Sacchi nel suo libro “Il prete di Fossoli’, la ricercatrice storica Anna Maria Ori, Roberto Beretta, giornalista di Avvenire, nel suo reportage che fece allora scalpore dal titolo “Storia di preti uccisi dai partigiani”, l’allora consigliere comunale della Dc Pier Giuseppe Levoni, don Luigi Benetti nella pubblicazione “La stola insanguinata” e Gianpaolo Pansa nel suo libro “Il sangue dei vinti”. Tutti concordi nel definire ‘terribile’ il clima politico di quegli anni dell’immediato dopoguerra che non ha consentito di fare luce su colpevoli, esecutori e mandanti di quella ‘mattanza’ di sacerdoti nel tristemente noto ‘triangolo della morte’ costituito dalle province di Modena, Reggio e Bologna. E per la quale nessuno ha mai chiesto perdono e tutti i vescovi da Della Zuanna in poi hanno sempre rivendicato il diritto della Chiesa di ricordare i suoi martiri, vittime dell’odio.
La salma di don Francesco Venturelli riposa nella chiesa nuova di Fossoli su cui è stata collocata la Medaglia d’oro al Merito civile concessa nel 2006 dal presidente della Repubblica Ciampi, riconoscimento caldeggiato anche dal vescovo monsignor Elio Tinti.
Cesare Pradella
Giornalista pubblicista, è stato per dieci anni corrispondente da Modena del Giornale diretto da Indro Montanelli, per vent'anni corrispondente da Carpi del Resto del Carlino, per .. Continua >>