Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
Tante sono le storie degli italiani all'estero che all'improvviso scoprono che il loro paese è in lockdown. Tornare a casa o attendere? Devono arrangiarsi, chiamano i loro famigliari, controllano sul sito della Farnesina. Poi la decisione di rientrare. Telefonate, prenotazioni, inizia il viaggio. Cosa succede realmente ai nostri concittadini lontani da casa? Ci sono controlli sufficienti per evitare rischi di contagio? Chi sono e come si comportano i loro compagni di avventura? Abbiamo raccolto la testimonianza del carpigiano
Lorenzo De Pietri. La notte del 7 marzo, quella del primo decreto Conte, si trovava a Madrid.
Il giorno successivo avevo il volo per tornare a casa, la situazione in Emilia stava peggiorando e d'istinto ho deciso di rimanere in Spagna, aspettando di comprendere meglio quello che stava succedendo. Ho alcuni amici a Tenerife, senza pensarci troppo sono salito sul primo volo e li ho raggiunti.
In Spagna i media parlavano del virus, delle precauzioni da prendere, dell'Italia, ma nessuno cambiava le proprie abitudini, la gente era per strada, andava al ristorante, faceva shopping. Dopo una settimana la situazione è cambiata. A Tenerife intanto aumentavano i casi positivi e i decessi. Sembra che i colpevoli dell'arrivo del virus da queste parti siano stati gli italiani. Sono rimasto chiuso nella mia stanza per 7 giorni, uscivo solo per fare la spesa. A quel punto, d'accordo anche con la mia famiglia, ho deciso di tornare a Carpi. Mi sono iscritto ad una newsletter del Consolato e regolarmente ricevevo notizie di voli per l'Italia. Voli organizzati ad hoc dal Governo italiano, ma pagati da noi cittadini. L'autobus diretto all'aeroporto era piuttosto affollato, io avevo mascherina e guanti, altri no, ed eravamo tutti vicini. La polizia spagnola non ha fatto nessuno controllo particolare, a nessuno ha provato la febbre.
Saliti sull'aereo abbiamo ricevuto un foglio da compilare e da consegnare alle autorità italiane una volta raggiunto Malpensa. Dovevamo dichiarare che arrivati a casa avremmo contattato Polizia e ASL e che ci saremmo chiusi in casa per 14 giorni.
A Malpensa la Polizia ci ha misurato la febbre, fortunatamente stavo benissimo e non avevo nessun sintomo. Era già tardi, non c'erano bus o treni per Milano Centrale, io e i miei compagni di viaggio abbiamo dormito nella stazione dei treni di Malpensa. Qui nessuno ha fatto controlli, eravamo insieme ad altri italiani che dovevano tornare nelle proprie città di residenza, c'erano anche diversi senzatetto. Forse eravamo 60 persone circa, i più giovani, non tutti, erano poco attenti alle precauzioni. Senza mascherine e molto vicini.
Il treno Malpensa-Milano Centrale è partito poco prima delle 6, un controllore ci ha chiesto il biglietto, è stata l'unica volta fino al mio arrivo a Modena. Alle 6,30 circa arriviamo a Milano Centrale, vado a fare il biglietto. Ci sono troppe persone senza mascherina, i giovanissimi e alcuni cittadini stranieri sembrano quelli meno cauti. Non vedo nessun controllo. Salgo su un regionale Milano-Modena, facciamo tutte le fermate, anche nei paesi, anche a Codogno, dove però nessuno può salire o scendere. Sul treno vedo persone andare e venire, non si vede nessun controllore. La maggioranza delle persone mantiene la distanza corretta dagli altri, ma ci sono ovviamente le eccezioni. Nessuno dice nulla, nessuna tensione. Io voglio solo arrivare a casa. Poco prima delle 10 sono in stazione a Modena, arriva mia fratello per riportarmi a Carpi. Milano, Modena, mai un controllo. Nessuna critica alle forze dell'ordine, evidentemente gli ordini dei superiori erano quelli. Ora sono chiuso in casa, sto benissimo.
Stefano Soranna