Modena, Ghirlandina: luce e memoria
Ecco quanto ha raccontato con le immagini, le figure, le luci, i lampi ed i tremori da terremoto che venivano proiettate sulle sue pareti, rendendole animate
I modenesi si sono ritrovati, assiepati ma ben disposti l’un verso l’altro, ai piedi della Ghirlandina a godersi lo spettacolo di luci e animazioni improntato alla storia di questo monumento e realizzato con una tecnica d’avanguardia detta video-projection mapping (letteralmente proiezioni architetturali su misura). Questa tecnica si avvale di scansioni 3D della superficie del monumento con contenuti sagomati ed animati, che vengono proiettati con alta potenza luminosa. La rappresentazione si inserisce nell’àmbito dell’evento 'Modena Patrimonio Mondiale in Festa, 9-12 ottobre 2025'. È stato realizzato da Delumen videomapping con musiche di Valentino Corvino e organizzato da “Modena Futura Creativa - Santimone srl.Ricordiamo brevemente che la torre campanaria Ghirlandina è alta circa 90 metri; la sua costruzione è iniziata verso il 1160, con ampliamenti progressivi: il quinto piano è stato aggiunto circa vent’anni dopo, mentre il sesto a metà del ‘200. La sua cuspide ottagonale, frutto del disegno di Enrico di Campione, è stata ultimata nel 1319. Nel tempo questo campanile del duomo ha subìto cedimenti e inclinazioni, oltre ad assestamenti dovuti all’innalzamento del terreno, che hanno determinato un progressivo interramento del basamento. Questi mutamenti hanno richiesto l’installazione di catene di ferro interne nelle parti alte della torre. Ciò, al fine di contrastare le spinte dei muri dovute agli assestamenti. Oggi la Ghirlandina si presenta con una lieve inclinazione di circa 5 mm e mezzo.Tornando alla manifestazione, davvero emozionante, sono anni che non si vedeva una tale aggregazione spontanea della cittadinanza. Purtroppo, a fare da contraltare alla sofisticata rappresentazione scenica era un audio poco udibile ma soprattutto poco intellegibile: un problema dovuto probabilmente alla distanza della sorgente, al volume che si disperdeva nello spazio aperto e all’assenza di superfici riflettenti dal punto di vista acustico.
È un peccato perché -lo si è capito dopo- era la Torre-stessa a parlare. Sì, la Ghirlandina ha raccontato personalmente la sua vita attraverso gli anni.
Vogliamo quindi tracciare lo scenario storico della sua evoluzione e delle sue peripezie, ma lasciando che sia lei a farlo, dalla sua stessa voce. Ecco quanto ha raccontato con le immagini, le figure, le luci, i lampi ed i tremori da terremoto che venivano proiettate sulle sue pareti, rendendole animate e coinvolgenti.
NARRAZIONE (voce della Torre) - GHIRLANDINA - LUCE E MEMORIA (testo di Francesca Piccinini)
1 – “Li sento i vostri occhi, cercarmi; e poi posarsi sulla mia sagoma che accarezza il cielo. Sento il vostro sollievo, quando disorientati, guardate in alto girando su voi stessi fino a scovarmi tra i tetti; quando da lontano all’imbrunire mi scorgete dopo un lungo viaggio. Sento le voci e i passi che riecheggiano di chi mi gira attorno e sale: avventurieri per un giorno o ospiti abituali, piccole facce curiose o mani sicure e rugose: chi si stupisce e chi mi conosce a memoria, ci siete proprio tutti stasera. Sì, perché io appartengo all’umanità intera, ma non potrei esistere se non in questa città: sono segno di un’epoca e simbolo di una civiltà; pietra e comunità; storia e leggenda, sono luce e sono memoria”.
2 – “Prima di me, ricordi confusi: un luogo sacro, un santo venerato da secoli -Geminiano- nel cuore di una nuova città, poco lontano dalle rovine di epoca romana. È il sorgere di una comunità audace e devota a decidere il mio destino. Anno 1099: i modenesi chiamano “il colto e abile” architetto Lanfranco a costruire sulla tomba del santo la nuova cattedrale. Subito dopo è la mia volta: mattoni e pietre si recuperano dai monumenti antichi di una Mu'tina che fu davvero splendia, come una preziosa eredità. Si scava per 5 metri e si cominciano a costruire quattro spessi muri, che avrebbero dovuto sostenere qualcosa di molto alto… Eppure, mentre emerge dal piano del suolo, presto la struttura cede. Gli imprevisti rallentano la mia crescita, ma faticosamente prendo forma, mi arrampico verso l’alto, fino ad arrestarmi, immobile al primo piano, con un tetto un po’ deludente”.
3 – “Passano quasi vent’anni. Sembra che vogliano farmi riprendere fiato, o forse farmi ritrovare il mio equilibrio, come se l’attesa fosse una cura. Vedo i lavori della Cattedrale procedere: i suoi fianchi superarmi in altezza, mentre io rimango in sospeso, aspettando che il terreno sotto di me si assesti. Cambia il mondo in due decenni, e cambiano le maestranze nel grande cantiere del duomo e della sua torre”.
4 – “Con nuovo ritmo e nuove idee riprendono a occuparsi di me: è tutto un brulicare di laboriosi manovali e muratori, di ponti, corde e carrucole. I Maestri Campionesi sono determinati a finire il lavoro, se lo passano di padre in figlio per tre generazioni: correggono i miei difetti, per quanto possibile; rimango sempre un po’ inclinata, e mi innalzano fino al quinto piano”.
5 – “Sul tetto un muretto merlato e quattro torrette angolari, da dove le guardie civiche potevano vegliare dall’alto sulla vita dei modenesi, per richiamarli a raccolta con il suono poderoso delle campane. Sono i torresani, miei amatissimi ospiti per i secoli a venire. Animavano insieme alle loro famiglie le mie stanze, i piedini dei loro fanciulli solleticavano la lunga scala, su e giù, instancabili.
Ora è il 1184: Papa Lucio III consacra la cattedrale”.
6 – “Il sesto piano viene aggiunto alla metà del Duecento, nel 1261. Questa volta le pietre tutte rosate vengono acquistate e arrivano a Modena dalle montagne veronesi attraverso i canali che percorrevano la città e la mettevano in comunicazione con il territorio, barca dopo barca, carico dopo carico, fino al nuovo centro nevralgico: il duomo, me, e la nostra piazza”.
7 – “Eccomi pronta finalmente, coronata dal pomo dorato, con la sua croce svettante e bellissima. È il 1319: alla guida del grande cantiere c'è Enrico da Campione, che ingloba le torrette angolari in una guglia slanciata e ricca di ornamenti di gusto gotico. La mia sala più segreta, dove già da tempo custodisco l’archivio comunale, si riveste di colore: vello alle pareti e stelle sulla volta. Proprio qui viene serrata la Secchia, vile e fiero trofeo della vittoria di Modena su Bologna nella battaglia di Zappolino nel 1325. Il cantiere, finalmente, è terminato, la piazza ora è sgombra, e si riempie di feste, mercati, oratori, giullari, pellegrini… mi gira la testa!”
8 – “Ma la mia storia continua: diventa una storia di cura, di comunità, di legami e di memoria. Sì, perché un giorno la terra trema d’improvviso: prima una volta e poi di nuovo, dopo qualche tempo. E assieme a lei io oscillo, ho paura, perdo pezzi dalla cima. Cadono ornamenti dalla cuspide, perduti per sempre nell’impatto col terreno. Quel che rimane va ricucito, rivestito e rinforzato.
Ora siamo nel Cinquecento: non c’è più spazio per i pinnacoli gotici; le nuove balconate rispondono al nuovo gusto rinascimentale, che ricordano due ghirlande: ora potete denominarmi Ghirlandina”.
9 – “La mia nuova guglia è persino più alta della precedente, di ben 14 braccia per l’esattezza! Ci si può arrampicare fino in cima, da quando il Menia, nel 1605, fece costruire per me una meravigliosa scala elicoidale”.
10 – “Sotto di me la città continua a mutare. Trascorrono i secoli: tutto accelera, macchine, insegne, luci potentissime pervadono la notte. Ma non questa notte. Oggi la luce sono io. Memoria del passato, testimone del presente, e faro del domani”.
Vittorio Cajò
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