Mostra 'blasfema' a Carpi, vescovo indagato per vilipendio: Gip archivia
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Mostra 'blasfema' a Carpi, vescovo indagato per vilipendio: Gip archivia

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Per il giudice 'si può ampiamente convenire in ordine alla volontà dell’autore, con le opere complessivamente mostrate nell’occasione, di provocare – anche verosimilmente a fini pubblicitari: scopo, in effetti, ampiamente raggiunto – non può essere affermata allo stesso modo e come conseguenza inevitabile anche la volontà di vilipendere'


Mostra 'blasfema' a Carpi, vescovo indagato per vilipendio: Gip archivia
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'Si ritiene che la richiesta di archiviazione del procedimento presentata dal Pubblico Ministero meriti di essere condivisa e accolta'. Così una ordinanza del Giudice per le indagini preliminari Andrea Scarpa emessa ieri, pone la parola fine al procedimento che vedeva indagati l’arcivescovo di Modena, monsignor Erio Castellucci, insieme all’artista Saltini e ai curatori della mostra, don Carlo Bellini e Cristina Muccioli. Tutti e quattro gli indagati, difesi d’ufficio dall’avvocato Flavia Zuddio, erano accusati di vilipendio ai sensi dell’art. 403 del Codice Penale per il famoso caso della mostra Gratia plena ritenuta blasfema promossa presso il museo diocesano di arte sacra “Cardinale Rodolfo Pio”.
Il Gip ha dunque sciolto 'la riserva assunta all’esito dell’udienza in camera di consiglio e deciso sulla richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero'.

Per il giudice, come si legge nell'ordinanza in possesso de La Pressa, 'si può ampiamente convenire in ordine alla volontà dell’autore, con le opere complessivamente mostrate nell’occasione, di provocare – anche verosimilmente a fini pubblicitari: scopo, in effetti, ampiamente raggiunto – non può essere affermata allo stesso modo e come conseguenza inevitabile, anche la volontà di vilipendere'.

L'ordinanza
'La vicenda che ha dato origine al presente procedimento trae origine dal contenuto della mostra allestita a Carpi presso il museo diocesano di arte sacra “Cardinale Rodolfo Pio” nella quale sono state esposte opere dell’artista Saltini Andrea ritenute dagli opponenti alla richiesta di archiviazione offensive del sentimento religioso, con conseguente violazione dell’art. 403 c.p. - si legge nella ordinanza -.
Il reato in questione è stato addebitato, oltre che all’autore dell’opera – essendo sostanzialmente una, in realtà, quella su cui si sono concentrate l’attenzione e il disappunto (rectius, disgusto) dei fedeli che si sono rivolti ai legali che hanno successivamente redatto gli esposti che hanno dato vita a due procedimenti, poi riuniti nel corso delle udienze in camera di consiglio svoltesi innanzi a questo Giudice, anche agli organizzatori/curatori della mostra - don Carlo Bellini e Muccioli Cristina - ed all’Arcivescovo della Diocesi di Modena (nonché Vescovo di Carpi) Mons. Erio Castellucci, cui è stata attribuita una sorta di responsabilità per omessa vigilanza in relazione alla mostra medesima'.
'Ciò premesso, si deve evidenziare come risulti corretta la ricostruzione in diritto operata dalle difese degli opponenti con riferimento alla fattispecie di cui all’art. 403 c.p., reato per il quale “non occorre che le espressioni offensive siano rivolte a fedeli ben determinati, ma è sufficiente che le stesse siano genericamente riferibili alla indistinta generalità degli aderenti alla confessione religiosa - si legge ancora -. Compito dello scrivente non è né quello di valutare artisticamente l’opera contestata (sulla quale, pertanto, non si esprime alcun giudizio di valore) né quello di addentrarsi in una diatriba tra settori conservatori/tradizionalisti e settori riformatori/progressisti esistenti all’interno della Chiesa Cattolica, sottolineandosi soltanto, con riferimento agli eventi in discussione, che l’autonomia della Chiesa rispetto allo Stato nel valutare i fatti in esame, per la natura degli stessi, non richiede certo che debba essere attesa la valutazione del Giudice per assumere eventuali provvedimenti: si intende affermare, in sostanza, che mentre in caso di contestazione, ad esempio, di delitti quali la corruzione, il furto, il peculato, è lecito attendersi che una presa di posizione della Chiesa attenda l’esito di un procedimento penale per determinarsi – più o meno - di conseguenza, nel caso in esame le autorità ecclesiastiche avrebbero ben potuto assumere, se lo avessero ritenuto necessario o almeno opportuno, determinazioni in qualche modo “punitive”: ciò non è avvenuto – almeno a quanto risulta dagli atti – e di conseguenza tutti i riferimenti ai commenti e alla prese di posizione di soggetti aventi anche ruoli gerarchicamente significativi all’interno della Chiesa non appaiono, ai fini della presente decisione, particolarmente rilevanti, essendosi risolte, peraltro, nell’espressione di opinioni e di affermazioni di principio'.
'Con riferimento, dunque, al reato di cui all’art. 403 c.p., osserva questo Giudice come al fine di valutare la sussistenza dell’elemento oggettivo e di quello psicologico (del dolo, cosicché la posizione dell’Arcivescovo Erio Castellucci, al quale viene contestata una sorta di concorso colposo – per omesso controllo – in reato doloso, è già di per sé differente rispetto a quella degli altri indagati) debbano essere considerati, principalmente, due elementi. Il primo – sulla quale gli opponenti hanno particolarmente insistito – è quella dello “stato di consacrazione della chiesa luogo della mostra e teatro dei delitti contestati”: ebbene, a parere dello scrivente non è possibile far prevalere il dato formale rispetto a quello sostanziale, che è quello che nella quotidianità la Chiesa in questione era ed è luogo dedicato ad attività “civili” – tra le quali rientra, appunto, quella di ospitare mostre – e non alle funzioni religiose. Il secondo, decisivo ai fini della presente statuizione, è la oggettiva “ambiguità” (in senso penalistico, quindi da valutare in favore dell’autore dell’opera e degli organizzatori della mostra) del quadro, la cui interpretazione autentica – vale a dire, quella di chi lo ha realizzato – non è nel senso in cui è stata letta dagli opponenti, vale a dire quella del centurione impegnato in un rapporto orale a un Gesù sdraiato e inerte, ma quella di porsi sopra un corpo sostanzialmente inanimato, senza un intendimento di tipo sessuale. In conclusione, a parere dello scrivente, se si può ampiamente convenire in ordine alla volontà dell’autore, con le opere complessivamente mostrate nell’occasione, di “provocare” – anche verosimilmente a fini pubblicitari: scopo, in effetti, ampiamente raggiunto – non può essere affermata allo stesso modo e come conseguenza inevitabile, per le ragioni appena esposte, anche la volontà di “vilipendere”, non affermabile con certezza né nell’intenzione dell’artista né tantomeno in quella dell’organizzatrice della mostra Muccioli Cristina e ancor più in quella di don Carlo Bellini, per il quale l’attribuzione di una dolosa volontà di compiere attività di vilipendio della religione Cattolica è in totale contrasto con il di lui complessivo impegno pastorale. 3 3 Per le considerazioni fin qui svolte, dunque, si ritiene che la richiesta di archiviazione del procedimento presentata dal Pubblico Ministero meriti di essere condivisa e accolta'.

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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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