Perché il prospettato aumento di capitale comporta la riduzione della partecipazione pubblica, che scende al 51%, e la cessione a Hera del controllo effettivo senza un esborso di capitali, ma con conferimenti in natura, garanzie, prestiti. I comuni cedono il controllo di Aimag e scendono nella partecipazione, senza prendere un euro e senza che aumenti il valore delle loro partecipazioni. La questione è: questa operazione risponde alle normative, italiane e comunitarie, che prevedono parità di condizioni e opportunità per tutti i soggetti privati?
Qualche anno fa il Consiglio di Stato bloccò un’operazione analoga di A2A. Ai tempi si partiva però da una partecipazione pubblica totalitaria. La cui diluizione comporta, secondo i giudici, “l'obbligo di attivare una procedura selettiva tra i potenziali operatori economici dei settori interessati”.
Ma anche senza andare sul mercato, le società correlate e le stesse Fondazioni non potrebbero essere interessate a salire fino al 24%, mantenendo il vero controllo pubblico?
Non vogliamo di certo contestare i pareri degli esperti. Ma uno sfizio da boomer ce lo siamo tolti: abbiamo chiesto all’intelligenza artificiale se l’operazione sia corretta. Ma se fino a qualche giorno fa la risposta era fortemente orientata verso la necessità di gara, oggi si resta sull’inutile dubitativo: “In sintesi, l'obbligo di gara per un aumento di capitale di una società a partecipazione pubblica dipende dalla natura dell'operazione e dalla volontà della pubblica amministrazione”. O addirittura la si esclude.
E’ singolare come qualche giorno fa l’AI, nel manifestare l’esigenza di una gara, facesse riferimento a un articolo pubblicato a ottobre 2021 sul blog di PwC.
Come noto PwC è fra i consulenti di Aimag in questa operazione. E l’articolo in questione non è più disponibile sul loro sito ed è sparito anche dall’AI. Sarà stato sbagliato.
Eli Gold