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Un inceneritore che viene spento senza dovere riaprire le discariche. Un inceneritore che, anzi, si spegne perché non ha più il carburante per andare avanti. Che in una macchina potente come quella a marchio Hera di via Cavazza, a Modena, significa centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti indifferenziati urbani e speciali bruciati ogni anno. Plastiche comprese. Una utopia ambientalista? No, soltanto un modo diverso e virtuoso di gestire il ciclo di raccolta e smaltimento rifiuti. Diverso da quello che fino ad ora è stato applicato da Hera a Modena con l'Ok dei Comuni (Modena il socio principale) che ne fanno parte. Dove il continuo spazio temporale ed economico tra chi gestisce la raccolta ed il business dello smaltimento e dell'inceneritore è controllato dallo stesso gestore. Che guadagna dalla raccolta, dallo smaltimento all'inceneritore e dall'energia elettrica da questo generata, rivenduta totalmente al gestore nazionale.
Una situazione, quella attuale, che sicuramente ha inciso sul mancato sviluppo, a Modena, del sistema circolare nella gestione dei rifiuti, obiettivo anche del Piano Regionale sui rifiuti. E forse anche per questo Modena (a differenza di realtà come quella di Carpi o San Felice premiata come comune virtuoso in cui si applica il modello Aimag con porta a porta e tariffa puntuale), l'aumento della raccolta differenziata procede a rilento rispetto all'obiettivo del 70% entro il 2020, così come il porta a porta (limitato ora ad alcune aree della città), così come non procede come dovrebbe la produzione dei rifiuti indifferenziati pro-capite, ancora altissima rispetto agli obiettivi previsti.
Ed è in questo contesto che un modello già applicato in realtà non certo lontane anni luce come quella di Forlì o del vicino Veneto, che consente in nemmeno 5 anni, nel tempo di un mandato di Sindaco (posta la volontà politica di farlo), di arrivare alla riduzione anche del 90% dei rifiuti indifferenziati generati da una raccolta tradizionale stradale e spegnere l’inceneritore, facendolo morire 'di fame'.
Lo hanno dimostrato gli esperti Paolo Contò, Direttore generale di Alea ambiente Spa di Forlì (foto) e Natale Belosi, coordinatore rete rifiuti Zero Emilia Romagna, nella serata organizzata da WWF Emilia Centrale presieduta da Sandra Poppi, alla sala Ulivi, alla presenza dei candidati sindaco modenesi, chiamati alla sfida del modello verso rifiuti zero
Tale sistema, grazie anche alle nuove tecnologie negli impianti di riciclo, consentirebbe di arrivare a percentuali di scarto inferiori a quelle prodotte dall’inceneritore che per questo andrebbe ad esaurire la sua funzione.
'A Forlì, dove fino al 2016 il servizio era gestito da Hera, su una popolazione di 180 mila abitanti (paragonabile a quella della sola città di Modena, ndr), la quantità di rifiuti indifferenziati da avviare a smaltimento (quota composta da rifiuti indifferenziati, scarti della raccola differenziata e differenziata da avviare a smaltimento), si aggirava intorno alle 71 mila tonnellate, da avviare all'inceneritore' - illustra Natale Belosi. 'Con il passaggio da Hera ad Alea e l'introduzione di un nuovo modello di gestione della raccolta, la quantità di rifiuti da avviare all'inceneritore è passata in nemmeno tre anni, dal 2016 ad inizio 2019, dalle 71 mila alle 24 mila tonnellate. Che continuando con l'applicazione del modello saranno, secondo previsioni realistiche, circa 16.000 tonnellate nel 2021 e meno di 8 mila nel 2022, ovvero 9 volte meno, il 90% per cento in meno. ciò significa che con questo sistema applicato e diffuso a livello regionale, non avremmo bisogno di otto inceneritore, nemmeno di sei, nemmeno di due e nemmeno di uno, perché questi non avrebbero più nulla da bruciare. Inoltre la percentuale di scarti da stoccare in discarica sarebbe comunque minore di quella che, con grande impatto ambientale, produce l'inceneritore. Ma non è tutto. L'anidride carbonica generata dall'inceneritore sulla base delle 70 mila tonnellate (nel caso di Forli), bruciate (il solo grande impianto di Modena ne brucia in media 220.000 all'anno), passerebbe dalle 46.000 tonnellate emesse in atmosfera, alle 5.000 circa'
Fatti e modelli replicabili. Un obiettivo - dicono gli esperti invitati alla conferenza pubblica - raggiungibile anche grazie alle nuove tecnologie nella differenziazione e nel riciclo anche degli scarti indifferenziati, ma soprattutto ad una responsabilizzazione della popolazione nella minore produzione all'origine dei rifiuti (p.e. pannolini riciclabili). Alla fine del processo a pieno regime, raggiungibile in cinque anni, non ci sarebbe più materiale per alimentare gli inceneritori. Nemmeno uno degli otto presenti. Anche in una ipotesi di riduzione, quello di Modena, per capacità e bacino territoriale coperto, sarebbe probabilmente l'ultimo 'a morire'.
Gianni Galeotti