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Sanità a Modena: 'Marcato peggioramento'. La metà dei modenesi rinuncia a visite specialistiche

Sanità a Modena: 'Marcato peggioramento'. La metà dei modenesi rinuncia a visite specialistiche

Quasi tre quarti dei modenesi hanno utilizzato servizi sanitari privati. Pronto soccorso bocciato sul fronte dei tempi di attesa


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Circa la metà dei modenesi ha dovuto rinunciare nell’ultimo anno a visite o esami specialistici presso le strutture pubbliche a causa di tempi d’attesa troppo lunghi e quasi tre quarti hanno utilizzato servizi sanitari privati. E' questo il dato più grave che emerge dalla ricerca “I modenesi e la sanità” che la Fondazione Mario del Monte, insieme alla Fondazione Gorrieri, al Centro Analisi Politiche Pubbliche (Capp) di Unimore, ha promosso in occasione del cinquantesimo anniversario dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Nello specifico, si tratta di un’indagine di opinione, condotta da Poleis attraverso un questionario a cura di Demetra Opinioni.net, rivolta a un campione rappresentativo di 650 abitanti della città di Modena.
Nel dettaglio il 49% del campione ha rinunciato a visite o esami nel Sistema Sanitario Nazionale nell’ultimo anno. Queste percentuali crescono tra le donne (54,9%) – un ennesimo riferimento alla questione di genere; tra i 25-34enni ed i 35- 44enni (55,7% e 53,2%); tra i laureati (54,1%).
Per quanto riguarda il pronto soccorso i tempi d’attesa costituiscano la principale criticità, dal momento che il 61,4% dei modenesi che hanno avuto una recente esperienza, diretta o indiretta, attribuiscano un voto insufficiente, determinando un punteggio medio di 4,6.
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A fare da contraltare, un buon riconoscimento della competenza professionale dei medici (voto medio di 6,9, con il 51,3% dei rispondenti pronti ad attribuire giudizi pari o superiori a 8) e, in misura lievemente inferiore, la qualità del rapporto umano instaurato con il personale in servizio (6,6, con il 37,5% di valutazioni fortemente positive ed il 28,3% di pareri critici). Infine, il 22,1% degli intervistati sembrano ritenere i locali dei Pronto Soccorso non particolarmente sicuri: un dato non trascurabile.
La ricerca è stata presentata ieri presso la Sala Paganelli di Palazzo Europa a Modena. Hanno presieduto Roberto Guerzoni, presidente della Fondazione Mario Del Monte, e Claudio Gorrieri, presidente della Fondazione Ermanno Gorrieri, mentre ad aprire i lavori è stato Marcello Morciano, direttore del Centro Analisi delle Politiche Pubbliche (Capp) di Unimore e docente dell’ateneo. A presentare la ricerca sono stati il responsabile ricerche di Poleis Andrea Zoboli e il sociologo Vittorio Martinelli. In chiusura sono intervenuti il sindaco di Modena Massimo Mezzetti e, attraverso un videomessaggio, il presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale.

I risultati generali

'L’insieme dei servizi sanitari raccoglie un voto positivo, superiore alla sufficienza (media 6,4), tuttavia, la valutazione nel tempo è quella di un peggioramento marcato' - si legge nella sintesi della ricerca.
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Il medico di medicina generale è ancora punto di riferimento e rimane in una posizione di prevalente fiducia, più per le persone anziane, meno per le fasce più giovani e quelle più forti per posizione sociale. Sembra bloccato nelle funzioni che svolge, tra la burocrazia prescrittiva e la funzione di smistamento diagnostico. Il Cau è abbastanza conosciuto e raccoglie una valutazione discreta mentre il servizio di guardia medica (continuità assistenziale) sembra avere una connotazione meno precisa e raccoglie una valutazione ancora positiva ma meno brillante. Il pronto soccorso raccoglie una valutazione più che positiva per la prestazione erogata ma molto critica ed insufficiente per l’accessibilità.
Il ricorso al privato è aumentato ma non tanto per un miglioramento del servizio erogato anche se la valutazione è positiva. Il privato ottiene buone valutazioni ma agisce specularmente ad alcune carenze del pubblico (come esami e visite specialistiche), anche se non a tutte (ad esempio non nel pronto soccorso).
Poco meno del 40% degli intervistati ha una copertura assicurativa singolarmente o come famiglia, per circa i due terzi proveniente dal contratto di lavoro, ma la disponibilità a stipulare in futuro un’assicurazione sanitaria riguarda un quarto degli intervistati, mentre una larga maggioranza rifiuta l’ipotesi. Per il futuro è auspicata una conferma del servizio pubblico ma la previsione va in senso contrario.
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